Sylla tra immigrazione ed integrazione: "Mi chiedono come faccia a parlare così bene l’italiano"

DATA PUBBLICAZIONE
TEMPO DI LETTURA
meno di 5 minuti
SHARE
SHARE
TEMPO DI LETTURA
meno di 5 minuti

Tra poche ore scenderà in campo e sarà una delle protagoniste della magnifica “Super Final” di Champions League.

Sport week ha intervistato Miriam Sylla alla vigilia della trasferta di Berlino e oltre alla pallavolo, la campionessa azzurra nata a Palermo si è raccontata come “figlia di immigrati, di gente che per portare la pagnotta a casa ha fatto le pulizie, ha vissuto in un monolocale, ha dormito su un materasso a terra e che non ha avuto la luce in casa”.

Ripercorrendo la storia di tuo papà, quando vedi gli sbarchi degli immigrati, che cosa pensi?

«Beh. sono storie diverse perché il mio babbo non ha fatto una traversata per mare, lui è arrivato in aereo con un visto di studio e accompagnava mio zio che doveva fare un provino come calciatore. Tn ogni caso è gente che lascia il suo Paese perché lì soffre e io non mi sento di giudicare. La questione è più complessa e credo che venga affrontata male a livello europeo».

E quando invece senti discutere dello ius soli? Tu sei diventata italiana a 15 anni, eppure sei nata e cresciuta qui... «E c’è chi invece deve aspettare i 18. lo sono diventata a 15 perché è diventato italiano mio papà. La cosa buffa è che sono andata in Nazionale con il passaporto della Costa d’Avorio!

Dicevo: “Non vedete il colore? Siete sicuri che posso stare qua?”. Mia sorella è nata sul suolo americano e il giorno stesso le hanno dato il passaporto americano: dovrebbe funzionare così, lo invece ero in un limbo: sono nata qua ma avevo il passaporto della Costa d’Avorio, che fino a 8 anni non avevo mai visto. E che neanche ricordo.

Però parliamo di ius soli e la gente ancora mi chiede come faccia a parlare così bene l’italiano… Per fortuna con le nuove generazioni almeno la mentalità sta cambiando».

Quando andavi a scuola com’era? «Non tanto simpatica. A volte mi prendevano in giro, le solile frasi: “Negra di m…, puzzi, non ti lavi”, però i bambini sono cattivi, si sa».

E tu come reagivi? «A volte bene, a volte male. Dipendeva dalle situazioni, dall’umore. Adesso ho imparato a fregarmene. Come settimana scorsa, a Treviso, quando un ragazzo mi ha detto: “Non c’erano queste cose molti anni fa”. Gli ho risposto “Io sarei la cosa che non c’era molto anni fa?”.

L’unica cosa che mi viene da pensar e è che io niello la maglia azzurra e canto l’inno rappresentando anche persone così. E un po’ mi dispiace».

ARGOMENTI CORRELATI

CONDIVIDI SUI SOCIAL

Facebook

ULTIMI

ARTICOLI