Sirci: "Zaytsev opposto era un’incognita. Non sono pentito della cessione"

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Di Redazione

Ha fatto molto discutere quest’estate, la partenza di Ivan Zaytsev da Perugia per poi accasarsi a Modena. Il motivo lo si sapeva già da tempo, con lo “zar” che aveva espresso il desiderio di tornare a giocare come opposto anziché schiacciatore, ruolo ricoperto alla Sir. Il Presidente Gino Sirci, ha ribadito così la sua scelta, nell’intervista pubblicata nell’edizione odierna de “La Repubblica”.

La partita di questa sera tra Italia e Serbia è quasi un derby per il presidente del Perugia Gino Sirci. Scenderanno in campo quattro dei suoi giocatori: Colaci e Lanza per l’Italia, Podrascanin e Atanasijevic per la Serbia.

La guarderà dalla tribuna? «Spero di arrivare in tempo. Questa partita è una strana coincidenza. Sono costretto a tifare Italia ma guardo i nostri avversari con simpatia e orgoglio».

Dopo 2 anni nella stessa squadra, la sua, questa sera Atanasijevic e Zaytsev si incontreranno da rivali. Lei a maggio ha preso una posizione importante lasciando partire l’azzurro. Come mai? «Dovevo farlo. Zaytsev voleva ritornare al suo vecchio ruolo di opposto prendendo il posto di Atanasijevic. Per accontentarlo avrei dovuto mandare via un ragazzo che quest’anno ha fatto una stagione perfetta e in prospettiva può diventare ancora più forte. Da opposto Aleksandar è una certezza, lo Zar per me era un’incognita. Ho preferito lasciarlo andare e rinnovare di due anni il contratto al serbo».

Se n’è pentito? «Mai. Se tornassi indietro farei lo stesso».

Atanasijevic ha ventisette anni e non è mai stato ingenuo: in campo sembra cinico e spietato. È la verità? «Per niente. Ha solo imparato che le vittorie non si portano a casa con il sorriso. Ci vuole cattiveria e furore per arrivare in fondo alle partite. In allenamento, però, è tutta un’altra storia. È solare scherza sempre, anche troppo. Il mister lo richiama perché è indisciplinato. Ma sa farsi perdonare».

Vi siete sentiti nel giorni scorsi? «L’ultima volta che ci siamo parlati al telefono è stato un mese fa. Alex era in Serbia, nei sobborghi di Belgrado per un corso accelerato di volley ai ragazzi. Per una settimana ha fatto il maestro di pallavolo ai principianti. Da allora non ci siamo più parlati. Ora pensa ai Mondiali».

Vince l’Italia? «Mi meraviglierei del contrario. I palazzetti sono enormi e sono pieni. Con 15.000 tifosi che gridano il tuo nome è più facile giocare bene. Vincere non è un obbligo, ma quasi».

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