La grande occasione di Tim Held: “A Perugia per investire sul futuro”

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Tanto tuonò, che arrivò Perugia. Come un bel temporale estivo, nella vita di Tim Held, la Superlega giunge in un momento propizio, quasi a voler essere il premio per quelle lunghe stagioni di calura creata dalle promozioni meritate sul campo e, non ultima, da una finale Play Off persa con la maglia di Bergamo, ma che nessuno si aspettava arrivasse. Ed ora, eccolo qui, uno dei più forti schiacciatori della Serie A2, a giocarsi l’occasione che forse aspettava da quando ha cominciato a ripercorrere le orme di un indimenticabile papà (Henk-Jan Held):

Papà ha giocato qui nel 2004. Quando il direttore sportivo della Sir mi ha contattato è stata una bellissima telefonata, e con papà abbiamo parlato tanto della scelta che mi sarei apprestato ad intraprendere. Essere qui a Perugia è un’opportunità di cui sono felicissimo“.

Per ora formazione ridotta, ma il dream team finirà di formarsi presto. Per cosa si gioca quest’anno?

Il livello sarà altissimo. Significherà entrare in palestra e allenarsi con il meglio del mondo del volley. Il primo anno qui per me sarà un periodo in cui dovrò dare il massimo e non avrò certo la pretesa di giocare come negli anni scorsi. Ma per essere in Superlega il passaggio era obbligato. Arrivare qui è un investimento sul futuro, oltre che un’occasione per crescere. Nella carriera bisogna anche scommettere su determinate stagioni. E qui sono pronto a mettermi fortemente in gioco“.

Tim Held Sir Susa Vim Perugia
Foto Sir Safety Perugia

Con Angelo Lorenzetti. Un maestro.

Ci siamo incrociati nel mio periodo delle giovanili a Modena. Lui era lì e incontrarlo è stato bello. È un tecnico che ha molto da insegnare, e io sono a disposizione perché nel mio piccolo voglio sempre dare una mano“.

Con Perugia è banale parlare di obiettivi: bisogna vincere.

Puntiamo certamente a quello. Tornare a vincere lo Scudetto è sicuramente un traguardo da porsi. Ma le altre competizioni non sono certo da disdegnare“.

Tim Held Italia
Foto Instagram Tim Held

Lei arriva da un’estate di medaglie, ma soprattutto da un periodo azzurro.

Ho fatto praticamente due collegiali e mezzo, poi sono stato inserito nel gruppo che avrebbe dovuto prendere parte alle Universiadi in Cina. È stata un’esperienza molto bella e altrettanto intensa, la prima fatta in un ruolo diverso rispetto a quello in cui gioco. Mi sono infatti messo a disposizione per giocare come opposto perché serviva un cambio ruolo in squadra. A Chengdu sono subentrato nella gara con l’Argentina, ai quarti, e ho dato tutto quello che avevo. È stata una delle gare più belle della competizione. Si è creato un bel gruppo e conquistare la medaglia d’oro è stata una grande soddisfazione“.

Negli anni in cui giocava suo papà esistevano gli universali. Si candida a quel ruolo?

È stata un’esperienza di un’estate. Più che pensare a ricoprire vari ruoli, ho pensato di mettermi a disposizione. In quel momento serviva un giocatore in quel ruolo e ho voluto prendermi le mie responsabilità. È andata bene. La leggerei solo così“.

Tim Held Sir Susa Vim Perugia
Foto Instagram Tim Held

La nostra ultima chiacchierata è stata fatta in un periodo non facile a Bergamo. Mi dica quanto sinceramente è servita una stagione così.

Penso tanto. Gli anni tosti aiutano la testa ad affrontare qualsiasi situazione. Per la mente, un anno come quello appena trascorso è stato un allenamento in più. Non è stato un inizio semplice, ma nonostante tutto abbiamo trovato la forza di andare avanti, superare le difficoltà e trasformare i problemi in opportunità. Centrare la finale contro Vibo, anche se poi non siamo riusciti a vincere la serie, è stato quello per cui ci siamo focalizzati così tanto nella seconda parte di campionato. Potevamo farcela, sia ad arrivare ai Play Off, che a ottenere il pass per la finalissima. È un peccato che una realtà così non ci sia più. Non meritava una fine del genere. Ma, nel volley, i corsi e i ricorsi esistono. Quindi chissà…“.

di Roberto Zucca

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Simone Tiberti esclusivo: “Mi sa che… non sono ancora pronto per smettere di giocare”

Sale in Zucca

Tra le teche di Youtube e sfortunatamente non in quelle Rai, c’è un’intervista di Roberto Pomiato, giornalista dell’allora Pallavolo Padova ad un giovanissimo, capellone, e quasi biondo Simone Tiberti, con un atteggiamento a metà tra il tennista di talento col ciuffo d’ordinanza e il serioso regista che ha sempre interpretato. Da quella serata in cui Padova riuscì a battere la mitologica Quasar Massa sono passati quindici anni. Il tempo va, passano le ore e citazioni a parte, la storia di Simone e del me più narcisista e indiretto protagonista della pallavolo, dice che nelle stagioni a venire è per me stata una grande fortuna crescere con un riferimento come Tiberti, che a 45 anni costituisce ancora un patrimonio di mani e intelligenza della serie A2. Sempre le teche, ma stavolta del canale della Atlantide Pallavolo Brescia, riportano un non troppo silenzioso addio di Tiberti, dopo dieci lunghi anni trascorsi in questa società, ai tucani. Anche in questo caso, sempre facendo riferimento al mio nevrotico narcisismo e anche un po’ alla mia tigna, riascolto l’intervista, leggo qualche sito che parla di un suo addio alla pallavolo e poi faccio quello che per difetto ho già fatto con alcuni suoi amici in passato: alzo il telefono, tallono Tiberti e gli scrivo di ripensarci. 

Viviamo in un’epoca pallavolistica in cui chi ha fatto parte degli esordi della mia generazione comincia a pensare ad altre vite, ai secondi tempi, alla conseguenza del fatto che se hai passato le tue domeniche negli ultimi 25 anni in pullman, in trasferta, a circumnavigare l’Italia, ma soprattutto a ricevere applausi e fischi, abbracci e critiche, ma soprattutto ad essere Tiberti, non possiamo abituarci a dover fare a meno di te in questo ambiente. Soprattutto se, in barba all’anagrafica che ci dice che l’età è solo un numero e che tu hai le stesse mani di quando ne avevi venti, la stessa visione di quando vestivi Gabeca, Vero Volley, Fidia Padova, e la stessa rabbia agonistica che non ti ha abbandonato anche questa stagione, quando hai messo su un gioco meraviglioso con la Gruppo Consoli Sferc Brescia, giocando tre finali su tre (campionato, Coppa Italia e Supercoppa Italiana) e vincendone una, ma splendendo nelle restanti due.

Non è più un’intervista, forse, e mi scuso con voi lettori. È la storia di un convincimento, di una telefonata che porta delle risposte e che dopo oltre 30 minuti mi fa dire che voglio ancora Simone con me, che sia per un’intervista con Volleynews, che sia solo per commentare su whatsapp una sua giocata.

foto @zanardelli_ph

Sono giorni duri, Tiberti, lo so.

“Sono in una montagna russa di emozioni. Dopo dieci anni a Brescia, si è conclusa la mia storia con questa bellissima società. Avrei voluto concluderla con un triplete o quantomeno con la conquista della Superlega che invece è andata meritatamente a Cuneo. Non ho giocato la stagione, pensando che fosse l’ultima, ma sapendo che avremo potuto raggiungere tanti bei traguardi. Abbiamo conquistato la Coppa Italia, mentre resta l’amaro in bocca per la Supercoppa, dove la differenza l’hanno fatta la battuta e la ricezione, che invece Cuneo ha sfruttato, giocando da prima della classe. Poi c’è stata la dichiarazione sulla mia ultima partita a Brescia, ed ora il turbinio che provo è quello di chi vuole fare tante cose, ma di chi ha ancora la testa sul campo”.

È la prima volta che intervisto una persona in un momento così complicato. Mi spiego, solitamente si ha la sensazione di voler smettere, penso a tanti suoi colleghi, o di voler fare altro. Quando ho ascoltato le sue dichiarazioni, mi è sembrato che lei volesse che fossimo noi a darle il congedo.

“Sicuramente ho capito che dopo dieci anni la mia storia di palleggiatore a Brescia in A2 può considerarsi conclusa. Questo significa che a questa società e anche a Zambonardi, con cui ho lavorato in tutti questi anni, resto legato, e mi piacerebbe essere coinvolto nel loro percorso, ma in un altro ruolo”.

Foto Lega Volley Maschile

Disposto a dare una mano. Mi prendo io la responsabilità di ciò che scrivo. Lei è una pietra miliare di questo club.

“La ringrazio, e spero che si possa continuare a ragionare assieme, così come posso dire che sono aperto a collaborare in generale con questo mondo. Lo conosco, con tutte le società di cui ho fatto parte mi sono lasciato in ottimi rapporti, penso anche a Monza dove ho giocato tre bellissime stagioni. Ho dei progetti, perché a 45 anni non puoi sperare di restare in campo fino ai 60, però nel mondo della pallavolo vorrei restarci davvero”.

Pistola alla tempia. Se Brescia avesse vinto la Superlega, lei non avrebbe appeso le scarpette.

“Sarei falso se dicessi di sì. Da secondo, avrei voluto rivivere un ultimo anno in Superlega, lo ammetto. Sto bene fisicamente, perché non cogliere un’opportunità così?”

C’è un pizzico di delusione. Mi dica la verità, lasciare in un punto alto era un suo desiderio?

“Sì, non vorrei essere portato via come se fossi un bagaglio ingombrante, o finire a giocare da qualsiasi parte pur di dire di esserci ancora. È stata una stagione in cui ho dato molto e nella quale io e Sottile, che ha annunciato il suo addio a 46 anni, abbiamo dimostrato che si può ancora fare delle belle stagioni, cercando di lasciare qualcosa anche ai più giovani. Mi piacerebbe proseguire nel lavoro con molti di quelli che ho incontrato in questi anni”.

foto Instagram @simonetiberti

Non siamo pronti a vederla con le scarpe appese al chiodo, lo capisce.

“(ride n.d.r.) Ma forse nemmeno io, anche la mia compagna mi dice che se non sono pronto, è giusto che continui. Poi una parte di me pensa che dedicarsi ai bimbi o a lei a tempo pieno o semplicemente avendo molto più tempo libero, è la cosa più giusta da fare”.

Facciamo così. Mi lascia scrivere che lei ha il telefono acceso ed è pronto ad ascoltare chiunque voglia offrirle un progetto?

“Lo scriva, va bene. In fondo è una storia di cui anche io voglio scrivere ancora delle pagine”.

Di Roberto Zucca
(©Riproduzione riservata)