Nuove categorie Under per il ritorno in campo. Manù Benelli: "Difficile non essere d’accordo"

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Di Eugenio Peralta

Il progetto è nato già da qualche settimana, non appena scattata la sospensione dell’attività: spostare di un anno le categorie dei campionati giovanili, tornando cioè agli “anni dispari” (Under 13, 15, 17 e 19, mantenendo però anche la categoria Under 14). L’obiettivo primario è permettere a squadre e giocatori di non perdere un’annata pesantemente condizionata dall’emergenza coronavirus, ma l’iniziativa guarda anche più in là, proponendo una riforma che copra almeno il prossimo quadriennio.

Il “tam tam” tra le società ha funzionato alla grande, trasformando l’intuizione iniziale in una proposta più strutturata: venerdì scorso oltre 60 rappresentanti del Vero Volley Network si sono riuniti in videochiamata per discuterne, dopo un’articolata fase di studio e di analisi, e lo stesso progetto è circolato anche tra i club dell’Anderlini Network. L’obiettivo è raccogliere idee e spunti di riflessione per presentare la versione definitiva del progetto alla Federazione Italiana Pallavolo.

Per riassumere i capisaldi di questo progetto e i suoi possibili risvolti positivi per le prossime stagioni, abbiamo intervistato una delle sostenitrici della riforma: Manù Benelli, leggendaria campionessa azzurra e oggi responsabile dell’ASD Volley Academy, una società specializzata nella pallavolo giovanile.

Iniziamo dalle basi: perché sarebbe giusto tornare alle categorie “dispari”?

La premessa di tutto questo è sicuramente la situazione creatasi in seguito all’emergenza coronavirus, che di fatto ha rubato un anno agli atleti e agli allenatori. C’è voglia di dare un’altra possibilità ai giocatori, ai progetti e alle squadre che lavoravano già da qualche anno per programmare questa stagione. Ma non è solo questo“.

E cos’altro, allora?

Ci sono tanti aspetti. Quello psicologico: la maturità oggi arriva più tardi, far lavorare i giovani per un anno in più ha dei benefici. Quello tecnico: avere un biennio di margine tra Under 13 e Under 15 permette di programmare meglio la crescita dei giocatori”.

Un altro tema molto sollevato è quello della scuola: i ragazzi oggi chiudono la loro esperienza a livello Under a 18 anni, un anno prima dell’esame di maturità.

È un aspetto importantissimo: le categorie dispari fanno andare di pari passo il percorso nel settore giovanile con quello della scuola. Tante famiglie, giustamente, danno la priorità all’istruzione e l’idea di dover cambiare squadra, e magari trasferirsi, prima dell’ultimo anno delle superiori non è mai piaciuta a nessuno“.

L’obiezione più diffusa riguarda il settore femminile: si pensa che le ragazze di 18-19 anni siano già “pronte” per categorie superiori.

Chi sostiene questo dovrebbe portare numeri che dimostrano quante ragazze di quell’età sono in Serie A e giocano con continuità. Sono molto poche, purtroppo. Quindi non c’è necessità di accorciare i tempi: anzi, sono convinta che sarebbe un vantaggio per le tante squadre che oggi schierano l’Under 18 nei campionati nazionali e provinciali, e rischiano di perdere regolarmente. Con un anno in più potrebbero giocarsela molto meglio, il che aiuterebbe molto la crescita delle giocatrici“.

In passato questo tipo di riforma è già stato tentato parecchie volte. Che prospettive ha un nuovo cambiamento?

Be’, innanzitutto serve almeno un quadriennio per capirne la valenza. Non ha senso pensare a una riforma di breve respiro. Nel femminile poi, che io ricordi, si è cambiato una volta sola e oggi nessuno saprebbe dire perché si è tornati indietro… Cambiare le categorie servirebbe anche a riallinearsi con le selezioni regionali. Io, francamente, ci vedo solo cose positive”.

Che feedback ha avuto dagli altri “addetti ai lavori”?

Ne ho parlato con molti colleghi, a tutti i livelli, faccio fatica a trovare qualcuno che non sia d’accordo! Qualche aggiustamento ci può essere sui dettagli: inizialmente ad esempio si pensava all’eliminazione dell’Under 14, che invece è stata reinserita nella proposta finale. Io sono d’accordo: questo permetterebbe a chi ha un parco giocatrici più ampio di strutturare un percorso personalizzato per ciascuna di loro, in base alla rispettiva maturazione“.

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