The Cuore Project: la passione di Lindsey Berg per raccontare il volley "made in USA"

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Di Eugenio Peralta

Per sette stagioni è stata grande protagonista sui nostri campi con le maglie di PesaroNovaraVilla Cortese: l’Italia della pallavolo non può certo dimenticare le magie di Lindsey Berg. Ma il sentimento è reciproco, a tal punto che l’ex palleggiatrice di Honolulu si è ispirata proprio all’Italia e alla lingua italiana per lanciare, ormai quasi un anno fa, The Cuore Project: un progetto multimediale per raccontare, attraverso il sito ufficiale e i social network, la vita e la carriera delle grandi protagoniste del volley “made in USA.

Da Kimberly HillJordan Larson, da Kelsey RobinsonLauren Gibbemeyer, ormai tutte le pallavoliste statunitensi di alto livello sono finite sotto la “lente d’ingrandimento” di Lindsey Napela Berg (questo il suo nome completo), abituata a viaggiare in tutto il mondo – e almeno una volta al mese in Italia – per costruire video, intervistereportage fotografici. Ora però, come tutti, “Lin” si trova in isolamento domestico nella sua casa di Los Angeles, dove l’abbiamo raggiunta in videochiamata per un’intervista esclusiva.

Prima domanda d’obbligo, visti i tempi: come sta?

Bene! La mia è una quarantena particolare: a Los Angeles il tempo è bello e ho la fortuna di poter uscire quando voglio per fare un giro all’aperto. Stiamo vivendo un momento difficile, e voi in Italia lo sapete meglio di chiunque altro, ma la mia famiglia e io stiamo bene. E poi questo periodo di stop forzato mi permette di approfondire meglio alcuni aspetti del mio lavoro. Del resto, il mio obiettivo è proprio aiutare le giovani pallavoliste a crescere anche lontano dal campo di volley: quale momento migliore di questo?“.

Per l’appunto: che cos’è The Cuore Project e da dove è arrivata l’idea di questo sito?

Questo progetto nasce per la voglia di ispirare le giovani giocatrici, e tutte le persone a loro vicine, a vivere questo sport con il cuore. Sul sito, sui social, nei podcast le ragazze possono ascoltare le esperienze di giocatrici famose, che parlano anche di argomenti diversi dal solito: qual è la loro routine per la cura della pelle, come funziona il processo di reclutamento nelle squadre universitarie, cosa si prova a essere già così alte a 12 anni… Domande a cui magari i genitori faticano a rispondere“.

L’obiettivo, quindi, è soprattutto dare un esempio alle giovani.

Sì, direi proprio educarle, in un certo senso. Le atlete emergenti possono essere ispirate dalle storie di campionesse come Logan Tom, Jordan Larson o Annie Drews e dalle loro esperienze. Però il sito non è rivolto solo a loro, ma anche ai genitori, agli allenatori, a tutti coloro che lavorano nella pallavolo. E perché no, anche ai tifosi. Negli USA mancava un progetto del genere, da noi le pallavoliste non sono famose come in Italia“.

In tre risposte ha già parlato due volte di Italia. Qual è il suo legame con il nostro paese e come mai ha scelto proprio la parola italiana “Cuore” per il suo progetto?

Nel 2004, dopo le Olimpiadi di Atene, avevo deciso di lasciare la pallavolo. Non mi piaceva più quello che facevo, il mondo del volley, lo sport in generale. Poi ho ricevuto la proposta di Marcello (Abbondanza, n.d.r.) e ho pensato di dare un’altra chance al mio primo amore, e da lì è iniziata una nuova avventura. Ecco, quando sono arrivata in Italia non conoscevo ancora la lingua, ma una delle prime frasi che sentivo dire era ‘gioca col cuore!’. Quando mi hanno spiegato cosa significava, ho capito che a portarmi fin lì erano stati proprio il cuore, la passione, la grinta, non certo la mia fisicità o la mia altezza, come tutti sapete (ride)”.

Gli USA continuano a sfornare giocatrici di altissimo livello, anno dopo anno. Qual è il vostro “segreto”?

Oggi la pallavolo ha superato il soccer (calcio, n.d.r.) e il basket nella classifica degli sport più praticati dalle ragazze negli USA. Non saprei dire il perché, ma penso che le caratteristiche del gioco aiutino molto: c’è poco contatto fisico ma tante relazioni umane, un tipo di interazione più adatto a loro. È uno sport che permette alle ragazze di essere ragazze. Poi a questo, ovviamente, si aggiunge l’organizzazione delle squadre di college, un’istituzione che in altri paesi manca completamente“.

Quali sono i vantaggi?

Mettiamola così: Francesca Piccinini è stata fantastica a debuttare a 15 anni e trasferirsi in Brasile a 19, ma non tutte le giocatrici possono farcela. Il college dà più tempo alle atlete per crescere e sviluppare le loro abilità, avendo anche una garanzia di copertura economica. Finito questo processo, sono già pronte per giocare all’estero in campionati di alto livello e rinforzare la nazionale. Anche se poi… l’oro olimpico non lo vinciamo mai!“.

Ne sappiamo qualcosa anche noi. A proposito, del rinvio di Tokyo 2020 cosa pensa?

Sono triste per il rinvio, ma lieta che non siano stati cancellati i Giochi. Quello sarebbe stato veramente tremendo per atleti che si stanno preparando da 4 anni in vista dell’obiettivo, come posso vedere quotidianamente. Ci sarà un anno in più, un’occasione per prepararsi meglio“.

Foto FIVB

Tornando alle giocatrici americane, quest’anno tra Serie A1 e A2 ne abbiamo “ospitate” ben 23: un record.

Ne sono felice, perché dopo il periodo di crisi l’Italia è tornata una destinazione ideale per le atlete del nostro paese. Il motivo? Se riesci a entrare nello spirito della cultura italiana, del linguaggio, del rapporto con i tifosi e le compagne di squadra, il campionato italiano diventa una vera famiglia. E potete solo immaginare quanto questo possa essere utile per persone che vivono così lontane dalla loro famiglia reale. Io ho avuto tante altre offerte nel periodo in cui giocavo in Italia, ma ho sempre deciso di rimanere, proprio per questo motivo“.

Come si sente Lindsey Berg lontana dalla pallavolo giocata?

Devo dire la verità: non ne potevo più! Da quando ho deciso di smettere definitivamente, nel 2017, sto molto meglio anche fisicamente, non sento più dolore. E questo progetto è l’ideale proprio perché non mi obbliga a seguire quotidianamente tutto quello che succede nel mondo del volley, o a essere fisicamente presente alle partite. Mi piace, però, conoscere e approfondire la personalità di un’atleta, e fare in modo che le giovani che visitano il mio sito sappiano che i loro idoli sono ragazze come loro“.

E il suo futuro?

La mia prima attività fuori dal campo è stata la palestra Unbreakable Performance, sulla Sunset Strip di Hollywood: vorrei continuare a portarla avanti, perché è un ambiente che adoro. Vorrei anche continuare a vivere qui, in modo da essere vicina alla mia famiglia. E poi ho tanto da fare: realizzare interviste, filmati, montaggi video e cercare qualche finanziamento per il mio progetto. Per ora faccio tutto da sola, con l’aiuto di qualche collaboratore. Mi piacerebbe molto continuare, ma serve un sostegno economico… vedremo fino a quando ci riuscirò!“.

Dalla prossima settimana, anche Volley NEWS ospiterà alcuni dei contenuti esclusivi realizzati da Lindsey Berg per il suo sito. Non perdeteli!

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Capitan Beretta si sposa: l’addio al celibato (da orsi), i cinque testimoni e… Monza

Sale in Zucca

Come se fossi un mitologico Lello Arena in uno sketch televisivo creato assieme a Troisi, intento a strillare al mondo la parola annunciazione, annunciazione, vi indico una data, ovvero quella del 20 giugno 2025. Vi indico addirittura una location, che è Mapello, territorio a me ignoto posizionato per quel che so tra Bergamo e Monza. Voglio essere buono e dirvi anche che i testimoni saranno non uno, ma cinque, un po’ all’americana, un po’ laddove il damigellato è la nuova frontiera pallavolistica con la quale organizzare i nuovi matrimoni. Perché se sei Thomas Beretta, ossia uno dei (sempre un mio umilissimo parere) migliori capitani della Superlega dell’ultima decade, di gente che ti vuol bene ne collezioni stagione dopo stagione, e quindi scegliere una sola persona che ti accompagni in uno dei giorni più importanti della tua vita, appare una scelta insormontabile. Nel caso di Thomas, e soprattutto di chi ha memoria, la scelta è ricaduta su mitologici personaggi della pallavolo lombarda, alcuni noti alle cronache nazionali, altri noti più a chi in questo universo lo conosce come una grande famiglia Berettiana, che con Sara Loda, perfetto esempio di pallavolista adorata all’unanimità, convolerà a nozze tra qualche giorno.

“Saremo circa duecento persone, ed è normale perché entrambi tenevamo ad invitare tutte le persone che con noi hanno fatto parte di questo percorso pallavolistico. I miei testimoni saranno Simone Anzani, Andrea Moro, William Taliento, Massimo Santin, che sono i compagni e gli amici della pallavolo che mi hanno accompagnato sin da giovane e Camillo, mio fratello”.

Sua moglie ha organizzato un addio al nubilato olimpionico. Del suo addio al celibato, ovviamente, non vi è traccia.

“(ride n.d.r) Chi mi conosce sa che non sono uno che ha un grandissimo rapporto con i social, quindi ho solo pensato a godermi i quattro giorni ad Ibiza che ho trascorso con gli amici di sempre. Quindi non racconterò nulla, anche perché i miei amici sono più orsi di me da questo punto di vista. Dico solo che è stato divertente!”.

foto Instagram @alessiaorro8

Beretta e Loda. Accomunati da un enorme sentimento reciproco e da un grande amore per il volley. Supererete le distanze?

“Dovremo almeno per l’anno prossimo perché Sara resterà a Houston dove ha giocato quest’anno nella nuova Lega americana. Si è trovata molto bene, aveva un biennale ed è giusto che prosegua negli Stati Uniti perché è un’ottima opportunità per lei”.

Lei ha appena firmato il suo tredicesimo contratto con il Vero Volley. Beretta è il Francesco Totti della pallavolo?

“Fare parte del Consorzio racchiude un po’ la storia della mia carriera. In serie A, il prossimo anno sarà la mia diciassettesima stagione e questa è la mia undicesima stagione consecutiva qui. Ero qui quando il nome del club era Che Banca! Milano, quando tutto questo è nato. Per me vestire questa maglia e fare parte del futuro di questa squadra è molto importante”.

Non giriamoci attorno, arriva da una stagione molto complicata. Mi prendo io la responsabilità di dire una cosa. Senza un capitano come lei, quest’anno non credo ce l’avreste fatta.

“Io non so se questa cosa sia vera, ma di queste parole le sono grato. Ho cercato di portare avanti la stagione da capitano, facendo capire che il segreto per ottenere delle cose era lavorare, pensando a tutto con senso del dovere, spirito di sacrificio e dimostrando quanto fosse importante giocare, vincere e pensare solo al proprio lavoro e non al contorno di questo ambiente”.

Entrare nelle dinamiche interne ad uno spogliatoio ho sempre trovato fosse dannoso, nonostante tutti sappiamo di ciò di cui si parla. Mi dica almeno cosa ci ha messo in più.

“Ho pensato a staccare tutti quanti dai problemi che avevamo e con cui dovevamo fare i conti tutta la settimana e a far capire loro che dovevamo fare solo i giocatori, ovvero ciò per cui abbiamo tutti firmato qui a Monza. Nelle ultime due o tre settimane ho visto una pallavolo allenata e giocata di alto livello. Siamo riusciti a reggere soprattutto al fotofinish e l’obiettivo salvezza è diventata una realtà”.

Da cosa si riparte?

“La squadra che sta costruendo Monza mi piace, quindi sono molto positivo. Sono certo che ci si possa divertire. Dopo un’annata così difficile e complicata, tutti noi dobbiamo capire che non possiamo solo sopravvivere in una Superlega che cresce anno dopo anno. Dobbiamo vivere e affrontare ogni giorno in palestra come se fosse l’ultimo”.

È possibile ricreare la magia di due anni fa, quando trovò Monza strabordante di spettatori e la finale scudetto da giocare?

“Ci proveremo, anche se è troppo presto parlarne”.

Il suo percorso è stato uno dei più belli a cui abbia assistito, anche perché io so chi era il ragazzo che mi sono trovato di fronte nel 2011, quasi quindici anni. Cosa è cambiato?

“Ero più spensierato, di certi pensieri che ora faccio da capitano me ne accorgevo di meno. Ero anche più vulnerabile, tanto che molto di ciò che mi è capitato pensavo fosse irrecuperabile. Poi la vita ti pone di fronte ad una crescita che inevitabilmente devi fare se vuoi assumerti delle responsabilità”.

foto Legavolley

Lei è diventato il simbolo di Monza. Quest’anno le dico di più, con l’addio di Matteo Piano alla pallavolo giocata, credo che lei diventerà il simbolo della pallavolo lombarda, che considero un movimento a parte.

“Non ho pensato a questa cosa, ma è una responsabilità e non mi sento ancora di essere qualcosa di simbolico. Con Teo ho un ottimo rapporto e grazie a Louati nell’ultimo anno porto il ricordo di belle cene, l’ultima delle quali è avvenuta subito dopo la sua partita giocata a Modena. Credo che lui abbia dato per la pallavolo e ha dimostrato grande affetto a tutto l’ambiente, ricevendone altrettanto”.

La maglia ritirata, il palazzetto in piedi. Siete coetanei e siete cresciuti negli stessi anni e nello stesso ruolo. Mi dica che non l'ha sfiorata il pensiero di quando toccherai a lei.

“(ride n.d.r.) No, ma scherza. Chissà se per me ci sarà una cosa del genere, magari non sono nemmeno pronto a viverla. Lui su queste cose è molto più empatico di me. Io poi voglio ancora giocare.

Foto Vero Volley Monza

Era un gioco psicologico per chiederle di restare. 

“Per ora non preoccupatevi, mi avrete ancora tra i piedi per un bel po’”.

Intervista di Roberto Zucca
(©Riproduzione riservata)