L’anno buono di Luca Spirito: "Ho lottato tanto per arrivare qui"

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Di Roberto Zucca

È felicemente arrabbiato da qualche domenica. MVP contro Latina e protagonista della vittoria stellare contro Modena. È l’anno di Luca Spirito. Apparentemente la stagione in cui Luca, 26 anni e alla suo settimo campionato di serie A, è passato dal subire i tempi della pallavolo, ad imporre le certezze del suo gioco, maturato molto negli ultimi dodici mesi:

Mi fa piacere se tutto questo emerge da coloro che mi guardano da fuori. Un punto di vista esterno è importante e io sto cercando di impormi a livello di gioco. Non è semplice, il livello quest’anno si è alzato ulteriormente. Ma voglio dimostrare ogni domenica che quel livello è anche il mio livello”.

Perché è così felicemente arrabbiato, Spirito?

Perché sono anche questo. Ho lottato, e molto, per arrivare dove sono arrivato. E mi piace che venga riconosciuto non solo da me stesso, perché poi sono molto capace di fare autocritica, ma anche dai risultati che vengono portati a casa e nei quali c’è anche il mio contributo”.

Contro Latina è entrato in corsa. E ha fatto forse la sua partita personale più bella della stagione.

Non ero nella lista delle prime scelte e sono partito dalla panchina. E quando Stoytchev mi ha dato l’opportunità di entrare in campo ho semplicemente fatto il mio e ciò che mi richiedeva la gara. È vero, avevo la rabbia agonistica addosso. Ma ho capito nel tempo che questo deve fare parte del mio carattere in campo”.

Sbaglio o ha compiuto un percorso nelle ultime stagioni?

Non sbaglia. Io sono un atleta di sostanza che è arrivato fin qui non certo per il talento, ma per l’impegno messo in campo e fuori dal campo. Non sono stato un Giannelli fin da subito, in grado di imporsi sin da giovane in un mondo più grande di lui, ma ho lavorato per acquistare un ruolo e una consapevolezza che in Superlega sono fondamentali per un regista”.

A livello di allenatori ha provato gestioni diametralmente opposte: concorda?

Ogni allenatore porta con sé un carattere e una personalità di cui un atleta deve fare tesoro. Ho iniziato a Verona col Giangio e ho proseguito a Ravenna con Soli che umanamente e professionalmente mi ha dato molto, e poi a Verona con Grbic. Ora con Stoytchev scopro un nuovo modo di approcciare la pallavolo e la gara. Penso sia una fortuna essere allenato da persone che sono capace di contaminarti”.

Dove può arrivare la Calzedonia Verona?

Lontano. Dipende tutto da noi. Il collettivo è forte, non faccio solo il nome di Boyer che è un giocatore che ci fa fare la differenza. Anche i nuovi elementi si stanno adattando ad un gioco che sta prendendo forma col tempo e con le settimane. Siamo partiti blandi, possiamo dare fastidio a chiunque”.

Proverà a giocare la stagione per un posto in azzurro?

Sarebbe bello, ma voglio giocare per me stesso e per fare bene a Verona. Quello che arriva in più è tutto di guadagnato”.

Cosa è stato in questi anni per lei il beach volley?

La possibilità di avere una seconda pelle. Viaggiando, con gli amici di una vita come Davide Benzi, e facendo una vita da nomadi fatta solo di spiaggia, di sole e di sabbia. Non ho mai pensato di farne un primo lavoro perché alla pallavolo ho dato tutto, ma è un pensiero che porto nel cuore sempre”.

Cosa le ha tolto questo sport?

La possibilità di stare con la mia famiglia, soprattutto nei momenti difficili. Sono andato via di casa a 16 anni, lasciando mio fratello a vivere tutto quello che io non sono riuscito a vivere. Siamo cresciuti entrambi in fretta in due modi e per vicissitudini completamente diverse. Ma mi creda, se potessi tornare indietro, rifarei esattamente tutto quello che ho fatto. I sacrifici sono stati tanti, ma le soddisfazioni della mia vita da giocatore ancora di più”.

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