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Il Beach Volley resta al palo: per le autorità è uno “sport di contatto”

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Di Redazione

In altri paesi europei la stagione è già entrata nel vivo, con tanto di circuiti nazionali in Germania e Repubblica Ceca. In Italia, invece, sono tempi duri per il Beach Volley: nei centri sportivi sono ripresi gli allenamenti e le partite 2vs2, nel rispetto delle regole previste dal protocollo Fipav, ma i tornei sembrano ancora un miraggio. E nei giorni scorsi il Ministro dello Sport Vincenzo Spadafora ha ribadito che la ripartenza dei tornei alla scadenza del prossimo 25 giugno non è per nulla scontata.

Il problema, che accomuna il Beach ad altre discipline come il calcio a 5, è la definizione di “sport di contatto“: la pallavolo sulla sabbia è considerata tale, a differenza del tennis, che infatti è ripartito regolarmente diventando un concorrente sempre più temibile. Atleti e responsabili delle scuole di beach si sono ribellati contro questa schematizzazione e, come già avevano fatto con la Federazione, hanno indirizzato una lettera aperta al ministro per chiedergli di rivedere le decisioni prese.

Tra i firmatari c’è il vicecampione d’Italia Paolo Ficosecco, che in un’intervista al Corriere Adriatico dichiara: “È assurdo, per il Coni è uno sport individuale e per il governo no“. E le norme federali non aiutano: “Non si può attaccare nella zona di conflitto tra due avversari per non farli scontrare, né si può fare il muro. È come giocare a calcio senza portiere. L’alternativa? Indossare la mascherina, ma è impossibile fare attività fisica con quella. Per non parlare dei costi: dobbiamo sanificare tutto, i palloni, la rete, tavoli e sedie, persino la sabbia. Abbiamo dovuto assumere un Covid Manager che fa soltanto questo. E ad oggi non sappiamo se si disputerà il Campionato Italiano, che doveva già essere partito“.

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