Foto Facebook Consar Ravenna

Tommaso Stefani, il nuovo che avanza: “Ho ancora tanto da dimostrare”

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Di Roberto Zucca

Difficile, per lui, utilizzare l’espressione “in punta in piedi”. Anche perché i suoi 210 cm testimoniano il fatto che un ingresso in campo non passa di certo inosservato. E quell’ingresso in campo, Tommaso Stefani, lo ha già fatto, iniziando a lasciare il segno in Superlega nella scorsa stagione a soli 18 anni. Di lui la stampa, all’arrivo alla Consar Ravenna che ne sta consacrando il talento, ne ha parlato come di un nuovo “gioiellino” del volley:

Etichetta da cui per carattere cerco sempre di rifuggire. Un po’ perché non mi sento di essere arrivato ancora da nessuna parte e un po’ perché tendo sempre all’autocritica. Diciamo che a Ravenna sono arrivato per iniziare un cammino, nel quale penso di avere ancora tanto da fare e da dimostrare”.

Il suo secondo anno di Superlega a soli 19 anni. A pensarci è un bell’inizio.

Io sono contento perché mi trovo in un contesto nel quale mi piace stare e nel quale mi sento di fare un buon percorso di crescita. Ravenna è una squadra che investe sui giovani ed oltre ad essere lusinghiero per loro è un’occasione per chi si trova all’interno. Il gruppo è un gruppo nel quale si lavora bene e nel quale ci si diverte pure”.

Foto Porto Robur Costa 2030

Bilancio di questa prima parte di campionato?

Non avrei voluto contrarre il Covid-19, perché ha arrestato un po’ una stagione che, vista l’esperienza con la nazionale, mi aveva già visto assente nel primo periodo. Il recupero però è andato nel migliore dei modi ed ora mi trovo, insieme alla squadra, a vivere l’ultimo periodo prima dei playoff. Dobbiamo lavorare per cercare di portare a casa gli obiettivi prefissi all’inizio della stagione”.

Il gruppo. Lei ha l’aria di uno a cui piace fare spogliatoio, e penso anche all’azzurro.

Dicevo a mio papà che un gruppo del genere è proprio bello da vivere. Credo davvero che i risultati siano arrivati perché si è creato quella chimica giusta che porta al risultato. Si è creato un gruppo che mi piace definire di uomini-squadra, l’esatto contrario delle prime donne. Un gruppo in cui tutti credono nel valore dello stesso”.

Di strada da Sesto Fiorentino ne ha fatta tanta. Cosa le manca di quegli anni?

Ho iniziato lì. Papà è allenatore del Sesto Fiorentino. Da lì a 14 anni sono arrivato al Club Italia, e ho disputato le finali della Junior League con la maglia di Civitanova. Poi è arrivata Ravenna. Non ho particolari mancanze, perché avevo una vita piuttosto standard: scuola, casa e palestra per gli allenamenti. Se ci penso di quella vita ho nostalgia delle passeggiate a Firenze e Sesto e del tempo trascorso con gli amici d’infanzia”.

Foto Federazione Italiana Pallavolo

Papà Gabriele e mamma Claudia. Quanto conta la famiglia per arrivare lontani?

Menzionerei anche Jacopo, mio fratello! Diciamo che i sacrifici dei miei genitori hanno contato tanto per i risultati che poi ho raggiunto. Hanno permesso che un ragazzino di 14 anni lasciasse casa e andasse a vivere a Roma lasciando tutto il suo mondo. Quello che posso dire è che è stato importante capire quanto avessero fiducia in me come persona, prima che come giocatore. Papà è anche quello con cui poi ci sentiamo per commentare le partite. Lo considero come un secondo allenatore!”.

Durante il lockdown mi hanno colpito le sue storie sul cibo. Sopravvivenza o vocazione?

Assolutamente vocazione. La cucina è una delle mie più grandi passioni. Se non avessi abbracciato la carriera nella pallavolo, penso mi sarei iscritto a Bologna all’Accademia di Cucina. Mi piace creare, impiattare in un certo modo. Vado forte sui primi piatti”.

A cena per festeggiare un traguardo importante. Dove e con chi?

Con mio fratello Jacopo da Cannavacciuolo. Direi che è un qualcosa che mi piacerebbe fare molto presto. Cercherò solo l’occasione giusta”.

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