Diego Cantagalli, un destino da bomber: "In classifica tengo testa a Nimir!"

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Di Roberto Zucca

Nelle parole ci sono tutta l’importanza, il rispetto, il passato e il futuro del suo cognome. Nel suo gioco c’è qualcosa di più. Diego Cantagalli non ha bisogno di presentazioni. E non perché parli per lui il passato di suo padre Luca, bensì perché la strada che sta percorrendo è già piena di lui e del suo talento:

Non trovo la mia appartenenza alla famiglia Cantagalli un motivo di ingombro. Anzi, è una questione di enorme rispetto. Quando entro in campo ogni domenica ricordo chi sono e cosa mi è stato insegnato. Più che le aspettative di coloro che mi guardano, conta il desiderio di far vedere ciò che faccio per amore di uno sport che è la mia vita”.

Primato nella classifica dei migliori realizzatori di A3 con la Gamma Chimica Brugherio. Le sembra un buon biglietto da visita?

È un inizio. Brugherio è una realtà che mi ha dato la possibilità di esprimermi e nella quale sto facendo un percorso individuale ottimo. Non posso che essere felice dell’ambiente, dei compagni, della società. Vorrei solo poter concludere la stagione con una salvezza conquistata in assoluta tranquillità”.

Poi dove vuole arrivare?

Mah, scalare le serie e arrivare un giorno in Superlega è un obiettivo di tutti. E lo è anche per me. Tengo i piedi ben piantati per terra e proseguo. Il resto verrà da sé”.

Il suo cognome rievoca prestazioni straordinarie e storiche. Da posto quattro.

Un ruolo in cui mi piacerebbe provare a giocare in futuro. Essere coinvolto maggiormente in alcune fase di gioco. È sfidante, non per cercare di ripercorrere le orme di papà, quanto per misurarmi in un ruolo che oggi non è mio”.

Lei oggi è l’uomo partita a Brugherio. Se lo aspettava?

Onestamente? No. Guardo con curiosità il crescere dei punti, ma non è un’ossessione. Guardo le altre serie e come numero punti tengo testa a Nimir (Abdel-Aziz, n.d.r.) che sta facendo un lavoro eccezionale a Milano”.

E lei dove si vedrebbe in Superlega tra 5 anni? A Modena?

Bella piazza. Sono cresciuto a Cavriago. E Modena è un palcoscenico di cui conosco molte gesta. Perché no!

Che ricordi ha di Cavriago?

Di giornate spensierate e felici con la famiglia e gli amici. Poi a 14 anni sono partito per il mio lavoro e se mi guardo indietro dico che è stato difficile ma doveroso. Ho lasciato mio fratello, che fa il mio stesso lavoro. Ecco, non essere cresciuti insieme nella quotidianità mi è mancato”.

La pallavolo per lei è mai stato un divertimento?

Nell’accezione più ludica del termine sì. Poi è stato il mio lavoro, ciò che volevo fare a tempo pieno sin da quando ero bambino. Giocavo a basket ma poi ho capito che era la pallavolo ciò che volevo realmente fare. Per me è la mia vita, non mi stancherò mai di pensarlo”.

I tempi di Civitanova quanto sono lontani?

Sono ricordi innanzitutto. Bellissimi. Ricordo una bella amicizia nata con Sokolov nell’ultimo anno. È una persona nella quale, su certi aspetti mi sono ritrovato. Con professionisti del genere c’è sempre qualcosa da imparare. Anche nell’atteggiamento e nella tenacia. E io sono una persona tenace”.

La nazionale, invece, è un sogno?

Sono passato attraverso tutte le nazionali giovanili e nella Seniores spero di giocare un giorno. Il mio lavoro di ogni giorno è finalizzato anche a questo, non lo nego”.

Si concede mai qualche libertà? Chi è Diego fuori dal campo?

Una persona semplice. Uno che sta bene con gli amici, in una piazza a parlare davanti a una birretta in estate. Uno che è felice anche se non si fa niente per tutta la sera. Bastano la compagnia, gli amici, il tempo libero”.

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