Autumn Bailey sfida la malasorte: “Voglio tornare a fare quello che amo”

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Di Alessandro Garotta

La sfortuna spesso si diverte. Frase strana questa, eppure così concreta: capita alle volte che dinanzi a noi vengano a crearsi, in una frazione di secondo, muri altissimi. Cosa fare in questo caso? C’è chi sceglie di tornare indietro e chi, invece, decide di scavalcare. In questa seconda categoria di persone rientra Autumn Bailey, che il muro se l’è trovato davanti ben due volte nell’ultimo anno: prima la rottura del legamento crociato in un match della Challenger Cup, poi un nuovo intervento al ginocchio sinistro che ha rinviato il ritorno in campo della schiacciatrice canadese.

La frazione di secondo prima citata – tanto è necessario negli atleti per razionalizzare la causa del dolore – che ti abbatte, la consapevolezza che bisognerà stare fermi per diversi mesi. Tutto ciò può essere sconfitto solo da una volontà ferrea. Come quella di Bailey, che si è raccontata in esclusiva ai nostri microfoni.

Ci racconti qualcosa di lei. Chi è Autumn Bailey?

Sono una schiacciatrice canadese di 25 anni, originaria di Burlington, in Ontario. Fin da piccola condivido l’amore per la pallavolo con le mie tre sorelle; i miei genitori sono i punti di riferimento più importanti perché mi hanno trasmesso un’etica del lavoro molto forte e insegnato ad avere amore e rispetto per quello che faccio, a partire dallo studio. Ed è stato davvero appagante raggiungere il traguardo della laurea in scienze dell’educazione primaria alla Michigan State University nel 2018“.

Cosa rappresenta per lei la pallavolo?

È una parte fondamentale della mia vita, molto di più di una semplice passione perché mi ha fatto capire cosa significa inseguire i propri obiettivi, mi ha aiutato a crescere e a diventare la persona che sono oggi. Ora, che non posso giocare a causa dell’infortunio, mi manca più di ogni altra cosa“. 

Com’è nata la sua passione per questo sport?

Ho iniziato a giocare a 10 anni, dopo essere stata selezionata per una squadra giovanile insieme a una delle mie sorelle. È stato amore a prima vista e, con il passare del tempo, i miei sentimenti per questo sport sono diventati sempre più forti. A 11 anni ho cominciato anche con il Beach Volley, un’altra disciplina che mi piace molto“. 

Nella sua carriera ha vestito le maglie delle Golden Eagles Marquette, delle Michigan State Spartans e del Nilufer Belediye. Cosa le ha insegnato ognuna di queste esperienze?

Tutte queste tappe hanno avuto un grande impatto nel plasmare la mia carriera. Al college ho iniziato a giocare a Marquette, anche se dopo un anno ho scelto una sfida ancora più importante con le Michigan State Spartans: nella Big Ten Conference ho avuto la possibilità di confrontarmi con i migliori talenti statunitensi e questo mi ha permesso di crescere come giocatrice. Invece, la mia prima stagione da professionista è stata al Nilufer, in Turchia, dove ho potuto arricchire il mio bagaglio tecnico imparando a gestire meglio i colpi d’attacco e a giocare con meno forza e più astuzia in determinate situazioni di gioco. È stata un’esperienza positiva, che mi ha trasmesso molta autostima e fiducia nei miei mezzi“.

Poi il grave infortunio della scorsa estate. Cosa ha pensato quando le hanno confermato la rottura del legamento crociato anteriore?

Ero davvero distrutta. Ambizioni, certezze e aspettative, tutto in frantumi. Avevo già rotto il crociato nel 2015, quindi sapevo quanta pazienza era necessaria per il recupero. Questa volta è capitato con la nazionale durante la Challenger Cup, proprio quando stavamo trovando la giusta alchimia. Vedere svanire la possibilità di partecipare al preolimpico e il sogno di giocare in Italia – ero davvero entusiasta per la nuova avventura a Bergamo – è stato davvero un brutto colpo. Questo infortunio mi ha tolto tante cose e mi si spezza il cuore solo a pensarci“.

A che punto è il suo programma riabilitativo?

Il recupero procede lentamente: l’infortunio si è rivelato più grave di una normale rottura del legamento crociato e così è necessario più tempo del previsto per tornare in campo. In questo momento la maggior parte della mia riabilitazione prevede un lavoro con i pesi per provare a ritrovare la forza muscolare. Giorno dopo giorno sento che il ginocchio mi fa sempre meno male e perciò rimango ottimista e fiduciosa“.

Si è fatta un’idea di quando potrà tornare in campo?

Non lo so ancora con precisione; dipende tutto da come starà il mio ginocchio, ma spero di poter iniziare presto ad allenarmi in palestra. Per il futuro prossimo ho intenzione di prendere parte alla VNL con la mia nazionale e magari tornare in campo con un club già nel corso di questa stagione“.

Come ha inciso questo grave infortunio sulla sua “forma mentis”?

La mia mentalità non è cambiata di una virgola. Ovviamente alcuni giorni sono più duri di altri ed è facile perdersi d’animo quando lo stop è così lungo, ma fin dall’inizio ho cercato di rimanere focalizzata sul mio obiettivo: tornare a fare quello che amo, ovvero giocare a pallavolo“.

Quali sogni ha per il prosieguo della sua carriera?

Il mio sogno più grande è partecipare e vincere una medaglia alle Olimpiadi. E un giorno mi piacerebbe anche giocare in un top team del campionato italiano“.

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Rinaldi, biennale in Giappone: “Vi racconto perché vado, i dubbi iniziali e… Modena”

Sale in Zucca

Osaka Blazers Sakai. Tutto o niente. Bianco o nero, o bianco e rosso se si ragiona per cromatismi della vita, e per la nuova bandiera d’appartenenza pallavolistica di Tommaso Rinaldi. La vita è fatta di cambiamenti, spesso radicali, di sfide che portano uno dei primi di italiani, ma di quelli che si candidano ad essere primi della classe a sbarcare nel campionato nipponico, dopo un passato anche recente fatto di Modena, patria del tifo sfegatato, del palazzetto che si riempie dell’entusiasmo e della mitomania, che è poi tipica del giapponesismo del volley. Lui è Tommaso, occhi di ghiaccio, voglia ed esigenza di essere più grande dei suoi 24 anni, destino di essere grande tra i grandi. 

L’entusiasmo per questa nuova avventura c’è tutto, anche se il pensiero di rinunciare a ciò che lo rende uno dei volti più interessanti della Superlega è tuttora presente.

“Osaka è nata per caso. È una destinazione a cui non avevo mai pensato finché all’inizio dell’anno, l’allenatore dei Blazers mi ha contattato su Instagram per sondare la volontà o la mia curiosità di giocare in un campionato così lontano da casa. Se vogliamo, lontananza a parte, è un campionato davvero diverso dal nostro, ma stimolante”.

Non voglio parlare della trattativa in sé. Volevo capire come è iniziato il suo processo di lento sradicamento da una città che lei ama tanto.

“C’è stato subito il confronto con la mia famiglia e con il procuratore anche solo per capire assieme cosa pensassimo di un passo del genere. Non ho ragionato pensando a ciò che mi veniva offerto, non è stato quello l’aspetto che mi incuriosiva di più. Ho pensato se fosse un’opportunità a quest’età e se davvero il Giappone potesse rappresentare un investimento sulla mia carriera”.

Che risposta si è dato?

“Sono rimasto colpito dall’attenzione e dal pensiero fatto da parte della società. Inizialmente ho pensato anche a Modena, perché non volevo lasciarla. Al di là della società in cui sono cresciuto, in cui ho vissuto per moltissimi anni, il pensiero è andato a ciò che mi ha dato tanto e che avrei dovuto lasciare. Ho un’offerta biennale a Osaka, segno che il progetto è lungo e che la volontà di fare bene c’è tutta”.

So che troverà un giocatore che già conosce.

“Sì, Matt Anderson. Saremo compagni di squadra e potremo fare assieme una bella stagione”.

Anderson e Rinaldi. Possiamo fare delle similitudini?

“Mi dica”.

La pallavolo giapponese vive di simbolismo, un po’ come tutta la cultura. Penso ai vostri due volti. C’è tanto marketing. Siete molto belli, siete due volti innocenti, siete un po’ uno stereotipo occidentale. Il volley un po’ pop vende biglietti?

“Sicuramente faremo clamore. Se parliamo di canoni estetici, rappresentiamo forse qualcosa di pulizia e trasparenza, non so quanto questo conti. Sono un popolo molto devoto alla pallavolo, molto attento, che esprime con moderazione ed educazione la propria gratitudine e il proprio affetto e simpatia nei confronti degli atleti”.

L’emozione c’è?

“C’è curiosità. Partirò ad agosto e sarò solo in questa prima fase. Se mi vuole chiedere quanta paura ho della solitudine, del fatto che sarò dall’altra parte del mondo per la prima volta per così tanto tempo, le dico che dovrò imparare a gestire tutto, ma sono fiducioso. Papà e mamma sono stati determinanti e mi hanno lasciato libero, senza il rimpianto di non avermi più a Modena a due passi da casa”.

Rinaldi, mi fa specie vederla diventare così grande.

“Sono cresciuto anche io. Questa è una grande occasione arrivata nel momento giusto”.

Intervista di Roberto Zucca
(©Riproduzione riservata)