Marsala: tra poco la Sigel in campo contro Trento

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Di Redazione

Voglia di rivalsa in casa siciliana.

Ancora un avversario ostico sul cammino della Sigel Marsala verso l’auspicata risalita in classifica: sarà infatti la Delta Informatica Trentino, quarta forza del campionato, a contendere alle azzurre quei punti utili agli intenti prefissati.

La gara inizierà al PalaBellina, come sempre, alle ore 17.

La Sigel arriva dalla sconfitta di Brescia, giunta al termine di un match che, a un certo punto, era sembrato anche poter assumere significati diversi.

Una gara che ha ancora una volta dimostrato come Merteki e compagne siano capaci di giocarsela con tutte. E come, con un pizzico di buona sorte e di una svolta diversa nel finale delle singole frazioni, avrebbero potuto ottenere qualche punto in più per rendere meno preoccupante la situazione in graduatoria.

Una compagine, quella di coach Nicola Negri, che lo scorso anno ha allenato prima in Romania (CSM Bucuresti) e poi in Slovenia (Calcit Ljubljana), costruita sicuramente per ottenere risultati di prestigio.  Grazie a un roster di grande esperienza, con la presenza anche di giovani e interessanti atlete. Nella scorsa giornata le trentine hanno strapazzato la Bartoccini Perugia, diretta concorrente della Sigel nella lotta per la salvezza, con un secco 3-0 (25-17/2519/25-20).

Tra le più navigate giocatrici gialloblù sicuramente la nazionale greca Eleni Kiosi, opposto del 1985, che vanta già alcuni campionati di A2 in Italia – My Cicero Pesaro lo scorso anno, ma prima Filottrano e Olbia. Un’atleta con trascorsi anche in Francia – Terville Foc e Traxones Alimou – e naturalmente in Grecia – Olimpiakos, Iraklis Thessaloníki e Saak Anatolia.

L’altra straniera è la schiacciatrice ungherese Bernadett Dekany, nata nel 1992,che arriva dalla Saugella Monza, lo scorso anno promossa in A1. Anche per lei tante presenze nel nostro campionato – Aversa, Sala Consilina, Pesaro. In palleggio la siracusana Elisa Moncada, classe 1987, al suo secondo anno in casacca gialloblù, dopo aver giocato per due stagioni nella Golem Palmi. Cresciuta a Siracusa, ha giocato anche in B1 ad Agrigento, ma soprattutto sempre in A2 con Soverato, Terre Verdiane e Giaveno.

Le centrali rispondono al nome di Silvia Fondriest, nata a Rovereto nel 1988, cresciuta tra Vicenza e Verona, anche lei al secondo anno alla Delta, dopo la A1 di Busto Arsizio. E Gaia Moretto, classe 1994, arrivata dalla Battistelli San Giovanni in Marignano, dopo le due stagioni alla Beng Rovigo, sempre in A2. Le altre schiacciatrici sono Ilenia Moro, giovanissima, nata nel 1999, cresciuta nel Padova Volley Project. E Alessia Fiesoli, classe 1994, arrivata dalla Francia, precisamente dal Paris St.Cloud, dopo aver giocato a Piacenza (A2) e Snoopy Pesaro (B1).Nel ruolo di libero è l’espertissima Carolina Zardo, classe 1992

Nonostante l’età é al terzo campionato consecutivo in gialloblù, dopo gli anni di Rovigo (A2), ma soprattutto dopo i tanti tornei di A1 a Forlì e soprattutto all’Asystel Novara. Completano il roster l’altra palleggiatrice Roberta Carraro, 1998; la centrale Rebeca Fucka, classe 1999; le schiacciatrici Ilaria Antonucci, classe 1987, e Francesca Michieletto, classe 1997.

(Fonte: comunicato stampa)

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Falaschi Week, Capitolo 1: lo studio della tecnica è diventata merce rara

Interviste

In questo primo capitolo della Falaschi Week affrontiamo con Marco un tema di strettissima attualità che, complici anche alcune scelte di mercato, ha sollevato un dibattito importante nella comunità pallavolistica, ovvero quello legato agli allenatori. Parleremo anche di metodologie di allenamento, ma sempre in relazione a queste due macro categorie, queste due scuole di pensiero: quella degli allenatori gestori e quella degli allenatori tecnici.

Quali sono le differenze sostanziali?

“I gestori, lo dice la parola stessa, sono più bravi a gestire un gruppo, a gestire elementi e casi particolari, e mettono un po’ la tecnica in secondo piano. Ci perdono poco tempo insomma, sono più improntati a fare tanti sei contro sei in allenamento. I tecnici sostanzialmente sono quelli che prendono un giocatore e lo portano a un livello superiore. I primi allenano il gruppo, i secondi allenano differentemente ogni singolo giocatore. Oggi le squadre, soprattutto quelle di vertice, sono orientate a scegliere di solito i gestori mentre i giocatori, ovviamente, vorrebbero migliorarsi e quindi lavorare con chi predilige di più la tecnica”.

Come mai si scelgono di più i gestori rispetto ai tecnici?

“La risposta è facile, il tempo di allenare la tecnica non ce l’hai. I top team tra coppe e campionato giocano di fatto ogni tre giorni. Senza dimenticare che a inizio stagione non lavorano mai con i nazionali perché gli arrivano a ridosso dell’inizio del campionato. È per questo motivo che tante volte i tecnici vengono scelti da squadre da metà classifica in giù, perché hanno di solito tutta la settimana per lavorare e perché le società medio-piccole, diciamo così, hanno anche più interesse nel valorizzare e far crescere i giovani in rosa in chiave mercato”.

Eppure la tecnica sarebbe importante anche, se non soprattutto, per i top team e i top players.

“È verissimo. Io ti dico che tanti giocatori, tanti giovani, hanno sempre i loro momenti di difficoltà, ma, come mi ricordava sempre il mio maestro (di chi si tratta lo sveleremo in un prossimo capitolo), nei momenti di difficoltà tu vai a rifugiarti nelle cose tecniche. Quindi la cosa tecnica ti fa fare la cosa giusta, o più adatta, in quel determinato momento”. 

Un esempio pratico?

“Faccio l’esempio del palleggio. Se c’è un momento nell’arco della stagione che ad esempio il palleggiatore non riesce bene a servire in posto 4, vai a ripensare alle cose corrette che devi fare per palleggiare bene in quattro: allora pensi che i piedi li devi mettere così, le mani le devi mettere colà e così via. Spesso questa cosa qui è un po’ sottovalutata”.

In che senso?

“La tecnica è fondamentale anche negli allenamenti. Purtroppo invece si allena spesso la fase a punteggio e, ad esempio, il muro nella fase di gioco. Anche la stessa fase del muro ha bisogno però di una fase tecnica, perché se io vedo delle situazioni che non vanno, ad esempio prendo mani fuori o la palla si insacca, significa che c’è un problema tecnico. Di conseguenza bisogna andarlo a sviscerare quel problema tecnico e in allenamento devi lavorarci sopra, ma devi farlo tecnicamente. Molto, troppo spesso, invece, si pensa solo alla fase del gioco e si finisce col fare sempre sei contro sei”.

La ricezione è sempre una nota dolente per tante squadre e tanti giocatori. Per quella che è la tua esperienza, qual è il segreto per migliorare in questo fondamentale?

“Una cosa che io, personalmente, reputo sia sbagliata è quando si predilige troppo la quantità. Mettere da una parte giocatori che fanno quaranta, cinquanta battute, e dall’altro lato del campo gente che sta li a cercare di fare ricezioni positive, non aiuta a migliorare la qualità della ricezione. L’obiettivo non deve essere quello di cambiare posizione in ricezione dopo che arrivi a farne dieci giuste, perché magari per farne dieci giuste te ne hanno dovute battere trenta se non di più. L’obiettivo dovrebbe essere, non so, 6 su 10, 7 su 10. Lavorare individualmente e sulla tecnica, in questo caso della ricezione, significa che l’allenatore si deve mettere dietro al giocatore in questione e a ogni palla che sbaglia gli deve spiegare perché l’ha sbagliata”.

Forse si da per scontato che queste siano cose già apprese negli anni delle giovanili e che in Superlega non ci sia più la necessità di spiegarle o di lavorarci su.

“Sbagliatissimo, è proprio qui, a questi livelli che serve di più lavorare sulla tecnica. Ovvio che la tecnica è la stessa, il modo di mettere giù i piedi è lo stesso, le spalle, le braccia, ma bisogna tener conto che qui cambia la velocità della palla, quindi la tecnica deve essere correlata alla velocità della palla. Se non alleni la qualità, non costruisci le tue certezze. Se non hai certezze, che senso ha lavorare sulla quantità?”.

Lavorare così sulla tecnica forse richiede anche un maggior grado di disponibilità e sacrificio.

“Indubbiamente, bisogna essere disposti anche a rompersi le scatole a guardare i video, a cercare i dettagli, a cercare di trovare l’esercizio giusto per far fare le cose per bene. Questo perché non tutti gli esercizi vanno bene per tutti i giocatori. Ci vuole la pazienza e anche l’abilità di capire cosa è giusto per migliorare questo o quel giocatore in questo o quel fondamentale”.

Un altro fondamentale che sta diventato sempre più protagonista nella pallavolo moderna è quello della battuta. Quando entra va tutto bene, ma quando non entra vediamo squadre e giocatori che si incaponiscono senza trovare soluzioni o fare variazioni. Come mai?

“Anche quella è una cosa che va allenata, il problema è che in tanti lo fanno battendo a tutto braccio, solitamente in posto uno. Ma se batti a 120 km/h in posto uno e lì trovi il libero che te la riceve, a cosa ti serve battere così forte? Forse se in uno c’è il libero sarebbe meglio battere anche a 90 km/h, ma in posto cinque su un ricettore meno bravo. Ma quanti lo sanno fare? E perché non lo sanno fare? Perché evidentemente in allenamento non si fa quel tipo di lavoro, quella ricerca delle variazioni. Se non ci provi mai, non imparerai mai a farlo”.

Adesso capiamo perché tanti tuoi colleghi, al termine di ogni stagione, invece di chiederti dove andrai a giocare ti chiedono dove andrai ad allenare...

"Ahahahah, no dai, questo non scriverlo".

Ops.

Intervista di Giuliano Bindoni
(©Riproduzione riservata)