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Immensa De Gennaro. Perché c’è stato un ‘con’ in Nazionale, perché il ‘dopo’ spaventa

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C’è stato un ‘con’ Monica De Gennaro e ora ci sarà un ‘dopo’ Monica De Gennaro per la Nazionale italiana di pallavolo. Quelli ‘con’ sono stati anni di meraviglia assoluta per gli occhi di chi ama questo sport. Anche prima di questi quattro ori consecutivi. Anche quando le medaglie hanno avuto un altro colore o non sono proprio arrivate. Dal 2006, anno del suo debutto in azzurro, per 19 anni la pallavolo mondiale ha avuto una G.O.A.T., una “Greatest Of All Time”, e noi in Italia forse non l’abbiamo celebrata mai come avrebbe meritato. Abbiamo sempre messo in copertina altri talenti, per carità indiscussi anche loro, altre giocatrici che forse qualcuno ha reputato più ‘patinate’, più ‘appealing’, magari anche più loquaci. O forse semplicemente perché un libero faceva meno notizia di un opposto o una schiacciatrice, così come nel calcio a prendersi la scena sono sempre gli attaccanti e poi siamo ancora qui a chiederci come mai Paolo Maldini non abbia mai vinto un Pallone d’Oro.

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Lei, che leader lo è stata anche quando dormiva, è sempre stata di poche parole, per lo meno con la stampa. Lo ha fatto anche al termine della sua 364esima partita con la Nazionale maggiore, finale di un Mondiale che rappresentava l’ultima pietra da incastonare su una corona dove già si faceva fatica a trovare spazio. “Era quello che volevo. Far finire tutto così. Penso sia qualcosa di unico. Questa è la fine del viaggio azzurro”.

Poche parole, appunto, un telegramma d’addio che tutto dice e tutto spiega. Emozionando. Capacità unica di sintesi che si sposa alla perfezione con questa ragazza che ha fatto della concretezza e della sostanza il manifesto della sua carriera. Un finale da film, il suo, considerando che l’ultimo avversario è stato Daniele Santarelli, suo marito, nonché allenatore con cui ha vinto tutto anche a livello di club. A Conegliano vestono gli stessi colori, quelli dell’Imoco, dal 2015. Lei ci era arrivata due stagioni prima, nel 2017 le nozze nell’anno in cui lui è diventato capo allenatore. Da sposati hanno alzato insieme 7 scudetti, 6 Coppe Italia, 7 Supercoppe italiane, 3 Champions League e 3 Mondiali per Club. Per il totale fate 26 titoli. Quelli vinti da Moki in carriera sono qualcosa in più, 30. Numeri in aggiornamento, perché se la storia in azzurro è finita (per il conto aggiungere altre 12 medaglie, di cui 7 d’oro…), quella in gialloblu ancora no: “Ci vediamo al Palaverde” è stato il saluto finale di Moki con l’oro mondiale al collo. Chissà, magari l’ultimo obiettivo sarà quello di arrivare a 10 scudetti.

Foto LVF/Rubin

De Gennaro e Santarelli avrebbero potuto sfruttare e monetizzare la loro unione, le loro vittorie, i loro tantissimi momenti di ‘hype’, come si usa dire oggi, in mille modi. In tanti lo avrebbero fatto senza troppi scrupoli. Sponsor e Tv si sarebbero fatti la guerra pur di averli. Così però non è stato perché semplicemente loro sono… Monica De Gennaro e Daniele Santarelli. Fatti, disciplina, lavoro, vittorie e… zero chiacchiere.

Tornando alla storia azzurra, come detto in apertura, adesso verrà il difficile. Una bella gatta da pelare soprattutto per Julio Velasco. Nonostante in questi 15 mesi del suo mandato da ct della femminile abbia sempre dimostrato di avere un coniglio da tirare fuori dal suo cilindro, senza Moki sarà chiamato a superarsi anche lui. De Gennaro, più di chiunque altra giocatrice, è stata il vero pilastro di questa squadra, contribuendo più di chiunque altra a rendere questa nazionale la più forte di sempre.

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Quasi mai pervenuta in ricezione, perché solo una folle batterebbe sulla divina Moki, è stata in assoluto la chiave principale di tutti i successi azzurri perché di fatto, oltre a essere il primo, secondo e terzo libero più forte al mondo con distacco abissale sul quarto, ancora oggi che di anni ne ha 38, è stata anche una seconda palleggiatrice in campo. E che palleggiatrice! Se Orro difendeva in diagonale, lei alzava palle perfette in bagher tanto in posto due quanto in quattro e pure al centro. Quando a difendere era invece lei, palla sempre in testa al palleggio e via andare. Nessun altra squadra ha mai potuto giocare così in questi anni, solo l’Italia.

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È stata anche colei che metteva ordine infondendo tranquillità e sicurezza a questo gruppo: in campo, nello spogliatoio, in camera, in aereo, al bar, al controllo passaporti, al casello dell’autostrada. Ovunque. Contro chiunque. Senza dimenticare il rapporto speciale con Paola Egonu. Sempre strette l’una all’altra in tutte le foto di squadra dopo una vittoria. Sempre abbracciate quando, scese dal pullman, attraversavano i vialetti dei palazzetti che portavano fin dentro gli spogliatoi. “Non so se esistano segreti per quello che stiamo facendo, ma sono convinta che la presenza e l’esempio di Monica De Gennaro sia determinante sotto ogni aspetto. In allenamento ed in campo, con il suo grande carisma spinge tutte noi, veterane e giovani, a dare il massimo” ha raccontato più e più volte Paola in tante interviste in questi ultimi anni dorati.

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Nel club come in Nazionale, dopo ogni sessione d’allenamento di squadra iniziava (e inizia) quella di battuta e ricezione di De Gennaro. Sessioni lunghe… Sessioni che si ripetono da anni. Sessioni che da sole varrebbero il prezzo di un biglietto, e siamo certi sarebbero stati in molti a comprarlo. Sarebbe stato un bel business.

No, proprio non riusciamo ad immaginare la Nazionale senza di lei. Bisogna rispettare la sua scelta, la sua decisione, questo è ovvio e sacrosanto. Ma allo stesso tempo non riusciamo neanche a immaginare una Moki De Gennaro che passa l’estate al mare ad annoiarsi sotto l’ombrellone da sola perché il marito è in giro per il mondo ad allenare e le sue amiche e compagne sono in giro per il mondo a giocare.

Se l’Italia non potrà più averla in campo, bisognerà trovarle un ruolo nello staff per averla almeno, comunque, in gruppo sotto altra veste. Ammesso che lei lo voglia, ma su questo saremmo sorpresi del contrario.

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Quanto alla sua induzione nella International Volleyball Hall Of Fame, per una volta si potrebbe anche ignorare il protocollo senza aspettare che smetta di giocare proprio del tutto. Certe leggende lo meriterebbero.

Grazie Moki. Come te, nessuna mai.

Di Giuliano Bindoni
(@ Riproduzione riservata)

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