Marcello Abbondanza dalla Turchia: “Ci stiamo allenando ma la testa non è più con noi. Spero si possa seguire l’esempio italiano”

DATA PUBBLICAZIONE
TEMPO DI LETTURA
più di 5 minuti
SHARE
SHARE
TEMPO DI LETTURA
più di 5 minuti

Di Redazione

Da Bergamo alla Turchia. Marcello Abbondanza, dopo aver salutato la Zanetti è voltato ad Istanbul e ora si prepara a disputare i playoff in un clima surreale, come il coach romagnolo ha dichiarato nell’intervista rilasciata al “Corriere di Bologna”. Ma la situazione sta pian piano peggiorando anche in Turchia con le squadre che iniziano ad avere paura del Coronavirus. Quasi tutti i campionati sono stati sospesi o annullati, mentre lì si continua a giocare.

Lo sport si è fermato quasi in tutto il mondo, ma qualcuno va avanti: è il caso della Turchia, dove il romagnolo Marcello Abbondanza allena il Turk Hava Yollari (A1 volley femminile). Com’è la situazione lì? «Non è facile, soprattutto nell’ultima settimana la percezione è notevolmente cambiata. Qui a lungo sembrava di vivere un mondo finto: io ero in contatto con la mia famiglia a Cesenatico, spiegare la situazione a mia moglie, che è turca, è stato un po’ surreale. Non era un problema vissuto come da noi italiani: dalla sera alla mattina, poi, i media anche qui hanno iniziato a parlare del virus ed è cambiato tutto. Le ragazze erano tutte baci e abbracci, ora non si danno più la mano: ci stiamo allenando ma il cervello non è più con noi».

Come ha affrontato il tema con le sue giocatrici? «Abbiamo fatto una riunione, ognuna ha espresso le proprie sensazioni. C’è preoccupazione, specie tra le straniere: un’americana non sapeva come fare, anche perché la Federazione americana ha mandato una mail richiamando in patria solo le ragazze di interesse nazionale. Non ho capito la differenza: il contagio è un rischio per tutti. Il campionato prosegue, a porte chiuse: qui in Turchia non c’è quarantena, solo ora stanno chiudendo le palestre e qualche ristorante. Istanbul è una città caotica, ma negli ultimi 7 anni non l’ho mai vista così: da quando si parla del virus il traffico è molto calato, così come la gente in giro».

Negli sport che sono stati fermati ci sono state positività. Vi sentite a rischio? «I contatti ci sono, anche con l’esterno. Il virus può anche viaggiare sul pallone, si può starnutire o ci si può asciugare il sudore: la differenza è che qui al momento non vengono fatti tamponi sugli atleti. Stiamo preparando i playoff in un’atmosfera surreale: ora l’ultima cosa che conta è giocare».

Sabato il Thy inizia i playoff contro il Fenerbahce. Dopo quattro campionati vinti e nove finali scudetto in quattro nazioni diverse, per lei saranno i più strani? «Spero sempre arrivi la notizia dello stop, in Turchia anche il calcio ha protestato e Fatih Terim ha detto che non si può giocare in queste condizioni. Tre giorni fa qui c’erano due casi, oggi sono 50 ma non ci sono state ancora vittime e questo non fa cogliere il problema: spero si possa seguire l’esempio italiano. Sono un uomo di sport, lo sport è la mia vita perché mi ha dato un lavoro e tutte le sensazioni del mondo ma va fermato: una stagione non cambia la vita di qualcuno, questo virus sì».

CONDIVIDI SUI SOCIAL

Facebook

ULTIMI

ARTICOLI