Francesco Vanni, beacher in quarantena: "Siamo una comunità, soffriamo la solitudine"

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Di Roberto Zucca

In questi giorni si è reso protagonista di una goliardia via Instagram. Un po’ per combattere il momento dell’emergenza Covid-19, un po’ perché in tantissimi anni non l’ho mai visto perdere il sorriso. Francesco Vanni è apparso sui social con un look bizzarro, “tipico” di un beacher in quarantena sul litorale pescarese: occhiali da rockstar anni ’80, mascherina e tuta bianca.

Un modo per esorcizzare una paura diffusa e per strappare il sorriso alle persone che in queste settimane sono davvero impegnate lavorativamente per far fronte a questa emergenza”.

In realtà, il mondo del Beach Volley e del volley ha sentito fortemente il bisogno di comunicare.

Siamo decisamente più fortunati sulla carta, visto che non siamo fisicamente impegnati nel combattere l’emergenza. Però viviamo più di altri l’isolamento. Facciamo sport di gruppo, a coppie, nei quali il collettivo è la tua quotidianità”.

Alle finali di Coppa Italia lo scorso anno lei ha attribuito il merito della vostra vittoria al collettivo. Dovere?

No, sentimento provato realmente. Con il mio compagno Andrea Lupo abbiamo lavorato tutta la stagione scorsa per costruire qualcosa di bello. Gli infortuni dell’uno e dell’altro hanno rallentato il raggiungimento di un obiettivo che è poi arrivato con la vittoria della Coppa Italia. Ma era una vittoria frutto del lavoro nostro e di chi ci segue e sta con noi tutti i giorni sui campi”.

Quando ha capito che avrebbe vinto la Coppa?

Sensazioni positive già quando eravamo in partenza per Catania. Poi ho affrontato partita dopo partita senza pensare a dove si stesse arrivando. Match dopo match è una convinzione che tenevo nel… retrocranio”.

Si riparte da dove?

Innanzitutto proprio da me, Andrea e da tutto lo staff di IBeach. È un collettivo che si è formato col tempo ed è la dimostrazione che la solidità e l’impegno nello sport paga. Poi chissà se, e quando, si ripartirà”.

Sarà difficile?

Prevedo più difficoltà a livello internazionale. A livello nazionale forse la speranza di giocare qualche concentramento in alcune zone non a rischio nei mesi estivi potrebbe esserci. Dipende dalla Federazione, dalle Regioni, da come andranno i contagi e se si deciderà di riaprire alla possibilità di praticare attività sportive”.

Come ci si prepara in un momento così complesso?

Con ore di preparatore e allenatore fatte su Skype. Niente di diverso da come si muovono gli altri sport. La tecnologia è una risorsa da sfruttare soprattutto in queste circostanze. Poi gli allenamenti individuali si fanno in luoghi di fortuna. A casa o nel giardino di casa!”.

La sua carriera di allenatore ha subito un contraccolpo. Il lavoro è un’incognita nel vostro mondo?

Cerco di trasmettere positività ai miei ragazzi perché un giorno, che nella mia testa deve essere vicino, riprenderemo. Con le dovute misure, seguendo i protocolli. Ma il beach è comunità, aggregazione. Questo è e sarà sempre il suo potere”.

Chi è che in queste circostanze infonde invece a lei la positività?

La mia famiglia. Sono a Pescara in quarantena e avere loro è veramente una grande fortuna. Anche mia sorella Ylenia è riuscita a tornare da Cutrofiano, mentre mio fratello Alessandro è rimasto in Germania. Posso dire che in momenti come questi con loro accanto è tutto meno complicato”.

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