Dal calcio alla pallavolo, ora Filippo Pochini sogna un grand finale con San Giustino

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Chiamalo Pokigno, chiamalo uno dei liberi più conosciuti della serie A3, chiamalo semplicemente Filippo, quello della squadra dei miracoli, ovvero ErmGroup Altotevere San Giustino, ma chiedigli di far parte di questo mondo ancora per un po’. Mi sono avventato su Pochini con l’energia e l’entusiasmo che si addice a uno che piace a tutta la serie e che è riconosciuto per il suo valore e la sua empatia, e mi sono trovato di fronte una persona pacata, timida, ma generosissima nel commentare con me la sua vita e la sua carriera, divisa tra un amore che si chiama beach volley e un lavoro che si chiama pallavolo e che Filippo fa con dovizia di sacrificio da circa vent’anni.

“Le stagioni giocate sono diciannove. Non avrei mai pensato, quando ho smesso di giocare a calcio di fare il percorso che poi sono riuscito a fare con la pallavolo. È stata un’esperienza intensa e bellissima sia a livello professionale, perché sono riuscito a vincere dei campionati importanti, sia da un punto di vista umano. Alla pallavolo devo dire grazie soprattutto per le persone che ho conosciuto, i viaggi che ho fatto, i luoghi che ho visitato”.

È riuscito a giocare in Superlega. Il giorno più bello?

“Il sogno era arrivare a giocarci. Se mi chiede un giorno le dico di un Perugia-Taranto nel quale la mia famiglia e i miei amici sono venuti ad assistere alla mia partita in quel palazzetto. Per me, che sono umbro di origini, inutile dire che è stato un momento molto emozionante”.

 Ha parlato di persone che ha conosciuto. Scelga e mi dica i nomi di quelle della pallavolo a cui è più legato.

“Ho davvero tanti amici e ho conosciuto tante persone, è vero. Se mi chiede così a bruciapelo le dico Omar Biglino, compagno a Siena che adesso si trova a giocare a Cannes nel campionato francese, Filippo Ciulli, Lorenzo Sperotto e Alessandro Graziani”.

Diciannove stagioni. L’ultima delle quali con San Giustino ha del miracoloso. Se il campionato fosse iniziato al girone di ritorno, sareste i primi della classe.

“Quest’anno non siamo partiti benissimo, poi con qualche cambio e devo dire con l’arrivo di Maiocchi siamo diventati una squadra davvero tignosa. Mi piace dire che non siamo un gruppo di fenomeni, ma siamo gente che vende molto cara la pelle. E ne sono felice, perché San Giustino è una società molto molto seria che merita un bel piazzamento quest’anno. La volontà per arrivare in fondo c’è, e lo vogliamo tutti”.

Non si nasconde Pochini. San Giustino da playoff.

“Credo che già il traguardo è matematico. Noi vogliamo andare avanti e giocarcela. La squadra è molto migliorata e siamo determinati a finire bene. Diciamo che la stagione regolare vorremmo finirla al quarto posto”.

Pensare che quest’anno si parlava di una sua dipartita per dedicarsi al beach volley.

“Ho aperto una scuola di beach con altri soci a Mantignana, vicino a Perugia, che si chiama Obeya Beach. Se non avessi trovato nulla di compatibile con questa attività che mi tiene parecchio impegnato, forse non avrei rinunciato completamente alla pallavolo, ma certamente avrei dovuto abbandonare l’idea di continuare a fare la serie A”.

Non ha mai avuto problemi a scalare in una serie minore. Perché così tante stagioni in serie B quando poteva ambire a qualcosa di più?

“Sono onesto, perché penso che lo si debba essere: ho preferito giocare, vincere dei campionati, penso all’anno più bello a Gioia del Colle, dove in B vincemmo tutte le partite a disposizione, e guadagnare qualcosina in più per potermi realizzare oltre la pallavolo. Le proposte, è vero, non sono mancate anche dalle serie maggiori, ma ho fatto una scelta di campo che rivendico”.

Il più forte con cui ha giocato?

“Senza dubbio Goran Vujevic”.

Nei prossimi anni potrebbe scegliere solo la carriera del beach come alcuni suoi colleghi?

“No, a livello di beach mi piace allenare e giochicchiare da noi. Per cui farò magari qualche B1 estivo. Preferisco giocare finché ci sarà la possibilità. Alla pallavolo rimango molto legato”.

Di Roberto Zucca

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Il ritorno di Dragan Travica: “Felice di lavorare con Boninfante, ma con papà…”

Sale in Zucca

Buon viaggio, che sia un’andata o un ritorno, che sia una vita o un solo giorno... da Dragan Travica. Un itinerario, quello di una persona, ma è doveroso, per quanto bene ne conosca le genesi, estendere il concetto a tutta la sua famiglia, che ha attraversato nazioni impervie, l’Iran su tutte, campionati in cui l’Italia era poco rappresentato fino al suo passaggio, e penso alla Russia e strade che lo hanno reso un giocatore non solo di esperienza, ma anche di peso.

Il Travica dei 38 anni è un palleggiatore dal palmares invidiabile, papà di due figli, eterno ragazzo e uomo navigato, ed è colui che Piacenza ha scelto per il prossimo campionato, da affiancare a quel piccolo genio di Paolo Porro. Viene fuori un mix curiosissimo, forse perché caratterialmente e carismaticamente il piccolo ricorda il grande degli esordi, e ancor di più perché la Gas Sales darà valore mediante Dragan ad un reparto che a Piacenza significa esperienza e ambizione.

“L’Italia è il luogo da cui tutta la mia carriera è incominciata e devo dire che sono molto felice di ritrovare il mio paese e il campionato di Superlega. La Grecia mi mancherà, anzi, ci mancherà da morire, perché anche Giulia e il mio primo figlio Milo, si sono trovati molto bene. Sono stati anni importanti per tutti, anni in cui ho lottato. Lascio con un po’ di amaro in bocca per l’ultimo trofeo non vinto. Il finale è l’unico neo di stagioni in cui ho dato il massimo”.

Ed ora si gode Piacenza.

“I primi contatti ci sono stati a febbraio e ho avuto subito modo di apprezzare il progetto. Poi, il caso vuole che anche mio papà solo fino a poche settimane fa ha lavorato per questa società e svelo un aneddoto, ovvero che quando è stato contattato per la panchina, pensava avessero sbagliato perché erano giorni in cui anche io stavo iniziando le interlocuzioni con il club”.

Sarebbe stato curioso vedervi insieme in Italia.

“Sarebbe stato bellissimo. Ma io sono felicissimo di lavorare con Dante con cui ho fatto molte cose belle in nazionale. Papà sapeva che doveva traghettare la squadra fino a fine stagione. Così come io so bene quale è il mio ruolo e sono contento di lavorare con Paolo”.

foto Gas Sales Bluenergy Piacenza

Ha diretto la squadra fino a ieri in regia. Quest’anno un ruolo diverso.

“Ho 38 anni e giocare cinquanta partite come lo scorso anno inizia a diventare un tema a livello fisico. Sono qui perché Piacenza è un progetto di crescita anche per i giovani, penso alle varie scommesse che ha in atto e io sarò ben felice di mettere la mia esperienza laddove verrà richiesta. Ho scelto questa società perché preferisco giocare per vincere dopo tutti questi anni e sono certo che il roster allestito potrà togliersi delle belle soddisfazioni”.

Paolo Porro è un po’ il Travica degli esordi?

“Mi aspetto che sia il palleggiatore che farà sognare i tifosi e continuerà a dimostrare di che pasta è fatto. Penso al suo cammino a Milano, dove negli anni è riuscito con la squadra a mettere in crisi tanti top team, divenendo una squadra molto apprezzata e presa a modello. Paolo a Milano si è guadagnato tanta stima e fiducia sul campo. Questa è la squadra che può consacrare le sue ambizioni”.

Con suo padre Piacenza cosa ha fatto capire?

“Io credo che papà sia un po’ il Ranieri del volley, è uno che riesce sempre a lavorare sulla chimica della squadra e sulla disciplina. Penso sia il suo valore aggiunto, anche perché ha una lunghissima carriera e ha davvero lavorato con ogni tipologia di gruppo”.

Lei un po’ punta a questi obiettivi?

“Puntiamo tutti in generale a creare subito un gruppo che la domenica voglia puntare in alto. Non vedo l’ora di cominciare anche perché ho sentito parlare molto bene di tanti elementi del gruppo ed ora sono curioso di lavorare con loro in palestra”.

Intervista di Roberto Zucca
(© Riproduzione riservata)