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Elisa Togut, dal mito alla quotidianità: “Bisogna fare di più per le ex giocatrici”

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Di Alessandro Garotta

Cosa ricordiamo di una giocatrice? Quando pensiamo a lei, andando indietro con la memoria, quando magari ha smesso di giocare, cosa ci viene in mente? Di una palleggiatrice ricorderemo le magie per smarcare le attaccanti, di una centrale le grandi stampate, di una schiacciatrice i punti migliori. Può darsi che sia così, diciamo pure che è molto probabile. Poi, però, ci sono anche le fuoriclasse e le giocatrici iconiche che hanno fatto la storia, come Elisa Togut.

Pensare a lei vuol dire fare un tuffo nei primi anni 2000 e uscirne con un sospiro nostalgico, consapevoli di essersi lasciati alle spalle una delle nazionali italiane più forti di sempre. L’opposta friulana ne è stata protagonista scrivendo capitoli importanti della nostra pallavolo: dall’oro mondiale nel 2002 – quando è stata eletta anche migliore giocatrice del torneo – alle medaglie dei Campionati Europei. 

L’attacco nel sangue, la “tre” sulle spalle e tante maglie di prestigio nella sua splendida carriera. Con il tempo, il volley è cambiato, ma non abbiamo dubbi che ancora oggi il nostro movimento avrebbe tanto bisogno di Elisa Togut. Ecco la sua intervista esclusiva ai microfoni di Volley NEWS.

Partiamo da quella che è probabilmente la sua più grande gioia sportiva: la vittoria ai Mondiali del 2002. 

Il ricordo è sempre vivo, d’altronde è stata una vittoria memorabile, la prima e unica volta della nostra nazionale femminile a un Mondiale. Sono passati 18 anni e la vita di ognuna di noi ha preso la sua direzione, ma quel successo rimane sempre impresso nelle nostre memorie“.

Se ripensa al vostro percorso in quel Mondiale, qual è la prima istantanea che le viene in mente? 

Mi vengono in mente i festeggiamenti dopo l’ultimo punto. È stata una vera e propria liberazione per tutte le componenti della squadra. Probabilmente, lì per lì non mi ero neanche resa conto dell’impresa fatta, poi con il passare del tempo – soprattutto dopo aver appeso le ginocchiere al chiodo – ho metabolizzato e apprezzato fino in fondo quella vittoria“. 

Foto Federazione Italiana Pallavolo

La presentazione dei campionati di Serie A femminile 2020-2021 non è stata solo l’occasione per festeggiare l’anniversario del vostro trionfo ma anche per ricordare Sara Anzanello. Che eredità ci ha lasciato questa campionessa?

Anza era una persona piena di vita. Ci ha lasciato il suo sorriso e quella voglia di vivere che ha dimostrato anche durante il periodo della malattia: nonostante la paura di non farcela, i suoi messaggi erano sempre positivi. Ci manca moltissimo e stare sul palco senza di lei ci ha fatto riflettere“. 

La sua carriera a livello di club: come la vede in retrospettiva? 

Ho inseguito per tanto tempo uno scudetto che non è mai arrivato. A posteriori si potrebbe pensare che abbia fatto scelte sbagliate, ma in realtà ho sempre seguito quello che mi diceva il cuore. Sono contenta di aver giocato negli anni d’oro del campionato italiano e aver affrontato corazzate incredibili come Bergamo e Perugia. Forse avrei potuto raccogliere qualche successo in più, ma alla fine va bene così“.  

Quale reputa sia il valore più importante che lo sport le ha trasmesso? 

Lo sport è una palestra di vita, ti insegna il significato di valori che cerco di trasmettere anche ai miei figli, come il rispetto e il rigore. L’invito è di praticare sport fin da piccoli perché certi insegnamenti aiutano a formare la persona e rimangono per sempre nel suo background“. 

Foto Lega Pallavolo Serie A Femminile

Di cosa si occupa adesso? 

Oltre a fare la mamma di Tommaso ed Emma, poco tempo fa ho ripreso gli studi in Scienze Motorie per via telematica: sono al secondo anno e mi piacerebbe portare a termine questo percorso. Inoltre, lavoro con una start-up che produce una bevanda che sta entrando ora nel mercato italiano“. 

E la pallavolo? 

Mi capita ogni tanto di guardare qualche partita in TV, ma come diverse mie ex colleghe ormai non sono più nel giro… Il fatto che la pallavolo sia uno sport dilettantistico non aiuta ad inserirsi facilmente nel mondo del lavoro: non è come nel calcio, dove una volta terminata la carriera si è già reinseriti nello stesso ambiente. Perciò, penso che si debba fare qualcosa in più per le ex giocatrici, soprattutto per chi ha contribuito ai successi della nazionale“. 

Da questo punto di vista, la nascita dell’Associazione Italiana Pallavolisti può essere d’aiuto? 

È un piccolo segnale, ma la strada è ancora lunga“.

Da mamma ed ex atleta, come ha visto la polemica su Carli Lloyd in dolce attesa? 

Completamente senza senso. Se un’atleta vuole avere un figlio può farlo anche senza aspettare la fine della carriera, e soprattutto non deve essere giudicata. Diventare mamma è la cosa più bella del mondo e non dovrebbe essere motivo di polemiche“.  

Qual è, secondo lei, lo stato di salute del movimento femminile? 

Vedo un movimento in difficoltà e senza dubbio l’emergenza sanitaria non sta aiutando. La pallavolo ha poca visibilità, quindi non è facile trovare sponsor e molte realtà faticano economicamente. Poi credo che il livello in campo sia un po’ più basso rispetto ad alcuni anni fa: certo, c’è Conegliano che è inarrivabile e può competere con le migliori del mondo, ma in Italia non vedo molte squadre che potranno darle filo da torcere“. 

Come vede la nazionale? In ottica delle Olimpiadi di Tokyo quale pensa sia il potenziale della squadra di Mazzanti? 

Sono estremamente fiduciosa e sono convinta che l’Italia dirà la sua, anche perché all’ultimo Mondiale è arrivata ad un soffio dalla vittoria. La squadra è coesa ed equilibrata, con Paola Egonu candidata a diventare la numero 1 a livello planetario, ottime centrali e un libero tra i più forti in assoluto; per i posti 4 e le palleggiatrici bisognerà vedere chi sarà più in forma e avrà la migliore continuità di rendimento. Senza dubbio, avere un anno in più per preparare le Olimpiadi può aiutare questo gruppo a migliorare ulteriormente“.

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