Davide Mazzanti: “Mi piace che le mie giocatrici abbiano il diritto di sbagliare”

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Di Redazione

Le Olimpiadi si avvicinano, Davide Mazzanti ha parlato del programma che porterà verso Tokyo la nazionale femminile in una lunga intervista alla Tribuna di RAI Radio Uno Sport partendo proprio dalla preparazione e dal girone di qualificazione: “Pensando alle due esperienze olimpiche precedenti, quelle di Pechino e di Londra, ho pensato che forse eravamo arrivati ai quarti di finale dopo due gironi di qualificazione non pesantissimi che ci avevano fatto scendere in campo senza un ritmo adeguato. Stavolta penso che il ritmo arriverà perché il girone è duro. È anche per questo che ho scelto di un avvicinamento meno intenso di appuntamenti”.

L’Italia è inserita nel girone con Cina, Stati Uniti, Turchia, Argentina e Russia, attualmente sub judice dopo la decisione del CIO di escludere la rappresentanza di Mosca per i noti problemi legati all’uso sistematico del doping di diverse federazioni. Un girone molto duro anche se passeranno le prime quattro. Intanto cresce il gruppo delle giovanissime: “Le ragazze arrivano alla Nazionale molto responsabilizzate, il ricambio generazionale pone le atlete a un livello di maturazione e di massima prestazione quasi di un anno e mezzo in anticipo rispetto a dieci anni fa. Si tratta di un processo più rapido che va però aiutato perché a volte la pressione e il clamore possono essere un problema. Ci sono aspetti da tutelare nei confronti della ragazza e altre da sfruttare se consideriamo l’atleta”.

L’allenatore si conferma sempre più un allenatore di esseri umani e non solo di atlete… “La cosa su cui bisogna fare attenzione è che le donne tendono a essere più conservative rispetto ai ragazzi e quindi finiscono per evitare di ripetere gli errori commessi. A me piace concedere questo diritto all’errore, oggi mi mordo molto di più la lingua rispetto a dieci anni fa, preferisco lasciare spazio alla libera creatività e al gesto personale”.

Anche Mazzanti ha imparato parecchio dall’esperienza in Nazionale: “Ho imparato a lasciare più libertà, perché è proprio in quel momento che le ragazze si esprimono in modo più naturale tendendo a essere leader in campo. È vero che questo può anche portare a più conflitti: da una parte c’è il fascino di vedere esprimere ogni ragazza per quello che è e dall’altra c’è la necessità di amministrare qualche conflitto in più. È un aspetto che mi affascina ma che mi complica la vita”.

Fare l’allenatore non è semplice, soprattutto se hai un passato da giocatore: “Se sei stato un giocatore di talento il tuo limite di tolleranza è più basso. Ho letto il libro di Zidane che non si spiegava perché i suoi giocatori sbagliassero degli stop che lui avrebbe fatto… ma lui era Zidane. A volte il talento è una maledizione perché ci fa vedere quello che per noi sarebbe stato facile e non quanto sia difficile per gli altri. La mia fortuna è che io atleta non lo sono mai stato. E poi anche io devo fare vita da atleta se voglio chiedere alle ragazze di farlo a loro volta. Ora chiedo alle ragazze di farmi vedere come vivono, come si alimentano, quali siano i loro sacrifici. In questo senso mi faccio anche allenare dalle mie giocatrici”.

Il momento da sognare: “Adesso siamo ancora un po’ lontani per sognare qualcosa, sono concentrato sul processo in corso ma so che arriverà anche il momento di quei pensieri. Ora sono totalmente immerso nel lavoro di programmazione  e tutto l’aspetto dei risultati arriverà solo più avanti”

In tuta davanti al presidente della Repubblica: “È solo perché sono molto più a mio agio in tuta che in abiti formali, ci siamo presentati tutti in divisa da lavoro…”

(Fonte: RAI Radio Uno)

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