Le Storie di Benzi: le scarpe di Zaytsev e un assurdo sgambetto della Fipav

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Di Redazione

Torno sulla questione che riguarda Zaytsev e le sue scarpe. Io capisco che la Federazione per motivi di budget sia pronta a vendere qualsiasi spazio disponibile che riguarda i giocatori e la squadra: dalla maglia alle portiere del pullmann, dalla tuta alle borracce. Ma ci vuole buon senso e qui invece si sta rimediando una brutta figura di quelle davvero pesanti. Ma come, arriviamo da una delle peggiori World League nella storia della nostra nazionale e l’unica cosa che è riuscita a produrre la federazione è una polemica su un articolo del tutto legittimo che riguarda il compenso del CT Blengini (la Fipav farebbe bene a ricordare che uno dei suoi primi mandati riguarda la trasparenza e se non si vuole vedere pubblicato quello che non ti va che venga letto faresti meglio a rendere tu pubbliche determinate informazioni) e l’allontanamento del nostro giocatore migliore e più rappresentativo dalla Nazionale alla vigilia degli Europei? Intendiamoci, poteva essere un altro, chiunque: sarebbe stato comunque sbagliato e sarebbe comunque una brutta figura.

Esiste una legge non scritta, ma sempre mutuabile dal buon senso di cui sopra, che consente ai giocatori di mantenere propri spazi di marketing soprattutto se legati alla prestazione sportiva. I calciatori hanno le loro scarpe, customizzate e prodotte da marchi ben noti. I  calciatori forti ci guadagnano milioni di euro, i dilettanti sono fortunati se hanno un paio di scarpe gratis all’anno. Gli sciatori hanno i loro sci, attacchi e scarponi e la federazione non potrebbe mai imporre materiali propri: il tecnico della nazionale lavora insieme agli attrezzisti delle case per ottenere la miglior prestazione. I ciclisti ormai corrono su mezzi all’avanguardia forniti dal team: ma ogni ciclista ha le sue scarpe, qualcuno ha anche il caschetto personalizzato, tutti hanno occhiali firmati dal loro provider.

Io non so e non capisco perché per la Nazionale sia così fondamentale avere tutti i giocatori con la stessa calzatura. E se questa cosa è un problema oggettivo, per via di plantari o necessità tecniche dell’atleta, si fa quello che accade su molti campi: il marchio che compare sui lati della scarpa fuori contratto viene coperto con dello scotch.

Io la trovo una roba orrenda: faccio un esempio di altro genere… al Festival di Sanremo c’è l’abitudine di coprire con una striscia di scotch nero la scritta del produttore sul manico di chitarre leggendarie. I Muse, nel 2013, stavano per firmare il contratto per suonare come superospiti: quando vennero informati della questione risposero ‘no grazie’. “Le chitarre e i liutai che le producono fanno parte del patrimonio artistico di una band” rispose Matt Bellamy, cantante e chitarrista della band.

Sempre a Sanremo i Placebo nel 2001 vengono informati solo all’ultimo momento che la loro performance avverrà in playback e con i marchi dei loro strumenti coperti dallo scotch. Brian Molko non la prese bene: completò la sua “Special K”, canzone che parla di una forma di disintossicazione dall’amore con una cura a base di ketamina, per poi sfondare i suoi monitor di palco  con la chitarra. Quindi si pone al centro della scena con uno sguardo di sfida al pubblico che ululava per andarsene dopo un gestaccio. Perché queste dieci righe di digressione musicale? Perché se chiami un artista e gli dai il tuo palco non puoi dettare condizioni: si chiama libertà di espressione. Io scrivo qui e lo faccio liberamente: non fossi libero non scriverei o coglierei la prima occasione per dire pubblicamente che qui non c’è libertà. Un atleta non è un artista: ma è sacrosanto che venga messo nelle condizioni di esprimere il meglio di sé. Non ho mai visto un giocatore dire “io con quello sponsor sulla maglia non gioco”: benissimo, non giocare è un tuo diritto, c’è la rescissione del contratto e lo sponsor è un patrimonio del club. Sulle scarpe… beh, andiamo decisamente più sul personale e sull’agonistico.

Andiamo… stiamo parlando di un paio di scarpe: alla Fipav sta più a cuore un contratto commerciale che il suo rapporto con il proprio miglior atleta? Beh, è una bella tristezza: intanto perché la Fipav di soldi sulla nazionale ne guadagna già molti e poi perché la squadra, con ogni suo singolo atleta individualmente, dovrebbe venire prima di tutto.

Nelle cose occorre buon senso: oppure si può usare la logica della mazza ferrata ma non è un vantaggio per nessuno, per la squadra, per i giocatori e soprattutto per la Fipav che in due sole settimane è riuscita a perdere non pochi punti di credibilità. Unico aspetto positivo: fare peggio di così da qui in futuro sarà difficile. Il margine di miglioramento è ampio.

Chissà il signor K che produce ovetti e squisite merendine al cioccolato che ne pensa… stavolta la sorpresa non è bella nemmeno per lui.

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