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Guido Pasciari e il boom del Sitting: “Al primo collegiale c’erano 8 atlete…”

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Di Agnese Valenti

La pallavolo vista da un’altra prospettiva, nel senso più letterale del termine. La nascita del Sitting Volley e la sua diffusione anche in Italia, specialmente negli ultimi anni, hanno permesso al nostro sport di esplorare nuove frontiere, aprendo orizzonti inediti alle persone con disabilità, ma non solo. Già, perché il volley in versione paralimpica è una disciplina che coinvolge a pieno titolo anche gli atleti normodotati, permettendo loro di approcciarsi allo sport con un diverso punto di vista e una diversa sensibilità, nel segno dell’inclusione.

A margine di tutto questo sono arrivati, negli anni, i traguardi sportivi: la nascita di un vero Campionato Italiano, la moltiplicazione delle squadre sul territorio, i successi delle squadre di club anche all’estero e, soprattutto, i grandi risultati ottenuti dalla nazionale femminile, che hanno avvicinato al Sitting anche il grande pubblico. Traguardi tagliati grazie all’impegno delle società e della Federazione Italiana Pallavolo, che da anni si è affidata a Guido Pasciari come referente per la disciplina. E proprio al dirigente federale, che è anche presidente della Fipav Campania, abbiamo chiesto di fare il punto sullo sviluppo del settore.

Foto Instagram Guido Pasciari
  1. Lei ha dedicato gran parte della sua vita alla pallavolo: nel 2015 la FIPAV l’ha nominata referente nazionale per il Sitting volley. Com’era la situazione della disciplina paralimpica in Italia all’epoca e com’è invece adesso?

La FIPAV è entrata a far parte del movimento paralimpico nel 2013, aderendo al CIP, al Comitato Paralimpico Italiano. All’epoca fu costituita una nazionale maschile di Sitting Volley che iniziò a muovere i primi passi partecipando ai Campionati Europei: non ottenne un grosso risultato, ovviamente per l’inesperienza. Sicuramente, l’importanza di quel passaggio internazionale fu l’avere un ritorno di immagine e aprire la possibilità a nuove persone di avvicinarsi al movimento. Poi nel 2015 la Federazione decise di creare anche la nazionale femminile.

Non mi sarei mai aspettato di essere chiamato: pensavo di poter dare una mano, ma quando mi fu proposto un ruolo così importante, accettai con grande onore questo incarico e da allora è iniziata per me una nuova vita. Sono un allenatore di pallavolo dal 1974, ma il Sitting Volley mi ha cambiato la vita. È la verità: mi ha dato dei punti di vista differenti, sia per quanto riguarda l’approccio allo sport che l’approccio alla vita stessa. Essere vicino e riuscire a dare una voglia di vivere nuova a persone che hanno affrontato delle difficoltà è per me sicuramente motivo di orgoglio.

La difficoltà principale che abbiamo dovuto affrontare è stato cercare di espandere ancora di più questa disciplina. In Italia non c’è una grossa cultura dello sport: spesso, le persone con disabilità tendono a restare in casa. Quando si è giovani, quando sarebbe fondamentale praticare sport, molto spesso le famiglie, anche per ‘ignoranza’, preferiscono non far uscire questi ragazzi in un mondo che potrebbe sicuramente dare loro tantissimo. Questo ovviamente vale anche per le istituzioni, come la scuola, in cui una società sportiva o una federazione non possono entrare facilmente per cercare nuovi talenti e poterli avviare verso una disciplina sportiva paralimpica, in quello che potrebbe essere un bacino importante“.

Foto Federazione Italiana Pallavolo
  1. La nazionale femminile ha raggiunto obiettivi importanti. Due volte argento ai Campionati Europei, nel 2021 ha concluso le Paralimpiadi di Tokyo in sesta posizione, mentre lo scorso anno ai Mondiali è riuscita a raggiungere il quinto posto. Come sta crescendo questa realtà?

Nel 2015 ho iniziato a fare delle ricerche su tutto il territorio nazionale e per il primo collegiale convocato, lo ricordo ancora, c’erano solamente 8 atlete, che probabilmente non sapevano nemmeno a cosa andassero incontro! Ricordo ancora l’immagine di queste atlete in palestra con delle espressioni preoccupate, ma ho provato subito a motivarle raccontando loro del nostro primo progetto: andare alle Paralimpiadi di Rio 2016. Sapevo in cuor mio che sarebbe stata una cosa impossibile, ma dopo tre mesi di allenamenti, mi hanno portato in Cina per tentare la qualificazione.

Ovviamente, il risultato era pressoché scontato, ma non potremo mai dimenticare la prima vittoria assoluta della nazionale femminile contro l’Egitto. Questa gara è stata l’esempio lampante dell’inclusione nel nostro sport. Dalla altra parte della rete c’erano anche atlete con il velo e alla fine della partita non c’era solo la felicità per la nostra vittoria, ma anche il piacere di abbracciare queste atlete così diverse dalle nostre, ma così simili.

Dopodiché, ho capito che queste atlete potevano e dovevano fare meglio. Mi sono guardato intorno e ho deciso, assieme al Consiglio Federale, di dedicarmi alla parte organizzativa del settore, e ho preso il meglio che in quel momento c’era. Abbiamo deciso di prendere Amauri Ribeiro (oro olimpico a Barcellona ’92 e attuale allenatore della nazionale femminile di Sitting Volley, n.d.r.), che oltre ad essere un grande campione di pallavolo, aveva già realizzato in Brasile quei progetti che io avevo intenzione di fare anche in Italia. Ci siamo incontrati e subito siamo entrati in sintonia: poi sono arrivati il secondo posto agli Europei, ripetuto anche l’anno scorso, il quarto posto ai Mondiale, e poi la prima partecipazione alle Paralimpiadi, a Tokyo 2020, che ci inorgoglisce molto. Ero il capo delegazione della nostra nazionale e per le atlete, entrare nel villaggio olimpico è stata un’emozione immensa“.

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  1. Lei ha parlato di “inclusione”. Il Sitting Volley è una disciplina in cui gli atleti non hanno la necessità di utilizzare altri supporti e che è quindi aperto sia a persone con disabilità che anche ad atleti che non hanno una disabilità: potrebbe essere questo un modo per far crescere il movimento?

Come Federazione, da 5 anni organizziamo il Campionato italiano, la Supercoppa e la Coppa Italia sia con atleti con disabilità che atleti senza disabilità in campo. Questo è l’aspetto più bello di questa disciplina, che mi emoziona ogni giorno. Nel mio ambito, nella mia piccola società sportiva (Nola Città dei Gigli, n.d.r.) tutti i praticanti della pallavolo, tutti coloro che vengono in palestra, dedicano 10 minuti a giocare a Sitting volley insieme a persone più grandi o a persone con disabilità. L’inclusione è l’aspetto più bello di questa disciplina, perché vedere ragazzine e ragazzini di 14-15 anni interagire con un atleta con disabilità, che magari deve togliersi la protesi per giocare, sono aspetti che ancora mi emozionano e credo che emozionino tutti quelli che fanno parte di questo mondo. È un fattore fondamentale per la crescita di questi ragazzi.

Io credo che il Sitting, partecipare e vedere questa disciplina, sia una molla che possa aiutare a capire valori importanti. Un altro esempio: recentemente, sono stato chiamato da un gruppo di Scout della mia città, Nola, i quali avevano intenzione di far vedere ai loro ragazzi, sui 15-16 anni, cosa voglia dire praticare uno sport paralimpico. Mi hanno raccontato di voler sperimentare questa disciplina proprio per mostrare che lo sport paralimpico è esempio di inclusione e della possibilità di fare qualcosa oltre i proprio limiti. Sono rimasto veramente affascinato“.

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  1. Lei ha avuto un’importante esperienza a livello internazionale, che l’ha anche spinta a candidarsi come vicepresidente di World ParaVolley: come valuta quest’attività al di fuori dei nostri confini, a contatto con altre realtà paralimpiche? Quali differenze ha trovato tra la realtà del Sitting Volley italiano e le altre?

Io mi sono avvicinato al ParaVolley Europe qualche anno fa. Una volta avviata la disciplina in Italia, ho pensato di far conoscere il nostro movimento anche a livello internazionale. Ovviamente, quando l’Italia si è mossa in questo nuovo mondo, è stata accolta a braccia aperte. Ho l’onore di essere parte del Board del ParaVolley come Marketing Director e l’anno scorso sono stato proposto come vicedirettore del World ParaVolley. La proposta mi ha spiazzato: passare da Nola al World ParaVolley! C’è un pizzico di rammarico per il risultato, ma allo stesso tempo è stata una bella esperienza: non avrei mai immaginato di poter raggiungere un obiettivo così importante. L’Italia è entrata in maniera dirompente nel mondo del ParaVolley mondiale: ormai da un paio d’anni si organizzano in Italia finali di Champions Cup, di EuroLeague, importanti manifestazioni internazionali. Quest’anno la Fipav, oltre agli Europei Maschili e Femminili indoor di Pallavolo, organizzerà gli Europei maschili e femminili di Sitting Volley, che si disputeranno in Veneto nel mese di ottobre. Questo è un altro segnale che attesta la valenza della nostra Federazione“.

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  1. Come si sta sviluppando il movimento del Sitting Volley a livello territoriale e di club?

Come sport, siamo un po’ anomali: siamo partiti dall’alto, dalle nazionali, per poi creare attività di club. Si sta riuscendo a lavorare bene con le squadre: anche amministrativamente per il prossimo anno avremo un tesseramento e un’affiliazione dedicate alle società che vorranno fare esclusivamente Sitting Volley. A luglio abbiamo avuto come ospite il presidente del World ParaVolley e del ParaVolley Europe: vedono che l’attività in Italia va bene e stanno crescendo i numeri delle squadre partecipanti ai vari campionati.

Come dicevo prima, questo è il sesto anno che organizziamo diverse manifestazioni a livello di club, ma quest’anno abbiamo voluto abbracciare l’attività promozionale ai massimi livelli e, grazie all’aiuto che abbiamo avuto dal mondo Rotary, quest’anno inizierà il primo campionato assoluto promozionale dedicato alla Rotary Cup, una manifestazione che è nata qualche anno fa in Emilia Romagna e che si è sviluppata anche a livello interregionale. Quest’anno, grazie ai bellissimi rapporti del nostro mondo, siamo riusciti a coinvolgere Rotary per organizzare questa manifestazione a livello nazionale e ben 20 squadre da tutta Italia si sono iscritte. Ci sarà quindi questo bellissimo campionato misto, tra uomini donne, atleti con e senza disabilità, persone di tutte le età“.

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  1. Con i Campionati Europei puntate quindi ad avere una maggiore visibilità come Fipav, ma anche come Comitato Paralimpico.

Abbiamo intenzione di pubblicizzare i Campionati Europei di Sitting Volley anche sfruttando l’onda di partecipazione e di supporto per quanto riguarda gli Europei di pallavolo. Organizzare nello stesso anno Europei di pallavolo e di Sitting è il segnale di una grande Federazione. Il suo punto di forza sono i rapporti con il CIP del Presidente Luca Pancalli, che ci è vicinissimo, e senza il quale tutto questo non sarebbe stato possibile, grazie al contributo economico del CIP ma soprattutto al contributo di idee che il Comitato riesce a dare. Io tra i due presidenti, Giuseppe Manfredi e Luca Pancalli, raccolgo tante idee e soprattutto consensi per la nostra disciplina.

Vorrei concludere con un ultimo esempio. Quando sono tornato da Tokyo qualcuno mi ha chiesto: cosa ti ha colpito nel partecipare ad una Paralimpiade? È stato un grande onore andare da capo delegazione a Tokyo con la mia nazionale. Sono stato 21 giorni in Giappone e quello che ho notato è che… non ho notato la diversità. Lo dico con sincerità: non si deve guardare alla disabilità, ma all’atleta. Non ho visto la diversità, ma ho visto atleti e atlete. Abbiamo vinto 69 medaglie, eravamo a casa Italia, con gli altri campioni che hanno inorgoglito tutti quanti. Le Paralimpiadi sono la massima espressione del bello e dello sport. Nei giorni scorsi ho letto una dichiarazione di Alex Zanardi, che diceva: ‘Quando mi sono risvegliato senza gambe ho guardato la metà che era rimasta, non la metà che era andata persa’. Ecco, questa è la logica olimpica e paralimpica“.

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