Simone Anzani si prepara a lottare: “Quest’anno ogni partita sarà tosta”

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Di Roberto Zucca

Ha ripreso subito da dove aveva lasciato. Da quella grinta che lo fa saltare in alto con più convinzione dei suoi avversari e da quell’ambizione che lo fa essere uno dei punti di riferimento del suo ruolo. Simone Anzani ha iniziato la sua seconda stagione alla Cucine Lube Civitanova con una finale di Del Monte Supercoppa persa amaramente contro Perugia, ma si è subito rifatto nello stesso AGSM Forum di Verona contro la NBV, alla prima di campionato.

Era un trofeo a cui tenevamo tanto, così come ci teneva Perugia, per riprendere al massimo da dove avevamo lasciato con la vittoria della Coppa Italia. Era nella nostre corde ma avevamo contro una grande squadra. Il rammarico c’è, ma c’è anche la consapevolezza di poter fare meglio del livello di questa finale“.

La stagione è poi ripresa con una vittoria convincente contro Verona.

Sì, sempre nello stesso palazzetto in cui abbiamo giocato la Supercoppa. Siamo entrati in campo super concentrati e aggressivi. Verona ha dei giocatori di grande qualità e dovevamo essere determinati fin da subito. Giocheremo la stagione con l’idea che ogni partita sarà una finale”.

Anzani, per quel poco che ha visto, cosa ne pensa della nuova Superlega?

Abbastanza per capire che sarà un’annata molto difficile. Tralasciando i discorsi sul Covid-19, che comunque hanno la loro importanza. Mi riferisco al fatto che la competizione che si è creata tra tutte le squadre è tantissima. Sono cresciuti molti organici di prima fascia e sono cresciuti ancora di più i roster di quelle squadre che lo scorso anno erano a metà classifica, e sono andate a pescare molto bene sul mercato. Sarà tosta ogni volta che scenderemo in campo”.

De Cecco nuovo acquisto. Quanto vi conoscete?

A livello di gioco moltissimo. Avevamo creato una bella alchimia a Perugia e vedo che queste prime settimane siamo riusciti subito a ritrovarci. È un elemento che a Civitanova potrà dare tanto”.

Bruno per lei era l’affiatamento, il capogruppo. Cosa è De Cecco?

Due mani d’oro capaci di fare giocate bellissime. Bruno mi manca e fuori dal campo siamo anche amici, ma non poteva esserci sostituto migliore di Luciano”.

Lei è uno dei volti dell’AIP. Quanto è stato importante metterci la faccia?

Personalmente attribuisco molto significato alla cosa. Ci sono atleti che hanno davvero posto le basi di questa associazione e che si sono fortemente impegnati a farla crescere. Dobbiamo continuare così, anche perché sedersi a un tavolo rappresentando il 50% degli atleti è diverso dal sedersi con la percentuale del 95%. Quindi stiamo sensibilizzando maggiormente gli atleti ad entrarne a far parte. Penso che un organismo rappresentativo possa fare molto bene al movimento”.

Ora che siete seduti al tavolo capite meglio le complessità di quel mondo?

No, diamo valore aggiunto al tavolo. Decisioni congiunte prese in accordo generano condivisione d’intenti e senso di appartenenza”.

Quanto è lontana Tokyo?

Ancora qualche mese. Poi sarà un sogno farne parte”.

Pensa mai al dopo Olimpiadi?

È capitato. Ci sono dei progetti, ma è prematuro parlarne. Continuo intanto con la mia università e penso, lavoro, affino”.

Qual è l’obiettivo di Civitanova?

Vincere. E continuare a farlo. È una cosa che accomuna me e questo percorso bellissimo qui alla Lube”.

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Simone Tiberti esclusivo: “Mi sa che… non sono ancora pronto per smettere di giocare”

Sale in Zucca

Tra le teche di Youtube e sfortunatamente non in quelle Rai, c’è un’intervista di Roberto Pomiato, giornalista dell’allora Pallavolo Padova ad un giovanissimo, capellone, e quasi biondo Simone Tiberti, con un atteggiamento a metà tra il tennista di talento col ciuffo d’ordinanza e il serioso regista che ha sempre interpretato. Da quella serata in cui Padova riuscì a battere la mitologica Quasar Massa sono passati quindici anni. Il tempo va, passano le ore e citazioni a parte, la storia di Simone e del me più narcisista e indiretto protagonista della pallavolo, dice che nelle stagioni a venire è per me stata una grande fortuna crescere con un riferimento come Tiberti, che a 45 anni costituisce ancora un patrimonio di mani e intelligenza della serie A2. Sempre le teche, ma stavolta del canale della Atlantide Pallavolo Brescia, riportano un non troppo silenzioso addio di Tiberti, dopo dieci lunghi anni trascorsi in questa società, ai tucani. Anche in questo caso, sempre facendo riferimento al mio nevrotico narcisismo e anche un po’ alla mia tigna, riascolto l’intervista, leggo qualche sito che parla di un suo addio alla pallavolo e poi faccio quello che per difetto ho già fatto con alcuni suoi amici in passato: alzo il telefono, tallono Tiberti e gli scrivo di ripensarci. 

Viviamo in un’epoca pallavolistica in cui chi ha fatto parte degli esordi della mia generazione comincia a pensare ad altre vite, ai secondi tempi, alla conseguenza del fatto che se hai passato le tue domeniche negli ultimi 25 anni in pullman, in trasferta, a circumnavigare l’Italia, ma soprattutto a ricevere applausi e fischi, abbracci e critiche, ma soprattutto ad essere Tiberti, non possiamo abituarci a dover fare a meno di te in questo ambiente. Soprattutto se, in barba all’anagrafica che ci dice che l’età è solo un numero e che tu hai le stesse mani di quando ne avevi venti, la stessa visione di quando vestivi Gabeca, Vero Volley, Fidia Padova, e la stessa rabbia agonistica che non ti ha abbandonato anche questa stagione, quando hai messo su un gioco meraviglioso con la Gruppo Consoli Sferc Brescia, giocando tre finali su tre (campionato, Coppa Italia e Supercoppa Italiana) e vincendone una, ma splendendo nelle restanti due.

Non è più un’intervista, forse, e mi scuso con voi lettori. È la storia di un convincimento, di una telefonata che porta delle risposte e che dopo oltre 30 minuti mi fa dire che voglio ancora Simone con me, che sia per un’intervista con Volleynews, che sia solo per commentare su whatsapp una sua giocata.

foto @zanardelli_ph

Sono giorni duri, Tiberti, lo so.

“Sono in una montagna russa di emozioni. Dopo dieci anni a Brescia, si è conclusa la mia storia con questa bellissima società. Avrei voluto concluderla con un triplete o quantomeno con la conquista della Superlega che invece è andata meritatamente a Cuneo. Non ho giocato la stagione, pensando che fosse l’ultima, ma sapendo che avremo potuto raggiungere tanti bei traguardi. Abbiamo conquistato la Coppa Italia, mentre resta l’amaro in bocca per la Supercoppa, dove la differenza l’hanno fatta la battuta e la ricezione, che invece Cuneo ha sfruttato, giocando da prima della classe. Poi c’è stata la dichiarazione sulla mia ultima partita a Brescia, ed ora il turbinio che provo è quello di chi vuole fare tante cose, ma di chi ha ancora la testa sul campo”.

È la prima volta che intervisto una persona in un momento così complicato. Mi spiego, solitamente si ha la sensazione di voler smettere, penso a tanti suoi colleghi, o di voler fare altro. Quando ho ascoltato le sue dichiarazioni, mi è sembrato che lei volesse che fossimo noi a darle il congedo.

“Sicuramente ho capito che dopo dieci anni la mia storia di palleggiatore a Brescia in A2 può considerarsi conclusa. Questo significa che a questa società e anche a Zambonardi, con cui ho lavorato in tutti questi anni, resto legato, e mi piacerebbe essere coinvolto nel loro percorso, ma in un altro ruolo”.

Foto Lega Volley Maschile

Disposto a dare una mano. Mi prendo io la responsabilità di ciò che scrivo. Lei è una pietra miliare di questo club.

“La ringrazio, e spero che si possa continuare a ragionare assieme, così come posso dire che sono aperto a collaborare in generale con questo mondo. Lo conosco, con tutte le società di cui ho fatto parte mi sono lasciato in ottimi rapporti, penso anche a Monza dove ho giocato tre bellissime stagioni. Ho dei progetti, perché a 45 anni non puoi sperare di restare in campo fino ai 60, però nel mondo della pallavolo vorrei restarci davvero”.

Pistola alla tempia. Se Brescia avesse vinto la Superlega, lei non avrebbe appeso le scarpette.

“Sarei falso se dicessi di sì. Da secondo, avrei voluto rivivere un ultimo anno in Superlega, lo ammetto. Sto bene fisicamente, perché non cogliere un’opportunità così?”

C’è un pizzico di delusione. Mi dica la verità, lasciare in un punto alto era un suo desiderio?

“Sì, non vorrei essere portato via come se fossi un bagaglio ingombrante, o finire a giocare da qualsiasi parte pur di dire di esserci ancora. È stata una stagione in cui ho dato molto e nella quale io e Sottile, che ha annunciato il suo addio a 46 anni, abbiamo dimostrato che si può ancora fare delle belle stagioni, cercando di lasciare qualcosa anche ai più giovani. Mi piacerebbe proseguire nel lavoro con molti di quelli che ho incontrato in questi anni”.

foto Instagram @simonetiberti

Non siamo pronti a vederla con le scarpe appese al chiodo, lo capisce.

“(ride n.d.r.) Ma forse nemmeno io, anche la mia compagna mi dice che se non sono pronto, è giusto che continui. Poi una parte di me pensa che dedicarsi ai bimbi o a lei a tempo pieno o semplicemente avendo molto più tempo libero, è la cosa più giusta da fare”.

Facciamo così. Mi lascia scrivere che lei ha il telefono acceso ed è pronto ad ascoltare chiunque voglia offrirle un progetto?

“Lo scriva, va bene. In fondo è una storia di cui anche io voglio scrivere ancora delle pagine”.

Di Roberto Zucca
(©Riproduzione riservata)