Erik Shoji a Volley NEWS: "Vorrei restare in Italia. Questo il campionato più bello al mondo"

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Di Roberto Zucca

Erik Shoji: nei suoi occhi c’è il mare di Honolulu. Nel suo gioco e nei suoi movimenti la forza di quelle onde meravigliose delle Hawaii che arrivano sulla battigia come una tempesta. Nel suo sorriso tutta la bontà d’animo di mamma Mary e papà Dave.
Erik Shoji è una delle migliori novità della nostra SuperLega ed è l’asso nella manica della Taiwan Excellence Latina che lo ha voluto fortemente e che grazie a lui in difesa viaggia su percentuali importanti:
“A Latina mi trovo molto bene. Cercavo un’esperienza in Italia, che è riconosciuta da tutti come il campionato più bello del mondo e i contatti con la Taiwan Excellence si sono concretizzati quest’estate quando ho deciso di accettare l’offerta del club”.

Anche suo fratello Kawika gioca in Italia. È strano affrontarvi in campo vestendo due diverse maglie?
“È bellissimo! Tra noi c’è un rapporto molto profondo. Siamo due fratelli, due migliori amici, e anche quando ci si trova in campo la competizione dura il tempo di un incontro. Per me Kawika è un modello, una persona con cui sin da piccolo mi sono confrontato per migliorarmi anche sotto il profilo pallavolistico”.

Piace ad entrambi il campionato italiano?
“Si molto. È duro ma è avvincente ed appassionante. Affrontare gli avversari delle squadre di testa poi è come trovarsi davanti ad una competizione internazionale”.

Sente la mancanza degli Stati Uniti?
“Mi mancano le Hawaii, ed una volta che i miei genitori ripartiranno, mi mancheranno anche loro, certo! Ho sempre viaggiato per il mio lavoro però sin dai tempi del college, e quindi sono abituato a stare via per mesi e mesi. In Italia mi trovo bene, così come tutti gli americani che vengono qui stabilmente a vivere. È impossibile non amare il vostro cibo, le vostre città, la vostra espansività”.

La pallavolo in casa Shoji è entrata sin da quando eravate bambini. Suo padre Dave è un allenatore affermato nel volley femminile…
“Papà allena la squadra universitaria alle Hawaii. Mamma ha giocato a basket. Papà con la pallavolo ha vinto tanto e speriamo che anche io e Kawika possiamo in futuro regalargli tante soddisfazioni!”.

Sta imparando un po’ di italiano?
“Poco (ride, ndr). Ma dall’inizio del 2018 prometto di impegnarmi, d’altronde vorrei restare nel vostro paese ancora per un po’”.

Che obiettivi ha Erik Shoji con Latina?
“È una squadra competitiva. Abbiamo faticato in alcune gare, ma siamo una squadra che può togliersi delle belle soddisfazioni e mettere pressione alle squadre di testa. Pensi per esempio alla vittoria contro Civitanova o Ravenna. Abbiamo giocato in alcune partite senza alcune pedine importanti. Con la squadra al completo possiamo fare molto di più”.

Laureato in Biologia Umana a Stanford. È dall’università che è nata la sua idea di diventare un consulente?
“Una bella domanda. Studiare il comportamento umano e lavorare con le persone e per le persone è uno dei miei sogni. Ho iniziato questo progetto di Volleyball Consultant per guidare e motivare i giovani talenti attraverso lo strumento del fare e il mio sito erikshoji.com . Supporto le nuove generazioni con l’utilizzo di strumenti tecnici per il miglioramento delle performance e aiuto loro da remoto a prepararsi al meglio per affrontare le gare”.

Quanto della sua esperienza mette in campo?
“Moltissimo. I miei clienti mi mandano dei video ed io analizzo frame per frame e suggerisco loro come correggere movimenti e tecniche e come sviluppare abilità. Ci metto tutto me stesso e vederne i risultati concreti è davvero stimolante”.

Pensa che sia questo il suo futuro?
“Perché no? Adesso però voglio giocare e divertirmi. Ma soprattutto vincere qualcosa di importante!”

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Capitan Beretta si sposa: l’addio al celibato (da orsi), i cinque testimoni e… Monza

Sale in Zucca

Come se fossi un mitologico Lello Arena in uno sketch televisivo creato assieme a Troisi, intento a strillare al mondo la parola annunciazione, annunciazione, vi indico una data, ovvero quella del 20 giugno 2025. Vi indico addirittura una location, che è Mapello, territorio a me ignoto posizionato per quel che so tra Bergamo e Monza. Voglio essere buono e dirvi anche che i testimoni saranno non uno, ma cinque, un po’ all’americana, un po’ laddove il damigellato è la nuova frontiera pallavolistica con la quale organizzare i nuovi matrimoni. Perché se sei Thomas Beretta, ossia uno dei (sempre un mio umilissimo parere) migliori capitani della Superlega dell’ultima decade, di gente che ti vuol bene ne collezioni stagione dopo stagione, e quindi scegliere una sola persona che ti accompagni in uno dei giorni più importanti della tua vita, appare una scelta insormontabile. Nel caso di Thomas, e soprattutto di chi ha memoria, la scelta è ricaduta su mitologici personaggi della pallavolo lombarda, alcuni noti alle cronache nazionali, altri noti più a chi in questo universo lo conosce come una grande famiglia Berettiana, che con Sara Loda, perfetto esempio di pallavolista adorata all’unanimità, convolerà a nozze tra qualche giorno.

“Saremo circa duecento persone, ed è normale perché entrambi tenevamo ad invitare tutte le persone che con noi hanno fatto parte di questo percorso pallavolistico. I miei testimoni saranno Simone Anzani, Andrea Moro, William Taliento, Massimo Santin, che sono i compagni e gli amici della pallavolo che mi hanno accompagnato sin da giovane e Camillo, mio fratello”.

Sua moglie ha organizzato un addio al nubilato olimpionico. Del suo addio al celibato, ovviamente, non vi è traccia.

“(ride n.d.r) Chi mi conosce sa che non sono uno che ha un grandissimo rapporto con i social, quindi ho solo pensato a godermi i quattro giorni ad Ibiza che ho trascorso con gli amici di sempre. Quindi non racconterò nulla, anche perché i miei amici sono più orsi di me da questo punto di vista. Dico solo che è stato divertente!”.

foto Instagram @alessiaorro8

Beretta e Loda. Accomunati da un enorme sentimento reciproco e da un grande amore per il volley. Supererete le distanze?

“Dovremo almeno per l’anno prossimo perché Sara resterà a Houston dove ha giocato quest’anno nella nuova Lega americana. Si è trovata molto bene, aveva un biennale ed è giusto che prosegua negli Stati Uniti perché è un’ottima opportunità per lei”.

Lei ha appena firmato il suo tredicesimo contratto con il Vero Volley. Beretta è il Francesco Totti della pallavolo?

“Fare parte del Consorzio racchiude un po’ la storia della mia carriera. In serie A, il prossimo anno sarà la mia diciassettesima stagione e questa è la mia undicesima stagione consecutiva qui. Ero qui quando il nome del club era Che Banca! Milano, quando tutto questo è nato. Per me vestire questa maglia e fare parte del futuro di questa squadra è molto importante”.

Non giriamoci attorno, arriva da una stagione molto complicata. Mi prendo io la responsabilità di dire una cosa. Senza un capitano come lei, quest’anno non credo ce l’avreste fatta.

“Io non so se questa cosa sia vera, ma di queste parole le sono grato. Ho cercato di portare avanti la stagione da capitano, facendo capire che il segreto per ottenere delle cose era lavorare, pensando a tutto con senso del dovere, spirito di sacrificio e dimostrando quanto fosse importante giocare, vincere e pensare solo al proprio lavoro e non al contorno di questo ambiente”.

Entrare nelle dinamiche interne ad uno spogliatoio ho sempre trovato fosse dannoso, nonostante tutti sappiamo di ciò di cui si parla. Mi dica almeno cosa ci ha messo in più.

“Ho pensato a staccare tutti quanti dai problemi che avevamo e con cui dovevamo fare i conti tutta la settimana e a far capire loro che dovevamo fare solo i giocatori, ovvero ciò per cui abbiamo tutti firmato qui a Monza. Nelle ultime due o tre settimane ho visto una pallavolo allenata e giocata di alto livello. Siamo riusciti a reggere soprattutto al fotofinish e l’obiettivo salvezza è diventata una realtà”.

Da cosa si riparte?

“La squadra che sta costruendo Monza mi piace, quindi sono molto positivo. Sono certo che ci si possa divertire. Dopo un’annata così difficile e complicata, tutti noi dobbiamo capire che non possiamo solo sopravvivere in una Superlega che cresce anno dopo anno. Dobbiamo vivere e affrontare ogni giorno in palestra come se fosse l’ultimo”.

È possibile ricreare la magia di due anni fa, quando trovò Monza strabordante di spettatori e la finale scudetto da giocare?

“Ci proveremo, anche se è troppo presto parlarne”.

Il suo percorso è stato uno dei più belli a cui abbia assistito, anche perché io so chi era il ragazzo che mi sono trovato di fronte nel 2011, quasi quindici anni. Cosa è cambiato?

“Ero più spensierato, di certi pensieri che ora faccio da capitano me ne accorgevo di meno. Ero anche più vulnerabile, tanto che molto di ciò che mi è capitato pensavo fosse irrecuperabile. Poi la vita ti pone di fronte ad una crescita che inevitabilmente devi fare se vuoi assumerti delle responsabilità”.

foto Legavolley

Lei è diventato il simbolo di Monza. Quest’anno le dico di più, con l’addio di Matteo Piano alla pallavolo giocata, credo che lei diventerà il simbolo della pallavolo lombarda, che considero un movimento a parte.

“Non ho pensato a questa cosa, ma è una responsabilità e non mi sento ancora di essere qualcosa di simbolico. Con Teo ho un ottimo rapporto e grazie a Louati nell’ultimo anno porto il ricordo di belle cene, l’ultima delle quali è avvenuta subito dopo la sua partita giocata a Modena. Credo che lui abbia dato per la pallavolo e ha dimostrato grande affetto a tutto l’ambiente, ricevendone altrettanto”.

La maglia ritirata, il palazzetto in piedi. Siete coetanei e siete cresciuti negli stessi anni e nello stesso ruolo. Mi dica che non l'ha sfiorata il pensiero di quando toccherai a lei.

“(ride n.d.r.) No, ma scherza. Chissà se per me ci sarà una cosa del genere, magari non sono nemmeno pronto a viverla. Lui su queste cose è molto più empatico di me. Io poi voglio ancora giocare.

Foto Vero Volley Monza

Era un gioco psicologico per chiederle di restare. 

“Per ora non preoccupatevi, mi avrete ancora tra i piedi per un bel po’”.

Intervista di Roberto Zucca
(©Riproduzione riservata)