Quando il pallone tocca terra e vedo il suo sguardo emozionato, anche se lui non è il tipo che vende emozioni a buon mercato, penso a Barbara e Fabio (bisogna avere abbastanza senso della confidenza da pensare ai propri interlocutori come famigliari in questo secolo in cui i social hanno ridotto le distanze emotive). Penso anche a Michelle (Obama) e a Oracene (Price), che in un libro, ‘Becoming’, e in un film, ‘King Richard’, che tutti noi italiani ricordiamo come ‘Una famiglia vincente’, parlano un po’ della storia dei Porro. Andiamo per ordine.
Sono anni che intervisto, in ordine di affermazione, Paolo, Luca e Simone e ogni volta mi riprometto di telefonare direttamente alla loro mamma o al papà per dirci mille cose e curiosare nel passato, soprattutto di Luca. Il più avido di allegria, di soddisfazione, di orgoglio. Il più (fintamente) insensibile ai trionfi e quello che, lo confesso oggi, mi ha sempre colpito maggiormente per i suoi non detti. Sua mamma, qualche giorno, ha detto ad un giornalista, quanto è fiera del fatto che suo figlio avrebbe ricevuto i complimenti al Quirinale, e io, mamma coraggio che non sono, penso quanto abbia ragione a desiderare per il proprio figlio un momento così fotografico e di onorificenze decantate che rappresentano davvero un punto alto del proprio lavoro. Ecco che allora arrivo a Michelle Obama di Becoming, che ricorda quanto sua madre Marian, fosse orgogliosa della donna che interpretò la più popolare e magnetica first lady della storia degli Stati Uniti, soprattutto quando in diretta come Luca al Quirinale, fece il giuramento alla Casa Bianca insieme al marito Barack. O ad Oracene, inquadrato perennemente quando Serena e Venus Williams, cancellavano un inizio di storia del tennis che non ammetteva il colore nero, scrivendo una storia fatta dei trionfi di due dei più grandi talenti della storia dello sport.
Penso a quanto i genitori di Luca, e di Paolo e di Simone debbano essere stati emozionati con un figlio campione del mondo a 21 anni, un altro che lo diventerà e un altro ancora che lo diventerà, e non è un refuso o un cortocircuito. Questo Paese non parla mai abbastanza di quanto la famiglia Porro sia centrale nella narrazione del volley moderno, con due dei tre che giocano la Superlega (Paolo a Piacenza, Luca a Modena) e l’altro a Santa Croce in A2, ma già campione Europeo a 16 anni per costringere noi tutti vincitori del torneo organizzato dal villaggio vacanze al massimo a perire di fronte a tutta questa bravura.
Penso a quanto debba essere stato difficile per tutti crescere e dividersi tutto questo affetto, tutto questo amore che si respira a casa di Luca, ma anche a quanto quell’onda di sentimento, girata a successo nelle Filippine di poche settimane fa, debba essere stata moltiplicata per i tuoi genitori che ti seguono ovunque la domenica e i tuoi fratelli che sognano quel momento, ma non ne sono affatto gelosi, bensì ti supportano nel declamare un’affermazione meritatissima, perché Luca Porro, lo scriverò sui muri e sulle metropolitane, questo campionato del mondo se lo è strameritato.
Ora, che per un attimo, è il più popolare della famiglia, gioco sul fatto che in casa saranno un po’ gelosi del suo ruolo, ma giusto per rompere un po’ la routine delle domande già fatte.
“Il traguardo è famigliare, perché è stato vissuto da ambedue le parti come se fossimo tutti lì e loro fossero nelle Filippine assieme a me per condividere quella gioia immensa. Dopo la premiazione ci siamo sentiti subito e abbiamo festeggiato anche se da remoto”.
La telecamera ha staccato ad un certo punto ed è sembrato che lei, forse per abitudine, si girasse per cercarli tra le tribune.
“Ero ben consapevole del fatto che non fossero con me, ma posso dire di averli portati dentro di me per tutta la durata del torneo. Questo Mondiale è mio, ma l’ho vinto assieme a loro”.
Qual è la frase che le è più rimasta in mente da parte della sua famiglia in quelle ore?
“Siamo orgogliosi di te e della strada che hai fatto”.
Come ha vissuto dal punto di vista emotivo tutto quel successo?
“Se lei si riferisce alla popolarità acquisita in Asia, le dico che all’inizio quelle urla e quel calore possono destabilizzarti, anche perché lo fanno per tutta la partita. Ci lanciavano e donavano i Labubu, che sono dei pupazzi che vanno molto di moda e ci scrivevano tante lettere che educatamente venivano consegnate a fine partita”.
Conoscendo la sua timidezza, un po’ avrà sorriso di quei gesti?
“Beh, si un pochino sorridevo, ma per carattere. Qui in Italia non siamo abituati, almeno io non lo sono”.
Sua mamma ha dichiarato che vederla da Mattarella è una bella emozione.
“Beh, è stato anche per me un momento molto toccante. Sei lì, di fronte al Presidente e poi è venuta a farci i complimenti anche la Premier Meloni e senti di aver conquistato qualcosa che riguarda il Paese. Mattarella segue molto la pallavolo ed è attento al percorso che sta facendo questa nazionale. So che non è la prassi, quindi mi godo il momento”.
Torniamo per un attimo a quei momenti. Mi dice quando ha capito che avrebbe ottenuto la medaglia d’oro?
“Al quarto set contro la Bulgaria il distacco era diventato importante. Non devi pensare che sia finita, perché devi restare concentrato fino a quando l’ultimo pallone non cade a terra, ma dentro me man mano che andavamo avanti con la distanza pensavo che si sarebbe conclusa a nostro favore”.
Suo fratello Simone ha scritto che questi traguardi rappresentano la sua rampa di lancio. Cosa significa?
“Simone sa quanto tengo a ciò che faccio e quanto ho lavorato affinché potessi sfruttare queste occasioni per far vedere a che punto del mio percorso professionale sono arrivato. La pallavolo è la mia passione, è il mio lavoro, è la mia quotidianità. Vengo messo davanti a delle prove ogni giorno e quella Mondiale è stata una di quelle che ha fatto capire dove voglio andare e dove voglio arrivare”.
Ha un nome tutto questo?
“Voglio esserci, con questa nazionale in primis”.
A me è sembrato che lei abbia già fatto pace con tutto questo e sia già al lavoro per altro.
“Cosa intende?”.
Che Porro è un soldato e il suo piano di battaglia è molto chiaro. Lei mi sembra uno che poco si crogiola sulle vittorie. Sbaglio?
“In realtà ho avuto il tempo di elaborare ciò che ho ottenuto, ma non ho il tempo per pensarci perché sono già nel mio presente e questo presente significa Modena, significa Superlega e gli obiettivi che ho con il mio club, a cominciare da un buon avvio di campionato. Devo buttarmi a capofitto sulla stagione perché arrivo da una lunga parentesi azzurra. Non posso permettermi di pensare troppo a ciò che è stato, ma a ciò che devo fare qui e ora”.
Da uno a dieci, quanto è ambizioso Porro?
“Sono ambizioso, mettiamola così”.
Cosa è rimasto di quel ragazzo che solo qualche giorno fa è apparso in una immagine cliccatissima con la maglia di Prata?
“L’ho vista anche io. Fa effetto, anche perché mi sono rivisto cambiato, anche fisicamente. Sono passati pochi anni, in realtà è passata proprio una vita. Non so cosa sia rimasto di quel Luca, forse i principi con cui sono cresciuto”.
Si aspettava di arrivare fin qui a ventuno anni?
“No, non me lo sarei mai aspettato, soprattutto non così presto”.
Mi dica se pensa già dove la vedo io, ossia alla prossima Olimpiade.
“Mi interessa proseguire con la nazionale. Ora pensare al futuro con la maglia azzurra è un qualcosa che va realizzato ed elaborato”.
Con Modena che obiettivi si è dato?
“Sono obiettivi di squadra, dobbiamo dimostrare tutti che questa è una squadra che può rappresentare qualcosa e può ritagliarsi uno spazio”.
L’aspettano tutti.
“Mi fa piacere. L’impatto è stato decisamente buono. Spero di poter parlare così anche nei mesi a venire”.
Intervista di Roberto Zucca
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