Salvatore Rossini: "Modena aveva fatto la storia, noi siamo riusciti a scrivere quella recente"

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Di Redazione

È la notizia della settimana, quella che i tifosi canarini non avrebbero mai sperato di ricevere.

Dopo sei anni Salvatore Rossini lascia Modena e, intervistato da Alessandro Trebbi de “Il Resto del Carlino Modena” sintetizza così questo addio difficile: “Un viaggio meraviglioso che si è concluso col più insolito dei finali. Però sono riuscito a metabolizzare questo distacco”.

Il libero laziale racconta alla testata emiliana i ricordi, i successi e la crescita che lo hanno visto diventare in breve tempo uno dei migliori interpreti del suo ruolo a livello internazionale rimarranno però per sempre indelebili e legati a Modena.

Sarebbe rimasto? «Non so, è una scelta che ho subito. Ma la decisione di dove continuare la mia avventura da professionista mi rende felicissimo e mi permette di giocare ancora per vincere».

Che ricordo ha del suo arrivo in gialloblù? «lo e mia moglie ci eravamo sposati al sabato, la domenica ci siamo messi in macchina e siamo venuti a Modena: una luna di miele sotto la Ghirlandina. Un viaggio carico di emozioni».

C’è un momento che le è rimasto impresso? «Verrebbe scontato pensare a una linea divisoria: pre triplete e post triplete. Ma il ricordo più bello è quello di un pranzo da Ermes. Avevamo appena vinto la Coppa Italia nel 2015, un signore che si chiamava Romano ci venne incontro e si commosse ringraziandoci per la nostra vittoria».

Che emozione è stata vestire quella casacca per sei anni? «Tutti mi dicevano che vestire la maglia di Modena non è semplice: grandi campioni avevano sofferto in una piazza abituata a vincere ma che non vinceva più. Ma sapevo che se la gente di Modena cercava l’impegno e il sudore con me poteva nascere qualcosa di speciale».

E così è stato? «Sì. Ho ben presente i momenti difficili ma soprattutto le grandi gioie passate con questa maglia. E assieme a loro una marea di affetti nuovi, in città e in campo: Bruno, Earvin, solo per fare un esempio, Holt idem».

Si aspettava di vincere così tanto? «No. Modena aveva fatto la storia, noi siamo riusciti a scrivere quella recente: e se Modena è di nuovo al banchetto delle grandi è grazie alla nostra squadra e a questa società. Non mi sarei mai immaginato di rimanere così a lungo quando arrivai qui».

Ma ha un piccolo rammarico… «Speravo di andar via avendo vinto un trofeo in più delle stagioni giocate, dovrò dire che sono rimasto cinque anni e mezzo».

Due anni senza trofei: questo col coronavirus e quello con Stoytchev… «La stagione con Rado forse quella più difficile. Più di qualcuno si è fatto ingannare, per come la vedevamo noi. Partendo dal presupposto che noi non avremmo mai voluto il male della nostra squadra e di Modena, tutti abbiamo fatto di tutto per vincere: ma non avevamo chi ci metteva nelle condizioni di farlo».

Triste che sia mancato un omaggio del PalaPanini? «Il mio sogno sarebbe stato quello di salutare Modena con una vittoria: come ha fatto Lucas, per dirne uno. Ma poteva capitare anche come è stato per Earvin, una partita persa, più di qualche magone e un saluto condizionato da emozioni contrastanti. Se uno vuol vedere le cose in maniera materiale, non ho sentito gli applausi, ma nella sostanza ho ricevuto una dimostrazione di affetto sincera e inimmaginabile. Spero che ci sarà un giorno la partita in cui giocherò col PalaPanini pieno».

Il più forte con cui ha giocato? «Tra Bruno e Ngapeth onestamente non saprei scegliere, a livello di mentalità se dovessi dare un consiglio a mio figlio è quello di ispirarsi a Bruno. I due migliori allenatori invece Lorenzetti e Giani».

Se a maggio si dovesse ripartire si allenerà? «Gli staff tecnici sono a disposizione nel caso in cui ci si possa tornare ad allenare e io lo farò senz’altro. Se con Modena o con la nuova società però ancora non lo so». 

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