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I ricordi di Alessandro Paparoni tra Italia e Lube: “2005, un anno magico”

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Di Roberto Zucca

Se dovessimo scegliere un’immagine di Alessandro Paparoni opteremo forse per uno dei suoi bagher da manuale. Armonici e semplicemente perfetti. Se dovessimo scegliere un anno della sua gloriosa carriera, sarebbe sicuramente il 2005. Da lì in poi una decade sfavillante, con un palmares da fare invidia a molti atleti e un curriculum di ruolo che lo rende in tutto e per tutto uno dei migliori universali della pallavolo degli anni 2000:

Il 2005 me lo ricordo molto bene. Fu un anno ricco di soddisfazioni sia col club, con la Cev e fu l’anno dell’oro agli Europei e del mio debutto contro la Spagna con la maglia azzurra. Un anno faticoso, vissuto appieno in squadra e in azzurro, che sì, definirei il migliore della carriera”.

Qualche ricordo in particolare?

Noi, qualche giorno dopo la vittoria dell’Europeo, su un pullman scoperto per le strade di Roma. Un momento magico. Fummo poi ricevuti dal presidente Berlusconi quella mattina per le premiazioni e i vari riti di quell’occasione. Ecco, l’affetto di quella giornata di Roma è un ricordo sempre vivo nella mia mente”.

Con la Lube furono poi anni bellissimi. Lei si rese conto a distanza di anni di quello che era diventato?

No, ma nemmeno ora penso di essere stato qualcosa di più di un giocatore che ha fatto molti anni di gavetta e ha disputato una buona carriera. Ho giocato al fianco di campioni di grande caratura e in squadre come la Lube, che hanno vinto tantissimo anche senza di me. Sarebbe esagerato pensare di essere stato più di questo”.

Eppure, nel ruolo di libero, il nome di Alessandro Paparoni è ricordato costantemente come uno dei migliori di sempre.

Di questo ne sono felice. Ma direi una bugia se le dicessi che il gioco di seconda linea mi è piaciuto di più di quello di prima. Tutti gli allenatori tentavano sempre di spostarmi dietro perché mi reputavano più efficace… Ma le confesso che amavo moltissimo attaccare”.

Tutti le riconoscono delle doti in attacco e in ricezione che molti hanno fatto fatica ad abbinare in carriera. Questo la lusinga?

Sicuramente sono molto contento del punto in cui sono riuscito ad arrivare, soprattutto per esserci riuscito nonostante un fisico normale. Una cosa che capita raramente nel nostro sport”.

Il suo ritiro fu avvolto da luci e ombre. Era il 2015.

Una scelta difficile, ma doverosa. Venivo da anni in cui la schiena non mi permetteva di risultare il giocatore di un tempo. Decisi di interrompere. All’inizio fu quasi una liberazione, a livello mentale e a livello fisico. Poi l’effetto è svanito col tempo”.

Avrebbe potuto dare ancora molto a questo sport?

Avrei potuto dare tutto me stesso così come ho fatto negli anni migliori della mia carriera. E il campo negli anni successivi mi è mancato molto. Penso a tanti ex compagni di squadra che vedo ancora in Superlega o in altri campionati. La cosa che mi manca di più è quell’aria dello spogliatoio e quell’adrenalina che si respira in campo”.

Cosa c’è stato dopo la fine della carriera di Paparoni?

Vivere il bellissimo matrimonio con Emanuela, mia moglie, con cui sto insieme da un ventennio. E mia figlia Beatrice, nata nel 2017. Ho imparato a stare a casa, ad alternarmi con Emanuela che insegna Economia all’Università di Macerata, per occuparmi di Beatrice. E poi ho scelto di proseguire nelle vesti di allenatore e direttore tecnico”.

Allenatore nelle giovanili della Lube e direttore tecnico del Volley Macerata. Un bel proseguimento?

Ho scoperto con il passare del tempo il piacere di allenare i giovani. Ho avuto un grande maestro, Rosichini, che è stato anche mio allenatore nelle giovanili e mi ha riportato in quel mondo. Con Gianni sono ritornato a vincere degli scudetti a livello giovanile come assistente allenatore e ne sono molto felice perché penso al fatto che nel 1998 ho vinto il primo scudetto della Lube da giocatore e con Rosichini in panchina!”.

Per un giovane avere Paparoni come allenatore è un valore aggiunto?

Spero di poter lasciare qualcosa nella loro vita di sportivi. Quantomeno come trasmissione di esperienza. È un compito molto difficile, soprattutto con i più giovani. Io alleno gli Under 18, una categoria non semplice”.

La vedremo un giorno calcare il palcoscenico di allenatore dei seniores?

La vedo molto difficile, soprattutto perché non so se mi ci vedrei ad allenare una squadra di serie A. Per ora posso dire che mi piacerebbe continuare nelle giovanili. Saranno momenti difficili, soprattutto nelle prossime due stagioni, dove l’effetto del Covid-19 si sentirà tanto soprattutto dove solitamente si investono cifre nettamente inferiori. Ma è tutto ancora troppo prematuro per capire come si evolverà”.

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