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Coach De Cecco lascia la Russia: “Finché ci sarà la guerra non tornerò”

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Di Redazione

La Russia era diventata una meravigliosa avventura sportiva, poi è arrivata la guerra e tutto è cambiato per Matteo De Cecco, vice allenatore della Dinamo Mosca con cui, dal suo arrivo, ha contribuito (e non poco) alla conquista di cinque titoli, tra cui l’ultimo scudetto russo conquistato contro il Lokomotiv Novosibirsk. “Tutto bello, con la gente stavo bene, avevo rapporti super con tutti nel club, ma ora ero a disagio per quanto stava accadendo” racconta in una dolorosa intervista rilasciata al collega Mario Salvini per La Gazzetta dello Sport.

Un disagio profondo perché “quel che accade è una porcheria, una tragedia incommensurabile. Per noi è inaccettabile”. Parole forti che ovviamente De Cecco riesce ad esternare così solo ora che è tornato nella sua Udine via Istanbul, l’unico modo per uscire dalla Russia. Ma questo suo disagio non era comunque passato inosservato alla Dinamo, squadra che per chi non lo sapesse ricordiamo essere il club della polizia fin dai tempi dell’Urss. Il che vuol dire ieri KGB, oggi FSB, ma sempre di servizi segreti si tratta. Inizi di marzo, seconda partita di campionato dall’inizio di quella che lì chiamano ‘Operazione Speciale’. Parte l’inno, tutti guardano la bandiera russa tranne De Cecco, che china il capo e chiude gli occhi. Lì per lì la cosa passa quasi inosservata, ma al match successivo il gesto si ripete e allora il capo allenatore Kostantin Brianski lo chiama subito a rapporto a muso duro. “Gliel’ho spiegato – racconta allora l’allenatore italiano -. Gli ho detto che io non sono russo e che ero a disagio per quanto stava accadendo in Ucraina. Fatti orribili per cui non dormivo la notte”.

“Ho vissuto male – prosegue De Cecco nel suo racconto -. L’atmosfera è diventata pesantissima, eppure avevo l’impressione di essere l’unico a percepire la tragicità di quanto stava accadendo. Poi parlando con più persone, giovani e meno giovani, tutti ti raccontano della vittoria della Seconda Guerra Mondiale, della Grande Guerra Patriottica come la definiscono loro, e sembra che per loro non sia una cosa accaduta 75 anni fa ma solo qualche mese fa. Per loro quella con l’Ucraina è una questione interna. Tanti ti ricordano che la parola Ucraina vuol dire terra di confine. Insomma, la Russia non ha invaso la Francia o la Spagna, fa la guerra all’Ucraina perché ha una questione aperta. Ed è pazzesco pensare che tanti, anche tra i ragazzi della squadra, abbiano parenti ucraini. È atroce solo a pensarlo, ma i russi non sono stupidi. Che potrebbero invadere la Polonia o i Paesi Baltici per me non è nemmeno una questione, così come il ricorso alle armi nucleari. Detto questo, quel che accade è inaccettabile”.

Tanto inaccettabile che per ora quello alla Dinamo De Cecco lo definisce un capitolo chiuso. “Già a febbraio avevo mandato via Maria (Karlsson, la moglie, ex calciatrice svedese, ndr) e i bambini. Ora abbiamo finito, abbiamo vinto, me ne posso andare. E finché ci sarà la guerra di sicuro non tornerò” conclude.

(fonte: Gazzetta dello sport)

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