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Perché Egonu capitano di Milano potrebbe farci conoscere tutta un’altra Paola

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Sabato 18 ottobre 2025 è accaduto qualcosa di storico per la pallavolo femminile italiana, perché battere in una finale una squadra che vinceva qualunque cosa in Italia dal 2019, fermata solo dal Covid, ma sul campo da nessuna avversaria, non è cosa di poco conto. A porre fine a questo dominio dell’Imoco Conegliano che durava da 2.449 giorni, che salgono a 2.908 nel caso della Supercoppa, alla fine è stata la Numia Vero Volley Milano, forse proprio nell’anno in cui meno di prima in tanti ci avrebbero scommesso. I tentativi di buttare giù dal trono le Pantere sono stati diversi nelle ultime stagioni da parte del Consorzio della presidente Alessandra Marzari, 8 per la precisione: 3 finali scudetto, 3 finali di Coppa Italia, 2 finali di Supercoppa. Alla prova del nove, o della nona se preferite, la maledizione è stata annullata.

Dicevamo nell’anno in cui in pochi lo avrebbero previsto perché di squadre fortissime nelle ultime stagioni Milano ne ha avute tante, forse migliori di quella attuale, così come tante sono state le occasioni sfumate ogni volta per motivi diversi, dovuti anche alla sfortuna in certi casi. Ricordiamo ad esempio la finale proprio di Supercoppa dello scorso anno giocata senza Egonu o la finale scudetto del 2022/2023 persa in gara cinque dopo essere andata avanti 2 a 1 nella serie e aver perso poi l’ultimo match per quel coniglio che Santarelli pescò dal suo cilindro e che risponde al nome di Alexa Gray.

foto Rubin-Zani/LVF

Otto finali, dicevamo, dove soprattutto in quelle di coppa, in gara secca, l’Imoco non sempre ha giocato al suo meglio ma alla fine, in un modo o nell’altro, l’ha sempre portata a casa. Perché le squadre vincenti questo fanno, sanno vincere anche giocando male come Velasco ha spiegato più e più volte, soprattutto nell’ultima estate. Questa volta, però, a Trieste, Conegliano è stata tradita, per così dire, da alcune delle sue stelle e sempre questa volta Milano ha saputo approfittarne. Lo sport è anche questo. Anzi, il bello dello sport è proprio questo: quando tutti pensano che non succederà, succede.

E anche in questo caso, come nella finale di Coppa Italia del 2019 vinta da Novara, è successo perché Paola Egonu in qualche modo l’ha fatto succedere. 30 punti in finale non sono una novità per una fuoriclasse che nel suo ‘curriculum personale’ di voci che iniziano con ‘miglior’ ne elenca 26. No, queste sono cose che da lei si aspettano tutti e puntualmente, salvo rare eccezioni, poi si sono sempre verificate. Detiene il record di punti di una partita di campionato (47), il record mondiale di punti in una gara con la Nazionale (45), per non parlare poi della media di 40 punti fatta registrare nelle tre finali consecutive di Champions tra il 2021 e il 2023. In totale solo di quelle ne ha giocate già cinque e vinte tre.

La vera, grande, novità è quella riga orizzontale che ora campeggia sulla sua maglietta sotto il numero 18. Egonu capitano potrebbe essere tutta un’altra Paola, e la cosa non era affatto così scontata, meccanica, anche immediata se volete. Lo ripetiamo, la risposta non è da cercare nella prestazione, in quei 10 punti segnati nel tiebreak al PalaTrieste, perché di finali da MVP Egonu ne ha già vinte tante. E neanche nell’esultanza urlata, gridata, con le braccia tese e i pugni chiusi a sfogare tutta la gioia, e le frustrazioni precedenti, per un tabù che nessuno prima era riuscito a sfatare. La risposta vera è nella sua intervista dopo la premiazione.

Lì, davanti agli occhi di noi giornalisti, si è presentata una Paola che non conoscevamo, che non avevamo mai visto prima. Una Paola con gli occhi che brillavano e una voglia matta di raccontare le sue emozioni anche in modo scomposto, cosa a cui non eravamo abituati. In tutti questi anni di carriera, per quanto all’anagrafe ne abbia ancora solo 26, Egonu alla stampa ha mostrato sempre e solo un’armatura fatta di sguardi quasi assenti, di risposte brevi, fin troppo il più delle volte, tanti silenzi, pochi sorrisi e un body language sempre sulla difensiva che creava distanza tra lei e il mondo. Un mondo, un’Italia, che troppo spesso l’hanno ingiustamente costretta anche a giustificare e spiegare le sue origini, la sua italianità, il suo attaccamento alla maglia azzurra, al tricolore, all’inno nazionale. Ma Paola, la vera Paola, non è questa. Chi la conosceva nel privato lo ha sempre sottolineato, da sabato 18 ottobre in avanti forse sarà sempre più chiaro per tutti.

foto Rubin-Zani/LVF

Egonu da capitano di Milano ha alzato subito una coppa, e questa volta sì lo avrà fatto con fierezza. Parola di cui lei ha sempre abusato, ma con grande sincerità. Fiera di alzare lei una coppa dà a quella parola, però, un significato tutto nuovo che Paola stessa probabilmente ha scoperto in prima persona sul palco della premiazione. Ed è proprio questa la svolta che l’ha portata poi ad aprirsi e concedersi in quel modo davanti ai microfoni.

Una svolta probabilmente per Vero Volley, che con questa nomina cercava un cambio di passo, una nuova leadership. Una grande scommessa, certo, ma potenzialmente vincente. Ora verrà il difficile, ovvero riconfermarsi, vincere ancora, ma già adesso possiamo comunque affermare che l’azzardo può pagare. Soprattutto perché iniziare subito con un trofeo aiuta, e aiuterà. Certo è singolare che in Nazionale Velasco abbia scelto di togliere responsabilità alla sua top player, e nel club si sia scelto invece di fare l’opposto dandole un ruolo preciso e per lei del tutto nuovo. “Quello della Nazionale – ha spiegato Egonu – è un gruppo di donne mature e c’è veramente poco che io devo fare”. Quello di Milano, invece, è un gruppo nuovo, con dinamiche diverse, obiettivi e sfide diverse.

Potrebbe essere questa, dunque, anche una svolta per Egonu, che ora è donna, con le spalle larghe, e quella armatura per difendersi da certi italiani (italioti?) speriamo non serva più. A livello di comunicazione, giù la maschera di ferro, largo ai sorrisi, alle battute, alle parolacce persino. Chi se ne importa, ormai i bip in Tv non li usano più neanche nei programmi per famiglie (ahinoi). Questa Paola libera di esprimersi, meno distante e più empatica, è una Paola che vale la pena di scoprire e conoscere meglio. Apprezzare in modo più leale e profondo. Senza etichette, senza sovrastrutture, senza ipocrisie, falsi moralismi e soprattutto distorsioni strumentali faziose e capziose.

Dovrà essere poi brava lei, al di là di come si porrà all’esterno, nel costruirsi una credibilità e una autorevolezza anche all’interno dello spogliatoio di cui ora è leader. Perché essere leader per definizione è un conto, esserlo nei fatti è un altro. “Un capitano, c’è solo un capitano” non è un coro che si dedica con leggerezza, ma Paola, a questa età, con questa maglia, potrebbe vincere anche questa sfida.

foto Rubin-Zani/LVF

Di Giuliano Bindoni
(© Riproduzione riservata)

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