Matteo Piano: "L’Olimpiade nella sua sacralità può essere posticipata, il diritto alla salute e alla vita no"

DATA PUBBLICAZIONE
TEMPO DI LETTURA
più di 5 minuti
SHARE
SHARE
TEMPO DI LETTURA
più di 5 minuti

Di Redazione

Prima la sospensione del campionato a livello nazionale, seguita dalla scelta di molti altri sport, oltre che nazioni, di fermarsi per mettere al primo posto la salute.

Ieri la notizia, per molti versi quasi necessaria ed aspettata da molti, del rinvio ufficiale dei Giochi Olimpici di Tokyo 2020 al 2021. Perché oggi, a salire sul gradino più alto del podio, è la tutela della salute di tutti con l’obiettivo comune di sconfiggere il coronavirus.

A parlare della situazione – ed in particolare della notizia del rinvio delle Olimpiadi – è Matteo Piano. Il capitano dell’Allianz Powervolley affronta il tema Tokyo2020 con un pensiero affidato al proprio profilo instagram: “L’Olimpiade è l’evento che più dì qualsiasi altro riunisce il mondo intero, è la manifestazione simbolo di tutti i continenti, che li raggruppa, che ci avvicina. L’Olimpiade appartiene a tutti, sportivi e non. L’Olimpiade si sogna, e ci si prepara a questo sogno giorno per giorno. L’Olimpiade è l’esplosione dello Sport ed in quanto tale è simbolica, lo sport deve battersi per farsi simbolo e veicolo sano di messaggi.

Per questo credo per il mondo, per quello che stiamo vivendo in tutti i paesi, sia doveroso spostare il sogno, posticiparlo. Perché ora il sogno più grande che dobbiamo condividere con ancora più forza è quello che questa situazione di emergenza dettata da questa pandemia finisca; questo è il nostro più grande sogno da tenerci nei cuori da sportivi e soprattutto da umani. L’Olimpiade nella sua sacralità può essere posticipata, il diritto alla salute e alla Vita quello no, per quello bisogna agire e combattere, schiacciare, tirare, colpire affinché venga sempre prima di qualsiasi altra cosa. Tokyo 2021, Banzai”.

https://www.facebook.com/Teuzzzo/photos/a.1136579709704465/3412651248763955/?type=3&theater

Parole chiare che esprimono un pensiero profondo di uno sportivo che, prima di essere tale, è soprattutto uomo. «Ora non è un periodo ottimale per me – racconta sul sito metropolitanmagazine.it –, poiché questo periodo di quarantena ha interrotto anche il mio lineare percorso di ripresa in palestra. So che la priorità adesso è la salute della collettività e quindi, essendoci a Milano una situazione delicatissima da ormai un mese, ora devo stare a casa, tenere allenato il fisico e il ginocchio, per quanto possibile, ma più la cosa più importante è prepararmi per essere al cento per cento con le energie e la mente per quando potrò tornare in palestra ad allenarmi».

Il momento attuale offre la possibilità di riflettere e ricordare: Matteo torna così all’inizio della stagione, così decisamente lontano dopo le ultime notizie, che non lo ha visto protagonista in campo a causa dell’infortunio: «Sicuramente è stato difficile, due partite a settimana viste e vissute da fuori sono state troppe per me, per così tanto tempo. Non mi sono mai abituato a questo. Spesso arrivavo alla domenica senza la gioia e lo sfogo bello e potente che ti dà il gioco. Le emozioni e la partecipazione, però, ci sono sempre state: le ho vissute tutti i giorni dell’anno grazie alla mia squadra con cui ho tutti condiviso i minuti all’interno del palazzetto e anche tanto tempo fuori. I compagni mi hanno sempre cercato, coinvolto e chiesto qualsiasi cosa ci fosse da fare o di cui avessero bisogno. Mi hanno fatto sentire vivo e presente dagli inizi ad ora».

Una squadra che spera di potersi rivedere presto e tornare ad una quotidianità ed ordinarietà che avranno, ma anche una squadra che in questa stagione ha affrontato numerose sfide: «Siamo stati una grandissima squadra. Abbiamo affrontato un anno colmo di difficoltà capitate tutte insieme. È vero che con gli imprevisti bisogna saperci lavorare, ma obiettivamente, a noi di Milano, ne sono capitati tanti e tutti assieme, ed è qualcosa che non capita e a cui si fa anche fatica a prepararsi».

Ora però l’obiettivo è comune per tutti, una partita da giocare tutti insieme: tornare ad abbracciarsi vuol dire aver stoppato il COVID19.

(Fonte: comunicato stampa)

CONDIVIDI SUI SOCIAL

Facebook

ULTIMI

ARTICOLI