Kosovo: metti una rete e qualche pallone in ogni scuola

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Di Redazione

Lo si dice sempre, raramente lo si vede concretizzato. L’unico modo per coinvolgere i ragazzi è dare loro interesse: gli insegnanti più bravi sono sempre quelli più coinvolgenti e gli sport di maggiore successo sono quelli che divertono di più. “Fate vedere solo baseball e avrete un popolo di giocatori di baseball annoiati” diceva il grande Karch Kiraly quando cercava di fare capire alle grandi realtà economiche americane che c’era molto altro su cui investire oltre a baseball e football. Fu lui sicuramente il primo ambasciatore di pallavolo e beach volley, fu lui a mostrare come ci si divertiva intorno a una rete. Fu lui il primo a convincere le istituzioni scolastiche e universitarie a investire nella pallavolo. I risultati si sono visti: in beach volley e pallavolo indoor un paese che non aveva alcun campionato professionistico riuscì a creare talenti straordinari e a vincere tutto, dalle Olimpiadi in giù.

Certo, se hai un testimone come Kiraly e magari tanti soldi da spendere è facile ma se sei un paese piccolo e di modeste risorse è tutto più difficile. Io continuo a sostenere che non è necessario essere un paese grande per spendere bene i propri soldi: qui da noi lo sport è ancora un serbatoio politico e di voti clientelari e basta aver letto in questi giorni la denuncia di alcuni genitori cui erano stati chiesti 20mila euro per ‘valorizzare il talento del loro figlio calciatore’ per capire che l’educazione sportiva da noi è vicina allo zero.

Penso all’Olanda che è grande quanto Lombardia e Veneto, o al Belgio che è ancora più piccolo dell’Olanda, alla Svizzera, sempre intorno ai 41mila km. quadrati. Perché questi paesi riescono a investire di più e meglio negli sport non calcistici rispetto al nostro? Perché i talenti di paesi come Repubblica Ceca, Ungheria, Slovacchia escono prima dei nostri in quasi tutte le discipline? Per non parlare dei paesi nordici che si concentrano quasi esclusivamente sugli sport invernali….

È un dato di fatto che i nostri apparati di amministrazione dello sport servano soprattutto a pagare se stessi: da investire resta poco e spesso in modo del tutto delocalizzato e senza programmazione.

Mentre qui da noi ancora si discute se la fatidica ora di educazione fisica sia davvero funzionale a una proposta didattica, all’estero fanno le nozze con i fichi secchi…. Mentre noi sprechiamo cena e torta.

“Pallavolo a scuola”: così si chiama l’iniziativa che la piccola federazione pallavolo del Kosovo (FKV) ha avviato nel tentativo di avvicinare al volley quanti più giovani possibili dagli undici anni in su. L’iniziativa ha preso il via sperimentalmente nella città di Gjakova dove alcune decine di ragazzi hanno cominciato a giocare a pallavolo insieme, all’aperto, negli spazi della loro scuola e senza alcuna attrezzatura funzionale. Il delegato CEV del Kosovo è riuscito a fare arrivare dapprima una decina di palloni ufficiali, quindi due reti. A poco a poco la voce si è sparsa e si sono creati altri centri scolastici in altre città: nel frattempo è anche nata la prima squadra giovanile organizzata, il KV Vëllaznimi di Gjakova.

Il programma sta portando verso la pallavolo centinaia di nuovi appassionati, tutti giovanissimi: altre iniziative simili sono state create a Ulpiana, Lipjan e Kaçanik. Le reti installate in Kosovo sono adesso una trentina e lavorano a tamburo battente, come i palloni… alcune centinaia.

La CEV ha salutato l’iniziativa con grande entusiasmo dichiarandosi pronta a fare arrivare altro materiale al presidente federale del Kosovo, Abedin Ibrahimi. Da qui alla fine dell’anno scolastico tutti gli istituti che hanno creato la loro squadra di pallavolo la festeggeranno con un torneo all’aperto per tutti i ragazzi della città.

Basta poco… basta davvero poco…

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