Si chiamano atlete, ma sono splendide Mamme. Si deve, si può!

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Di Stefano Benzi

Di questi tempi se un politico dice una cosa di buonsenso bisogna reagire stupiti. Se la cosa suona addirittura giusta è doveroso evidenziarla: il ministro per lo sport Luca Lotti ha dato notizia di avere avviato insieme alla Sottosegretaria Maria Elena Boschi, che ha la delega alle Pari Opportunità, un tavolo tecnico per l’istituzione di un fondo a sostegno della maternità delle atlete. Il che mi fa pensare che se esiste un fondo di sostegno per la maternità delle atlete dovrebbe esistere anche per tutte le donne che vogliono diventare mamme e magari non possono per motivi di carriera o economici, e sarebbe sacrosanto.

Nel caso delle mamme atlete però un distinguo è indispensabile: spesso si sottovaluta quanto debbano attendere e spesso soffrire per la loro maternità ragazze che impegnate in una competizione sportiva di alto livello, devono dimenticarsi tutto o quasi fa di loro una donna. Altro che pocket salvaslip e giù dall’aereo: ho conosciuto tante, tantissime ragazze che giocano a pallavolo che con crampi o dolori picchiavano come dannate come se niente fosse anche in ‘quei giorni’. Pallavolo, tennis, lotta, pugilato… Noi uomini, che piangiamo come donnicciole al primo mal di testa e gireremmo con la giustificazione per cinque giorni al mese. Le amiche mi garantivano che non fosse una passeggiata, ma si doveva fare.

Ancora più spesso ho chiacchierato con atlete che avevano l’uomo giusto al fianco, quasi sempre uno sportivo anche lui e mi dicevano “devo aspettare, ci saranno gli europei, le Olimpiadi, vorrei tanto un figlio ma ora non posso”. Portare indietro la lancetta dell’orologio biologico per un uomo è normale, per una donna è crudele: un fondo potrà in qualche modo garantire loro soldi e tranquillità per quei due anni in cui il bimbo uscirà dal cantiere. Poi come tutte le altre mamme lavoratrici del mondo dovranno arrangiarsi: “it’s a man’s man’s world”, cantava James Brown.

È vero, le donne continuano a guadagnare faticosamente il loro spazio in un mondo di uomini: e spesso senza gli uomini si devono arrangiare. E mi riferisco a un’infinità di donne lasciate da sole con un figlio piccolo, o costrette a cavarsela con un assegno familiare da 200€ al mese in un momento in cui ne servono 300€ per i ticket alimentari di scuola o asilo.

Non è un mondo perfetto, nessuno ha la pretesa che questo lo sia: ma è splendido vedere giocatrici mamme che vanno in palestra ad allenarsi mentre il loro piccolo gioca in una nursery attrezzata dentro un area dedicata del palazzetto. Sogni? No, proposte. Rilanci.

Lo sport ha bisogno di soldi e di idee, soprattutto lo sport di base. Prendiamo la proposta del ministro Lotti per quello che è, un buon punto di partenza, attendiamo con ansia che si concretizzi: ci piace l’idea che le nostre giocatrici di pallavolo possano vivere la loro esperienza più bella della vita, diventare mamme, in piena attività agonistica e creando nella loro identità di atlete, di donne e di mamme una realtà della pallavolo ancora più aperta, ancora più avanti.

 

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