Troppo in una notte: la pallavolo italiana si fa (ancora) del male da sola

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Di Eugenio Peralta

Quella di mercoledì 27 aprile è stata una serata straordinaria, da un lato, e deleteria, dall’altro, per gli amanti della pallavolo. Alle 20.30 in contemporanea si sono giocate le due decisive Gare 5 delle semifinali Play Off maschili, vinte da Civitanova su Trento e da Perugia ai danni di Modena, e l’altrettanto decisiva Gara 3 della semifinale femminile, conclusa con la storica qualificazione di Monza alla Finale Scudetto (per non parlare di altri tre match di Superlega completamente oscurati dal triplice evento). Un’assurda sovrapposizione che ha portato le principali squadre italiane a cannibalizzarsi a vicenda, sottraendosi l’un l’altra pubblico televisivo e nei palazzetti, in una settimana in cui non erano previste gare della massima serie in nessun’altra giornata.

Qualcuno fa notare che la stessa cosa “succede tutti gli anni“: vero, ma non è un buon motivo per perpetuare l’errore. Altri sottolineano che le due semifinali maschili si dovevano “per forza” giocare in contemporanea, per garantire alle due finaliste lo stesso tempo di riposo prima della serie decisiva: al di là del fatto che in altri sport (calcio e tennis, per citarne due) ciò non accade più da decenni, l’obiezione potrebbe valere al massimo per le due gare degli uomini, ma non certo per l’inconcepibile accavallamento tra maschile e femminile.

E qui subentra il vero tema del contendere: l’annoso problema della completa assenza di dialogo tra le due Leghe, da sempre incapaci di confrontarsi e studiare soluzioni comuni. L’Italia è forse l’unico paese al mondo in cui si verifica uno “sdoppiamento” di questo genere: senza voler arrivare alle strategie di ampio respiro di CEV e FIVB, che nelle manifestazioni internazionali alternano ormai regolarmente le partite maschili a quelle femminili nel tentativo di coinvolgere più pubblico possibile, basta ispirarsi all’esempio dei paesi in cui la pallavolo è più diffusa e seguita. Brasile, Turchia, Francia, Germania, Giappone, Corea del Sud, persino la Russia hanno tutti un’unica Lega che organizza congiuntamente il campionato maschile e quello femminile, evitando accuratamente ogni sovrapposizione, e anche nei rari casi in cui l’istituzione è doppia (come in Polonia) il criterio resta lo stesso.

È proprio così difficile adottare un modello simile? Forse sì, nell’unica realtà nazionale in cui pallavolo maschile e femminile sono considerati due sport diversi, da giocarsi addirittura con attrezzi differenti. Ma se anche il presidente federale Giuseppe Manfredi, intervistato da La Prealpina, ammette che “bisogna programmare insieme alcune cose” e parla di voler “pareggiare le due Leghe“, probabilmente è davvero arrivato il momento che il volley italiano prenda coscienza di dover cambiare marcia, tanto sul piano comunicativo e promozionale, quanto su quello della parità di genere.

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