Brie O'Reilly Sesc RJ Flamengo
Foto Sesc RJ Volei Feminino

Brie King cambia musica e nome: ora chiamatela O’Reilly

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Calma. Per alcuni è uno sforzo inutile. È perdita di tempo. Occasioni mancate. Per altri è una virtù da coltivare, che rende forti e resilienti. Un elemento essenziale e chiarificatore per prendere decisioni. La strada che conduce alla tranquillità e alla pace con se stessi, per godere a pieno delle nostre capacità. Qualità innata o conquistata nell’arco della vita, l’importante è saperla gestire. Proprio come fa Brie O’Reilly, più nota con il cognome da sposata King, palleggiatrice canadese del Sesc RJ Flamengo. Lei, che agita i cuori dei tifosi rossoneri, ma esercita e preserva la calma del golfista, fino alla fine. Perché “la calma è la virtù dei forti”, quella che rende semplici giocate difficili. Quella che permette di guidare la propria squadra senza commettere sbavature.

Al termine della sua seconda stagione in Brasile, O’Reilly si è raccontata in esclusiva ai microfoni di Volley News.

Brie O'Reilly Sesc RJ Flamengo
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Brie, so che all’inizio di questa intervista ci tenevi ad annunciare qualcosa ai tuoi tifosi e a tutti gli appassionati.

Quando ho iniziato la mia prima stagione da professionista, ero sposata e da allora sono conosciuta come Brie King. Siccome adesso non sono più sposata, ho deciso di riprendere il nome da nubile: Brie O’Reilly“.

Si è appena conclusa la tua seconda stagione a Rio de Janeiro. Come ti trovi? Cosa ti piace di più del Brasile?

Mi piace tantissimo giocare in Brasile. È un’esperienza completamente diversa da quelle precedenti. Il paese ha una grandissima passione per la pallavolo, la qualità del controllo di palla e il QI pallavolistico sono mediamente molto alti, e il campionato è super competitivo. Ho la sensazione che per avere successo qui sia necessario impegnarsi sempre al 100%, e questa è una cosa grandiosa per una giocatrice“.

Come valuti il percorso del Sesc RJ Flamengo quest’anno?

Abbiamo avuto una stagione molto positiva. Avevamo grandi aspettative perché quasi tutta la squadra era stata confermata; quindi, abbiamo potuto saltare il classico periodo di adattamento nei primi mesi, in cui ci si conosce e si studia il nuovo sistema di gioco. Quando mi sono unita al gruppo dopo i tornei di qualificazione alle Olimpiadi, è stato molto semplice ritrovare l’intesa e proprio per questo motivo sapevamo che sarebbe stata un’annata speciale. Alla fine, la squadra è stata protagonista di un percorso incredibile ed è riuscita ad arrivare ai Play Off come prima testa di serie. Complessivamente sono molto orgogliosa del lavoro che abbiamo svolto e dello spirito di squadra che abbiamo costruito“.

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C’è qualcosa che il Sesc avrebbe potuto fare meglio? Mi riferisco soprattutto alla semifinale di Superliga contro il Praia Clube.

Sicuramente la nostra serie di semifinale Play Off è stata deludente. Purtroppo, proprio sul più bello, sono stata colpita dalla febbre dengue e mi hanno ricoverato in ospedale; perciò, ho dovuto saltare la prima partita contro il Praia. Sono stata autorizzata a tornare in campo solo due giorni prima di gara 2; quindi, non ero al meglio della forma. La squadra ha dato il massimo in entrambe le partite, ma è stata decisamente sfortunata a dover affrontare una situazione del genere nella settimana più importante della stagione“.

Com’è lavorare con Bernardinho? Ti ha dato qualche consiglio particolare in queste due stagioni?

Lavorare con Bernardo è un sogno che è diventato realtà. È un allenatore di grande successo, ma è anche molto umile e ha un’etica del lavoro fuori dal comune. Con lui è impossibile non dare il massimo ogni giorno in allenamento perché i suoi standard sono altissimi e il suo approccio si basa su un modello di tipo top-down. Il miglior consiglio che ho ricevuto da lui è quello di essere umile e assumermi sempre le mie responsabilità. Perché è facile dare la colpa agli altri ed essere egoisti nel contesto di uno sport di squadra, ma questo non rafforza il gruppo. Bernardo mi ha trasmesso questo principio, che mi ha aiutato a crescere e diventare una giocatrice matura“.

Quali sono le cose più importanti che hai imparato giocando all’estero? In che modo le esperienze in Germania, Francia e Brasile ti hanno plasmato come persona e come giocatrice?

Le mie esperienze all’estero sono state grandiose e tutte le stagioni mi hanno permesso di scoprire cose nuove su di me. Penso che, come persona, ho compreso l’importanza delle relazioni e dell’equilibrio nella vita: per gli atleti l’aspetto sportivo può diventare molto facilmente un’ossessione, ma ho imparato che la miglior versione di me stessa come giocatrice è strettamente legata alla vita collettiva e alle relazioni al di fuori della pallavolo. Dunque, per me è fondamentale avere un determinato equilibrio. L’ho trovato soprattutto frequentando la Chiesa. Invece, come giocatrice, credo che giocare all’estero ti costringa a imparare a lavorare con tutti. Soprattutto per una palleggiatrice, le differenze di lingua, cultura e personalità possono trasformarsi in ostacoli; perciò, è necessario trovare un terreno comune ed essere i più altruisti possibili per il bene della squadra. Mi piace avere l’opportunità di crescere giocando in tutto il mondo e affrontare ogni sorta di pressione e sfida“.

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In campo sembri essere una palleggiatrice molto calma e tranquilla, che si distingue per la sua intelligenza intuitiva e la sua gioia di giocare a pallavolo. Sei d’accordo con questa definizione?

Mi piace essere descritta così. È proprio come spero di essere percepita da fuori: una giocatrice innamorata del gioco che cerca di non perdere mai la calma. In generale, vorrei essere sempre riconosciuta per il mio atteggiamento positivo, la mia gioia e il mio amore verso il prossimo. E spero che la persona che sono sia riconoscibile anche quando gioco. Penso che la gente possa farsi un’idea su chi sia la vera Brie proprio quando mi vede in campo“.

Sarà un’estate impegnativa per la nazionale canadese. Quali sono le tue aspettative?

Sono entusiasta di affrontare una nuova estate in nazionale. La nostra squadra è pronta. Tutte le giocatrici sono in salute, cariche e completamente focalizzate sul nostro grande obiettivo (la qualificazione alle Olimpiadi, n.d.r.). Siamo consapevoli che non sarà semplice, ma ci stiamo preparando per farci trovare pronte. Penso che la squadra abbia fatto passi da giganti negli ultimi tempi e abbia trovato una nuova identità: dunque, siamo pronte a dare il massimo perché vogliamo andare a Parigi. Siamo convinte al 100% di essere in grado di raggiungere questo traguardo“.

Al di fuori della pallavolo, la musica è qualcosa di molto importante nella tua vita. Da dove nasce questa passione? E cosa rappresenta per te?

Vengo da una famiglia numerosa in cui tutti amano la musica. Quando ero piccola, mio padre mi cantava sempre qualcosa prima di andare a letto. Di conseguenza ho iniziato a scrivere canzoni molto presto, come un modo per esprimere i miei sentimenti. Mi è sempre piaciuto raccontare storie attraverso la musica e i testi. Mi aiuta a trovare equilibrio nella vita, a connettermi con le mie emozioni e con Dio. Trovo che la musica sia qualcosa di estremamente spirituale, che mi dà la possibilità di rallentare, esprimere i miei pensieri o le mie preghiere, ed essere creativa. Se passo troppo tempo senza sedermi al pianoforte, inizio a sentire la mia testa e il mio cuore più ‘pesanti’. Ecco perché la musica è molto importante nella mia vita“.

Nel 2021 è uscito il tuo primo disco chiamato First Things First. Di cosa parlano le tue canzoni? Hai mai scritto qualcosa sulla tua vita da atleta?

First Things First è stato il mio primo tentativo di registrare e pubblicare musica. È una raccolta di canzoni per lo più riguardanti esperienze di persone che fanno parte della mia vita. In generale, mi piace scrivere di storie ed esperienze umane. Proprio in quell’EP c’è una canzone intitolata Cheers, che parla della mia vita da atleta al college. Il 3 maggio uscirà il mio secondo EP, in cui racconto altre storie sulla mia vita e sulle vite delle persone che mi circondano. Il mio obiettivo con la scrittura è sempre quello di connettermi alle persone in modo profondo e cercare di dare musica e parole a qualcosa che tutti ogni tanto proviamo“.

Ci sono dei punti di contatto tra giocare a pallavolo e scrivere canzoni?

Per me sono due passioni che mi portano tanta gioia: mi sento viva sia quando scrivo sia quando gioco. Penso che la combinazione di queste due cose faccia capire che persona sono. Il mio obiettivo principale con entrambe è di portare gloria a Dio. Spero fortemente che la fede e la connessione con Lui emergano dalle mie canzoni, così come dal modo in cui mi comporto quando gioco a pallavolo“.

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Che ruolo ha la fede nella tua vita?

La fede ha sempre giocato un ruolo importante nella mia vita, soprattutto negli ultimi due anni. Ho trascorso anche un periodo dell’età adulta senza dare priorità alla mia fede e cercando di trovare la felicità in altre cose, ma questo mi lasciava una sensazione di vuoto. Un paio di anni fa ho deciso di abbandonarmi nelle mani di Dio e sperimentare totalmente la Sua grazia e il Suo amore. Il mio rapporto con Lui ha realmente migliorato la mia vita in ogni aspetto. Non è qualcosa che sento di dover esibire per guadagnare la Sua approvazione o il Suo amore, perché sono consapevole che mi amerebbe e accetterebbe anche nei miei giorni peggiori. Penso che avere questo tipo di legame con Dio abbia un’influenza su di me anche come giocatrice. Perché lo scopo della mia vita non è diventare la più forte o la più famosa, ma vivere cercando di far conoscere Dio e aiutare le altre persone a sperimentare lo stesso amore e la stessa grazia che ho ricevuto io. Penso che sia qualcosa che tutti stiano cercando nel loro profondo e sono estremamente grata che Dio abbia bussato alla porta della mia vita quando ero disperata“.

Quando magari attraversi un momento difficile, c’è una citazione della Bibbia che ti dà forza e riporta il tuo cuore e la tua mente a Dio?

Ho tatuato sul braccio il Salmo 40:1-3 perché sono versetti profondamente legati alla mia vita. Parlano di come Dio mi ha ascoltato quando avevo bisogno di aiuto, mi ha raccolto da terra e ha fatto posare i miei piedi sulla roccia. E ha messo sulla mia bocca un canto affinché tutti conoscano la Sua bontà. Questa è la storia della mia vita. Ero persa, sola e insicura. E Dio mi ha dato un’identità salda. Penso che la gioia e la calma che vedi quando sono in campo arrivino proprio da qui“.

Un’ultima curiosità. Quali sono i tuoi sogni e obiettivi per il futuro?

Prima di tutto mi piacerebbe aiutare il Canada a ottenere il pass per le Olimpiadi. Poi un giorno mi piacerebbe giocare in Italia. Ovviamente sono grata alle squadre e ai campionati in cui ho giocato finora, ma prima di smettere mi piacerebbe sicuramente sperimentare la Serie A italiana. In generale, desidero spingere al massimo e vedere dove riesco ad arrivare nella pallavolo. A quel punto potrò tornare a casa felice, costruire la mia famiglia e abitare in una bella fattoria (ride, n.d.r.). Questione di… equilibrio“.

di Alessandro Garotta

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