Matteo Piano: "Ho avuto paura, ma in questi mesi ho scoperto una forza interiore incredibile"

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Di Redazione

È tornato in campo dopo 224 giorni di stop, e non poteva essere un “esordio” migliore per Matteo Piano, capitano della Revivre Milano. Una degenza difficile per il centrale piemontese, come raccontato lui stesso ai microfoni della “Gazzetta dello Sport”.

«Magari mi fossi sentito così qualche anno fa». la risposta di Matteo Piano alla domanda “come stai”. E come dargli torto? Il centrale della Revivre Axopower Milano è rientrato domenica contro la Kioene Padova dopo 224 giorni dall’infortunio al tendine d’Achille. Andrea Giani l’ha buttato nella mischia dopo aver perso il 1° set e Piano ha fatto magie: 11 punti, 4 muri e 2 ace. Ribaltando la squadra e il risultato fino al 3-1 finale, regalando a Milano la riscossa.

Quando Piano, 28 anni compiuti mercoledì, non sta alla grande atleticamente, ma… «Ma in questi mesi ho scoperto una forza interiore incredibile: ho trovato la mia identità. L’avessi avuta agli inizi di carriera… ».

Con medaglie pesanti al collo, una carriera da top player, l’impegno con la web-radio dell’associazione culturale Brodo di Becchi… Una vita intensa… «Non avrei saputo vivere solo allenandomi e giocando. Mi alimento così, tra un muro e un podcast per “Brodo di Becchi”, tra una schiacciata e il sogno di esplorare il mondo. Ho trovato l’equilibrio perfetto nella mia vita. Diciamo che il vero Matteo è questo. Posso dire di essere un uomo felice».

Tutto merito dei “Becchi”? «I compagni, la società e gli allenatori mi hanno regalato tanto affetto, ma è stata tutta la mia “seconda vita” a completarmi. Le cose fuori dal campo, le persone, la web-radio e i camp. Questi sono stati e restano i miei obiettivi, oltre alla stagione con Milano. È chiaro che voglio giocare e vincere. Ma la vittoria in campo è una cosa, nella vita c’è tanto altro».

Intanto domenica è arrivata la vittoria su Padova. «Tornare è stato stupendo. Ho fatto un percorso lungo e a tratti buio, ma l’ho vissuto con consapevolezza e maturità. Mi sono allenato tanto, poi è salita una voglia matta di campo e ho accelerato i tempi. Non sapevo cosa aspettarmi. Volevo giocare ed è successo l’incredibile».

Oltre alla Kioene, ha battuto anche la sfortuna. «Già. Lo scorso anno è stato fantastico, poi però è arrivato il crac al tendine d’Achille, mi ero già operato altre volte e sapevo cosa avrebbe potuto pensare la gente. La Revivre mi ha riconfermato ed è stato importante. Ma ho avuto paura».

Di non tornare più a giocare? «Beh, l’operazione alla schiena non l’ho vissuta male psicologicamente. Il piede invece lo usi di continuo, cammini, corri: stare un mese fermo mi ha spaventato. Ho perso la quotidianità, se potevo evitare di fare le scale lo facevo. Una situazione che mentalmente è stata devastante. Sono stato fuori quasi un anno e temevo di non tornare quello di prima».

Il mondo fuori ha avuto un ruolo decisivo nella vita in campo. E quello sportivo cosa le ha dato? «La pallavolo ha influito nella vita di tutti i giorni, anche in Brodo di Becchi. Ora io e Luca (Vettori, con cui ha creato la web-radio, n.d.r.) siamo più consapevole, abbiamo capito che possiamo comunicare e lavorare sulle nostre cose anche grazie a esperienze e insegnamenti vissuti nel nostro mondo».

Però al microfono ancora non si parla di pallavolo. «A volte tendiamo a fare delle cose che non ci competono, per questo non mi metto a raccontare la pallavolo. Però abbiamo trovato delle “questioni di volley” di cui parlare».

Per esempio? «Il lavoro con i ragazzi nei camp estivi. È speciale, mi ha dato tanta felicità e sensazioni belle che voglio trasmettere».

Uno spazio lo troveranno le azzurre argento al Mondiale? «Certo: un meraviglioso esempio di semplicità e bellezza».

Un esempio che però qualcuno non ha capito fino in fondo… «Ho sentito le storie sul colore della pelle o di quella strana pubblicità. Mi fa tristezza, perché certe cose sembrano non voler cambiare. Manca dell’umanità, in Italia e nel mondo. E non la si impara su un libro o sullo smartphone, ma occhi negli occhi con le persone, vivendole per quello che sono e non per quello che appaiono».

Con Brodo di Becchi vi è capitato di sentirvi “diversi”? «Siamo stati fortunati, nessuno ci ha mai attaccati sui social, hanno accettato chi siamo. Io sono così e se non va bene è così lo stesso. Il mondo dovrebbe essere più semplice».

È questo il suo sogno? «Anche. Mi piacerebbe anche scoprire paesi nuovi, far crescere Brodo di Becchi, avere un programma in una radio, creare camp che uniscano la pallavolo e la cultura a 360 gradi».

E soffiando le candeline cos’ha chiesto? «Niente più infortuni e un’altra vittoria importante, magari uno scudetto con Milano. Sarebbe fantastico».

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