Beppe Cormio: "Spiegatemi che senso ha fare allenare i giocatori, per tre settimane, senza giocare le partite"

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Di Redazione

Prima che arrivassero le comunicazioni ufficiali il Corriere Adriatico Macerata aveva intervistato il diesse della Lube, Giuseppe Cormio, su come aveva vissuto la partita a porte chiuse e su quali fossero gli scenari possibili.

Beppe Cormio, lo sport si ferma fino al aprile, come giudica la decisione? «Ci adeguiamo a quanto stabilito e deciso da chi ha la responsabilità della salute degli sportivi e dei cittadini, più in generale».

Domenica la Lube ha giocato contro Trento a porte chiuse. Come ha vissuto la partita? «L’inizio è stato complicato per noi. Sembrava di giocare fuori casa. C’era in tutti una sorta di timidezza nell’esprimere la gioia. Abbiamo impiegato un po’ per capire che era una partita vera, che si poteva esultare e, come in tutte le partite vere, poi ci sono stati i normali screzi tra giocatori e qualche polemica. Peccato che i nostri tifosi non abbiano potuto assistere alla partita perché c’è stato un grande spettacolo offerto da due grandi squadre. Sinceramente mi sono divertito. E stata una bella partita. Del resto le sfide con Trento saranno sempre così: tirate e combattute perché loro sono una grande squadra».

La Lube ha dimostrato, ancora una volta, la sua caratteristica: squadra con due attributi così. Vero? «La nostra squadra è composta da grandi giocatori che hanno la caratteristica di non mollare mai. II carattere non è l’unica nostra arma ma quando serve lo sappiamo tirare fuori».

Da uomo di sport, affermato anche in altre discipline, come ha vissuto l’esperienza della partita a porte chiuse? «Personalmente l’ho vissuta come sempre. Dopo un po’ di stupore iniziale mi sono calato nel clima partita e quindi l’ho vissuta con passione ed intensità. Lo sport in generale è anche spettacolo per divertire la gente. Giocare a porte chiuse perde una componente, il pubblico. Si dice anche che i grandi attori devono saper recitare anche davanti a platee semivuote. Però lo sport è uno show fatto per gratificare le platee. Giocare a porte chiuse non è bello ma non giocare è peggio».

Favorevole o contrario quindi allo stop? «Personalmente avrei fatto giocare a porte chiuse. Spiegatemi che senso ha fare allenare i giocatori, per tre settimane, senza giocare le partite. I rischi ci sono anche in palestra. Inoltre c’era una direttiva in cui si diceva che lo sport professionistico poteva giocare. Però ci adeguiamo ci mancherebbe altro».

Esiste una questione legata al monte ingaggi? «Diciamo che siamo tutti a rischio lavoro. Non tanto i giocatori che mal che vada troveranno sistemazioni altrove, penso a noi addetti ai lavori: allo staff. Siamo onesti lavoratori che vivono di questo, guadagnando cifre normali. Siamo tutti a rischio perché se si ferma lo sport mancano gli incassi, gli sponsor perdono visibilità, vero è che c’è la Tv ma questo potrebbe non bastare per mandare avanti il movimento. Sono molto preoccupato per questa situazione per noi lavoratori normali».

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