Doppio incarico, la protesta degli allenatori: “La norma è discriminatoria”

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Di Redazione

Parte da Modena, e non è un caso, la protesta contro le nuove norme introdotte dalla Lega Pallavolo Serie A per impedire agli allenatori di Superlega e Serie A2 di esercitare il doppio incarico, guidando contemporaneamente anche una nazionale. Ieri alla Polisportiva “Gino Nasi” si è tenuto il primo incontro pubblico con alcuni dei tecnici che, rappresentati legalmente dall’avvocato Elisabetta Frate, stanno guidando la “rivolta” dei coach: Fabio Soli, Roberto Piazza, Andrea Giani, Radostin Stoytchev (l’unico dei presenti a non essere direttamente interessato, non avendo un doppio incarico in essere).

Tra i partecipanti anche Matteo De Cecco, che rappresenta forse l’esempio più concreto delle conseguenze della nuova norma: l’assistente allenatore della Slovenia ha dovuto attendere la conclusione del suo contratto con la nazionale per poter stipulare quello con il suo nuovo club, la Gas Sales Bluenergy Piacenza, con cui ha debuttato domenica in panchina. E probabilmente a fine stagione dovrà procedere all’inverso, firmando con la Slovenia dopo la scadenza dell’accordo con il club emiliano. Un assurdo logico e giuridico.

Nel corso dell’incontro gli allenatori presenti hanno sottolineato le diverse ragioni di opposizione al regolamento, che impone una sanzione fino a 100mila euro per i “trasgressori” di Superlega (50mila per la A2), a cui si aggiungono altri 15mila euro per il mancato inserimento dell’apposita clausola nel contratto e la mancata comunicazione alla Lega. Una somma che, come evidenziato da Soli, è superiore al compenso annuo percepito da molti allenatori e di fatto, pur essendo in teoria intestata alla società, ricade interamente sulle spalle dei tecnici. Se quindi in passato alcuni club (tra cui la stessa Modena per Giani e Milano con Piazza) avevano scelto di pagare comunque la sanzione pur di rinnovare i contratti con i rispettivi allenatori, oggi il danno economico sarebbe troppo ingente.

Considerando anche il fatto che le mensilità normalmente percepite da un allenatore di club sono soltanto 7, e quindi i tecnici che non possono esercitare il doppio incarico resterebbero “scoperti” per 5 mesi, è stata chiesta inutilmente una compensazione economica, sulla quale la Lega è stata “un muro di gomma“, dice l’avvocato Frate. Oltre al danno per le tasche degli allenatori c’è poi quello per il loro curriculum, visto che il divieto di doppio incarico impedisce di fare esperienze altamente formative all’estero.

Infine il problema della concorrenza: un divieto di simile non esiste né nei campionati esteri, né nella pallavolo femminile (il caso più eclatante è quello di Daniele Santarelli, neo-campione del mondo con la Serbia e allenatore di Conegliano). Posti di fronte alla scelta, molti coach potrebbero quindi preferire queste soluzioni alla Superlega, pur di mantenere il loro incarico in nazionale, finendo per impoverire il livello tecnico del campionato italiano.

Di fronte a questa situazione, un tavolo di trattativa al momento non esiste: “Un dialogo tra sordi” lo definisce l’avvocato Frate, che parla di “palese violazione del diritto del lavoro” e di “norma discriminatoria“, perché favorisce gli allenatori stranieri rispetto a quelli italiani e penalizza i tecnici rispetto ai giocatori. Il legale dei tecnici ha già segnalato la situazione a Federazione Italiana Pallavolo, CEV e FIVB, e pare che il CONI abbia già chiesto chiarimenti; in caso di mancata risposta, l’avvocato annuncia l’intenzione di “rivolgersi alla giustizia nelle sedi opportune“.

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