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Cambiano le norme sul lavoro sportivo: tutti i costi per le società

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Di Redazione

La riforma dello sport si avvicina: malgrado gli ostacoli incontrati dal testo unico proposto dal ministro Spadafora, che ha incontrato tra l’altro la netta opposizione del Coni, il Governo sembra intenzionato a procedere suddividendo il testo in sei diversi decreti destinati a entrare in vigore in tempi diversi. Uno di questi riguarderà il lavoro sportivo e andrà a disciplinare (finalmente) un settore a lungo caratterizzato da normative molto incerte: Giusi Cenedese, commercialista e vicepresidente di Bear Wool Volley, e Guido Martinelli si sono chiesti quali costi potrebbe comportare la riforma per le società in un articolo pubblicato su Euroconference News.

La riforma, se sarà confermato il testo presentato, dovrebbe eliminare la distinzione tra dilettanti e professionisti, disciplinando il lavoratore sportivo con uno dei seguenti rapporti di collaborazione: lavoro subordinato, lavoro autonomo (anche nella forma della collaborazione coordinata e continuativa) o prestazione occasionale. Rispetto a quanto accadeva finora, dunque, i lavoratori sportivi produrranno un reddito soggetto a tassazione (anche se dovrebbe essere confermata la fascia di esenzione di 10.000 euro annui prevista dall’attuale normativa), e dall’altro lato saranno soggetti a contribuzione previdenziale, una voce che costituisce ovviamente un costo per i datori di lavoro.

Gli autori dell’articolo propongono quindi una simulazione dei compensi erogati dall’ente sportivo ai lavoratori, prima e dopo la riforma. In caso di un contratto subordinato, ad esempio, un lavoratore che oggi percepisce 13.729 euro annui “costa” alla società 15.000 euro, mentre con la riforma la cifra salirebbe a ben 20.380 euro; per un netto di 24.890 euro si passa da 30.000 a 40.470 euro, e per uno stipendio di 37.738 euro da 50.000 a 68.420 euro.

Anche per la collaborazione coordinata e continuativa gli aumenti sono rilevanti: sempre nel primo esempio (partendo da 13.729 euro netti e 15.000 lordi) la società arriverebbe a versare 18.150 euro per l’anno 2021 e un importo crescente negli anni successivi, fino a 20.270 euro a regime. L’unica tipologia di lavoro in cui è previsto qualche vantaggio per le società, almeno inizialmente, è quella dei lavoratori autonomi: attualmente per un netto di 13.729 euro il datore di lavoro ne spende 21.161, mentre con la riforma ne dovrebbe versare solamente 19.002. Con il passare del tempo, però, la quota pensionistica crescerebbe fino ad arrivare, nel 2024, a un lordo di 21.536 euro.

In sostanza, dunque, gli enti sportivi dilettantistici rischiano di dover sostenere costi ben superiori agli attuali, in alcuni casi fino al 40%: un aumento chiaramente insostenibile per il settore e che potrebbe finire per ripercuotersi sui lavoratori stessi, con un calo delle retribuzioni o delle opportunità di lavoro.

(fonte: Euroconference news)

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