Ferhat Akbas, l’uomo dei trofei: “L’Eczacibasi è competitivo per la Champions”

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Di Alessandro Garotta

Il racconto della pallavolo di oggi tende a esagerare su tutto, ma più di tutto su una cosa: l’importanza degli allenatori. Dare tutte le colpe o attribuire tutti i meriti a quelle persone che si agitano a bordo campo, davanti alla loro panchina, è un’operazione piuttosto semplicistica e ingiusta. Soprattutto se pensiamo a quanto possano pesare gli errori o le grandi prestazioni dei giocatori in campo, se pensiamo a quanto contino il lavoro e gli investimenti dei club, soprattutto se il giudizio è legato a un evento breve, a un periodo breve – una singola partita, ma anche una singola stagione.

A volte, però, questo eccesso di enfasi e di significati si trasforma in una semplice e inevitabile constatazione della realtà. Perché certi allenatori sanno essere decisivi, riescono ad avere un impatto enorme e immediato sul mondo che li circonda. Ed è sicuramente il caso di Ferhat Akbas, tecnico turco che a soli 36 anni ha già vinto tutto ciò che è possibile vincere: scudetti e Coppe al Chemik Police, una CEV Cup dominata con l’Eczacibasi Dynavit Istanbul e un clamoroso successo nella Challenger Cup (che vale la qualificazione alla prossima VNL) con la nazionale femminile della Croazia.

La sua esperienza da allenatore, i suoi successi più recenti e le aspettative per il futuro: sono alcuni dei temi affrontati da Akbas nel corso di un’intervista esclusiva ai microfoni di Volley NEWS.

Foto CEV

Per cominciare, ci racconta come ha deciso di intraprendere la carriera di allenatore?

In realtà, all’inizio non avevo intenzione di diventare un allenatore professionista. Non era il mio obiettivo principale. Però, è una decisione che è maturata in modo naturale, quando ancora giocavo nella squadra in cui sono cresciuto e avevo capito che non potevo stare neanche un giorno senza pallavolo. Così, una volta terminata la carriera da giocatore, finalmente sono diventato allenatore“.

Quale consiglio darebbe al Ferhat del passato, quando era alle sue prime armi da allenatore? Qualcosa che magari adesso le è chiaro, ma che ha capito solo nel tempo.

Avere una routine quotidiana basata sulla pallavolo, guardare partite di pallavolo, parlare di pallavolo, stare costantemente a contatto con la pallavolo. Questo sarebbe un buon consiglio che darei a me stesso, perché vivendo in simbiosi con questo sport è molto più facile acquisire esperienza, fissare obiettivi importanti e avere una migliore conoscenza del gioco“.

Ha un obiettivo in particolare? Un traguardo che ha già raggiunto o che deve ancora raggiungere e la motiva a lavorare quotidianamente?

Il volley è uno sport in cui andare alle Olimpiadi e vincere medaglie olimpiche è molto difficile, poiché solo un numero ridotto di squadre prende parte a questa competizione. Quindi, un giorno mi piacerebbe raggiungere proprio questo obiettivo. A livello di club, vorrei provare la sensazione di avere sul collo la medaglia d’oro della Champions League da capo allenatore. Mentre per quanto riguarda i miei obiettivi quotidiani, vorrei sempre essere la miglior versione di me stesso. Oggi devo cercare di essere meglio di ieri. Questo è anche il mio motto“.

Foto Volleyball World

Sta vivendo un’estate molto impegnativa da commissario tecnico della nazionale femminile croata. Com’è stato vincere la Challenger Cup?

È stata una vittoria inaspettata ma senza dubbio meritata, e perciò sono molto orgoglioso della mia squadra. Avevamo lavorato duramente per arrivare pronti, consapevoli di poterci giocare le nostre carte in questo torneo. È stato un onore aver scritto insieme alle giocatrici e allo staff una pagina importante della storia della pallavolo croata. L’anno prossimo prenderemo parte per la prima volta alla Volleyball Nations League e questo ci rende estremamente felici“.

A breve si giocheranno i Mondiali. Quali sono le sue aspettative per questo appuntamento?

I mondiali sono in assoluto il torneo più difficile. Purtroppo, la Croazia è stata inserita in un gruppo molto duro, che comprende Polonia, Turchia, Thailandia, Repubblica Dominicana e Corea del Sud. Sono tutte squadre con un’incredibile esperienza internazionale, ma non abbiamo nulla da perdere e stiamo lavorando per cercare di migliorare. Dovremo fare un passo alla volta, partita dopo partita, cercando di dare il massimo per ottenere la qualificazione alla fase successiva. Non facciamo promesse in termini di risultati, ma certamente lotteremo contro tutte le avversarie per mettere in campo buone prestazioni“.

Cosa deve fare la Croazia per migliorare e ridurre il gap dalle nazionali più forti al mondo?

La Croazia ha un potenziale enorme per quanto riguarda la pallavolo: nel futuro prossimo dovremo cercare di sfruttarlo. Ci sono giocatrici molto promettenti e nel complesso la squadra ha qualità importanti. Inoltre, dobbiamo credere maggiormente nel processo di crescita che le giocatrici possono avere nel proprio club e fare in modo che il maggior numero di giovani vada a giocare ad alti livelli“.

Foto CVF

Dopo due stagioni in Polonia, la scorsa estate ha iniziato una nuova sfida sulla panchina dell’Eczacibasi Dynavit Istanbul. Come mai questa decisione?

Ero davvero felice in Polonia, dove ho lavorato per due stagioni e vinto tutte le coppe nazionali e i campionati. A dire il vero, non c’era una ragione specifica per andare via. Però, l’Eczacibasi è uno dei migliori club al mondo e soprattutto un club del mio paese natale, la Turchia. Perciò, non accettare quell’offerta sarebbe stata una decisione poco intelligente. Ora sono molto orgoglioso di essere il capo allenatore dell’Eczacibasi ma anche di aver ricoperto questo ruolo al Chemik Police in Polonia“.

Sotto la sua guida, l’Eczacibasi è tornato a vincere una competizione internazionale. Quali emozioni ha provato dopo il trionfo in CEV Cup?

Quando ho iniziato a lavorare per l’Eczacıbaşı, era appena stata rinnovata l’intera struttura del club, dal livello aziendale a quello più legato al campo. Quindi, non è stato facile combinare questi cambiamenti al raggiungimento di buoni risultati sportivi. Ma al mio primo anno sono molto contento di aver vinto la CEV Cup, che era anche uno dei principali obiettivi della stagione: lo avevamo fissato fin dall’inizio del nostro percorso insieme. La chiave del trionfo è stata crederci in ogni momento. Alla fine, possiamo dire di aver dominato le nostre partite riuscendo ad aggiungere un nuovo trofeo al palmarès del nostro club, che merita sempre il meglio“.

Nel complesso è stata una stagione soddisfacente?

L’intera annata è stata impegnativa perché, come detto prima, abbiamo dovuto apportare molti cambiamenti e allo stesso tempo cercare di ottenere buoni risultati. Il nostro percorso europeo è stato perfetto con la vittoria della CEV Cup, mentre a livello nazionale abbiamo ottenuto un piazzamento che ci consentirà di tornare in Champions League, competizione che non avevamo potuto giocare l’anno scorso. Quindi, direi che complessivamente è stata una stagione positiva e soddisfacente“.

Si prospetta una stagione 2022-2023 ricca di sfide per l’Eczacıbaşı. È contento del nuovo roster a sua disposizione? Dove potete arrivare?

Spero che le giocatrici che hanno giocato all’Eczacibasi nelle ultime stagioni non interpretino male questa dichiarazione, ma posso dire chiaramente che abbiamo costruito una squadra più forte, soprattutto perché dobbiamo giocare in Champions League. Abbiamo estrema fiducia in questa squadra che può contare su giocatrici di alto livello in ogni posizione. Inoltre, avremo un piano di gioco chiaro che ci permetterà di essere competitivi su ogni fronte: campionato turco, Coppa di Turchia e Champions League“.

Ha la fortuna di lavorare con giocatrici eccezionali come Tijana Boskovic, Maja Ognjenovic, Laura Heyrman, Samanta Fabris, giusto per citarne alcune. Esiste un segreto per allenare e gestire al meglio queste stelle internazionali?

Lavorare con le migliori giocatrici al mondo è qualcosa di speciale, perché ti dà la sensazione di essere più vicino agli obiettivi che hai sempre sognato di raggiungere. Puoi credere in loro, affidarti alle loro qualità e sapere che con loro puoi tagliare traguardi importanti. Perciò, non credo che allenare giocatrici forti sia complicato. Anzi, rendono tutto più semplice. Una cosa estremamente importante, che non deve mai mancare, è il rispetto tra allenatori e giocatrici. Bisogna ascoltarsi a vicenda. Così, cerco di dare ascolto a tutte le mie giocatrici con atteggiamento positivo. E in campo mi piace concedere loro più libertà possibile affinché possano mostrare il loro talento: limitare le qualità delle giocatrici non è mai una buona mossa per un allenatore. Quindi, riassumendo, è importante ascoltare le proprie giocatrici, comunicare bene e concedere loro spazio in campo per farle rendere al meglio. In questo modo, cresce la fiducia reciproca“.

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Tommaso Stefani esclusivo: “Ho voglia di mangiarmi questa Superlega… e tornare in Azzurro”

Sale in Zucca

Nel 2019 Tommaso Stefani è da poco maggiorenne, ma ha già un campionato mondiale under nel Palmares ed è uno dei giovani più forti che la pallavolo italiana ci abbia mai regalato. Me ne innamoro giornalisticamente subito perché il suo impatto emotivo è così forte da lasciarmi senza fiato. Non fa rumore, non ne ha bisogno, non si afferma per il carisma, si afferma perché fa meglio di tutti ciò che fa, ossia chiudere punti da posto due in ogni modo, devastando in primis i muri avversari e troncando violentemente le ambizioni di alcuni dei più promettenti posti quattro dell’ambiente e delle nazioni giunte fino al suo cospetto e al suo talento. 

Ad attenderlo, a quel punto, c’è la Superlega. Nelle settimane che precedono il suo approdo a Ravenna il giudizio su di lui diventa particolarmente divisivo: per alcuni, è un giocatore troppo generazionale, è fragile. È piccolo - controbatto a chi in quegli anni ha alimentato il boicottaggio degli astri nascenti - e si farà. In mezzo alle mie parole gli anni di Taranto e di Padova, che avrebbero potuto dare ragione ai leoni che speravano in un tramonto, come poi avvenuto per altri di quei nuovi fenomeni italiani. In un mondo in cui, se fossimo femministe alla “oltre le gambe c’è di più”, dovremo dire “oltre Michieletto (che amiamo e veneriamo tutti) c’è di più”, Tommaso Stefani rappresenta la normalità di chi cade e rinasce, crolla e si rialza, così come si è affermato, senza far rumore o senza imporsi nell’ambiente. Stefani c’è, è già tornato, è cresciuto, e soprattutto io lo guardo come il primo giorno, con la consapevolezza che c’è qualcosa di grande di lui e che presto tornerà, proprio a Padova a riemergere.

“Voglio giocare, forse lei in me vede ora quella caparbietà di chi vuole tornare ad essere la prima scelta. Avevo il contratto per restare a Padova, qui mi sono trovato benissimo sotto ogni punto di vista e giocherò la mia terza stagione in Veneto. La prima è stata una stagione cosiddetta riabilitativa a seguito dell’operazione. In questa non ho avuto modo di trovare gli spazi che avrei voluto ed ora voglio dimostrare di poter seriamente giocarmi la Superlega”.

Come farà?

“Come ho sempre fatto, allenandomi bene e con la determinazione giusta voglio riconquistarmi lo spazio che so di potermi meritare. Quest’anno, soprattutto nelle battute finali, quando ho avuto più la possibilità di giocarmela, ho dimostrato di saper raggiungere una qualità nelle partita che potevano portarmi a fare la differenza. L’intento è di continuare su questa falsariga”.

Padova per cosa giocherà la prossima stagione?

“Non mi faccia parlare di obiettivi perché bisogna prima capire come finiranno di attrezzarsi tutte le squadre. Sappiamo certamente che l’obiettivo di base è la salvezza. Ciò che verrà sarà tanto di guadagnato”.

Devo citarle due persone che appartengono alla sua storia recente. Parto da Marco Falaschi, che quest’anno non sarà con lei. Si capisce che è nato un rapporto speciale tra di voi.

“Un palleggiatore con cui ho giocato sia qui che a Taranto. È stato una persona importante sotto ogni punto di vista. Caratterialmente ha dato molto qui a Padova, è stato un punto di riferimento per tutti e a livello di esperienza portata sul campo e in spogliatoio direi altrettanto”.

La seconda è Alberto Polo, che torna dopo uno stop lungo tanti, troppi anni, mi permetto. Non entro nella vicenda sportiva, ma posso dirle che sento che tra di voi l’alchimia è forte.

“A livello umano abbiamo condiviso anche recentemente un collegiale con la nazionale e le posso dire che ci siamo trovati. Alberto è stata una bella scoperta, è un ragazzo d’oro. Già dalla seconda settimana a Padova, dopo il suo ritorno ha fatto capire di che pasta è fatto. Credo che caratterialmente sia accostabile a Falaschi e può certamente raccoglierne l’eredità. È un ragazzo che può fare tanto”.

L’ho accostato a lei perché entrambi siete un po’ le speranze della Padova del futuro. Mi prendo la responsabilità di dire che quando il campo ti viene tolto ingiustamente, per ragioni diverse, forse ci si riconosce e si empatizza l’uno con l’altro.

“Siamo due storie diverse, ma il campo posso dire che è mancato ad entrambi. Sono certo che Alberto avrà la mia stessa voglia di mangiarsi questa Superlega”.

Nelle ultime estati abbiamo visto uno Stefani familiarizzare con il beach volley e con Cottarelli.

“Allo scorso torneo di Bibione me ne sono innamorato. Se non ambissi a ritrovare la maglia azzurra, penserei di giocarmi il campionato italiano tutte le estati. Con Cotta c’è un bellissimo rapporto, l’ambiente del beach è stupendo. Però non me la sento di tradire le mie ambizioni”.

Mi conceda un fantabeach Stefani. Con chi giocherebbe oltre a Cottarelli un tappa di un mondiale di beach.

“Non ci ho mai pensato. Direi Lupo o Cottafava. Ma è fantabeach, lo scriva!”

Ci prometta che la maglia azzurra non sarà più solo un ricordo.

“Cercherò di rientrare, quest’anno ho ricominciato con i collegiali e i prossimi anni vorrei puntare a qualcosa di più. Lo prometto”.

Intervista di Roberto Zucca
(© Riproduzione riservata)