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Riccardo Sbertoli: “La maglia di Trento la sento già mia”

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Di Roberto Zucca

Riccardo Sbertoli è uno stile. È una filosofia di vita e di gioco che procede sui binari del buonsenso, della maturità e dell’esperienza. Arrivato all’Itas Trentino alla corte di Lorenzetti dopo una vita trascorsa sin da giovanissimo tra Segrate e Milano, ha avuto subito modo di non far rimpiangere “l’addio ai monti” un po’ manzoniano di Simone Giannelli:

Sono arrivato qui non per sostituire Simone, che è un amico ed è una persona che stimo molto, ma per far parte di un pezzo di storia di questo importantissimo club. Sono qui per condividere con Trento una parte della mia strada e del mio percorso. E credo che nel cuore di un tifoso ci possa essere spazio per più persone che vogliono lasciare qualcosa di loro stessi in questo cammino“.

Il destino l’ha messa subito di fronte a una sfida contro Perugia, e a un derby contro i suoi ex cugini di Monza. Le ha vinte entrambe lei.

Raccontarla così, nonostante io non sia superstizioso o non creda troppo al fato, dà alla storia un bel significato. Ciò che importa realmente è che siamo stati in grado di dimostrare che le partite come quelle contro Perugia, che era la grande favorita, possiamo tranquillamente giocarle anche noi. E soprattutto che agli appuntamenti importanti possiamo e dobbiamo esserci. Con Monza è stata una bella sfida. Ho il ricordo del classico derby che disputavamo ogni anno ed era una sfida sempre molto sentita“.

Foto Lega Pallavolo Serie A

Mi dica cosa ha provato ad indossare la nuova maglia.

Emozione. Parlando con Cavuto, per dire, non mi sono reso conto che alla presentazione si sono spente le luci, e c’è stata un’atmosfera un po’ magica. Io ero concentratissimo. È una maglia che considero già molto mia“.

Ha già avuto modo di sentire la mancanza di Milano?

È molto presto per sentire la nostalgia di casa. Anche perché a Trento mi sono trovato benissimo da subito, sia con i compagni che in città. Dovendo essere abitudinario, le direi che sentirò la mancanza degli amici che non fanno parte della pallavolo. Amici con cui sono cresciuto e con cui mi vedevo settimanalmente. Che sono un po’ quelli che non mi vedono come Sbertoli il palleggiatore, ma semplicemente come il Riccardo che andava a scuola con loro“.

Foto Trentino Volley

Fra i suoi tifosi più accaniti invece, le mancherà nonno Giancarlo?

Come no! Lui copre un po’ quel ruolo di memoria storica della famiglia. È colui che si occupa di comprare i giornali in cui si parla di me. Addirittura si ricorda meglio di me dove gioco e quando! Quando ho concluso gli Europei ho condiviso subito con lui la gioia del trofeo e della medaglia“.

Abbiamo visto, oltre alla foto social con il nonno, anche quella con Daniele Lavia.

Un fratello. Una persona con cui ho condiviso la vittoria e con cui ho il piacere di poter giocare assieme in questa stagione. Daniele è una persona preziosa all’interno del gruppo, capace di essere sempre pronto ad esserci. Un po’ come tutti i compagni di nazionale“.

Foto Instagram Riccardo Sbertoli

È stato quello il segreto della vittoria europea?

È stato un insieme di fattori. Sicuramente ciò che traspariva era esattamente ciò che accadeva realmente all’interno. Una squadra di persone che sanno esserci l’uno per l’altro, che è capace di fare quadrato attorno a se stessa e in cui il supporto e la fiducia sono elementi basilari. Mi crede se le dico una cosa?“.

Prego.

La mia più grande soddisfazione per questa vittoria europea è quella di aver avuto un ruolo, il mio ruolo, nonostante non abbia giocato da titolare. Perché è stato importante essere in questo gruppo e farne parte. Ne vado molto orgoglioso“.

Foto FIVB

Le riconoscono la dote di essere uno che nel gruppo porta equilibrio.

Mi piace pensare di essere un uomo squadra nell’accezione del termine che delinea una persona che costituisce un valido supporto per tutti. Prendo l’esempio di me e Simone Giannelli. Simone mi ha dato la possibilità di un confronto costante. Abbiamo una visione di insieme in cui c’è un reparto dei palleggiatori che si scambia quotidianamente feedback. Non abbiamo costruito un rapporto in cui lui è il primo e io il secondo. Credo sia un aspetto non banale“.

È indice di grossa maturità, mi permetta.

Forse perché ho iniziato a giocare quando ero davvero molto giovane e sono subito entrato a contatto con persone decisamente più grandi di me. Ho imparato a fare la mia strada senza entrare nella corsia di quelle altrui. Questo credo di averlo imparato da papà, che mi ha sempre detto di fare il mio senza badare a ciò che facevano gli altri o dare importanza a ciò che gli altri ottenevano“.

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