Assolto in Cassazione il titolare dell’azienda in cui morì Lisa Picozzi

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Di Redazione

La quarta sezione penale della Corte di Cassazione ha assolto il titolare della ex Selcom, società del Gruppo Adelchi, l’azienda nella quale morì in un incidente sul lavoro il 29 settembre 2010, a 31 anni, la pallavolista Lisa Picozzi. Confermata invece la condanna di 6 mesi (con sospensione della pena) comminata in appello a Luca Sergio Adelchi, figlio del proprietario, che non aveva presentato ricorso.

La scomparsa di Lisa, all’epoca capitano dell’Albese Volley in provincia di Como, riempì di dolore tutto il mondo del volley e la madre, Marianna Viscardi, si impegnò da subito in una battaglia legale perché venissero riconosciute le responsabilità dei proprietari del cantiere. Picozzi era una giocatrice molto conosciuta a livello di Serie B: la Fipav Lombardia ha istituito un premio alla sua memoria e in suo nome sono stati organizzati numerosi tornei, in provincia di Como e non solo.

L’incidente in cui perse la vita Lisa, che svolgeva la professione di ingegnere edile, avvenne a Tricase, in provincia di Lecce: la ragazza – che si trovava in Salento per seguire il completamento di una centrale fotovoltaica da lei progettata a Tiggiano – cadde da un’altezza di 7 metri mentre effettuava un sopralluogo sulla superficie di un edificio della Selcom. Fin da subito emersero le condizioni precarie di sicurezza in cui si trovava il capannone, e nel 2014 l’imprenditore Sergio Adelchi venne condannato a due anni di reclusione per omicidio colposo, pena poi ridotta a un anno in appello, nel gennaio 2019.

La Cassazione ha tuttavia annullato senza rinvio la sentenza ai danni di Adelchi padre “perché il fatto non sussiste“, accogliendo il ricorso proposto dal difensore dell’imprenditore, l’avvocato Francesco Paolo Sisto, che escludeva ogni responsabilità del suo assistito. Già nella sentenza di appello i giudici avevano fatto riferimento a possibili responsabilità del datore di lavoro di Picozzi per aver “consentito che un suo dipendente salisse su un tetto di un capannone industriale in condizioni non di assoluta sicurezza“, muovendo inoltre un “rimprovero di imprudenza” alla giovane professionista per “essersi cimentata in un’iniziativa che, sebbene preannunciata, poteva rivelarsi fonte di insidie“.

Si parla tanto di violenza sulle donne – ha detto Marianna Viscardi, madre di Lisa, a La Provincia di Como – ma ditemi se non è violenza una condanna di appena sei mesi e una assoluzione per una donna di 31 anni morta sul lavoro. Me l’hanno uccisa un’altra volta, anche con alcuni commenti durante il processo“.

(fonte: Gazzetta del Salento, La Provincia di Como)

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