Ci sono interviste, racconti, chiacchierate in cui cerchi di dosare tanto la testa. Ci sono altresì storie e interviste che scrivi totalmente con il cuore. Riccardo Copelli è la conquista più grande che ho fatto nelle ultime stagioni, perché all’affetto che sprigiona dentro e fuori dal campo, Copelli è la dimostrazione rara che la gratitudine fa parte anche di questo ambiente. È così che ogni traguardo conquistato, ogni pietra scolpita, ogni tassello fissato sul muro della pallavolo, sia stato seguito da un segno, da una riconoscenza, da un gesto.
Ci sono persone come Riccardo che arrivano quando smetti di credere che lo sport sia soprattutto fare un percorso anche professionale, come è stato per molti colleghi nel segno di ragazzi che hai visto crescere e che in te non hanno visto solo uno in grado di ottenere notizie, approfondimenti, confessioni, bensì qualcuno con cui condividere una strada che poi nel caso di Riccardo lo hanno portato a inserire ancora la Superlega nel proprio curriculum, dopo gli anni di Monza e Piacenza, in cui era ancora troppo acerbo per rappresentare qualcuno o qualcosa in quel campionato.
Ecco qui il Copelli dei ventinove anni, della decima stagione in serie A, delle storie di successo e della presenza in tante squadre in cui ha saputo ritagliarsi un ruolo e scrivere qualcosa di sé. Ecco Cuneo Volley, nuova frontiera della A1 contemporanea, che punta a ritrovare una storia leggendaria in cui la parola tempio si affiancava alla parola pallavolo.
“Eccomi qui. Chi non ha seguito i miei ultimi anni non può comprendere cosa abbia significato per me fare una strada che mi facesse ritrovare la possibilità di giocarmi la Superlega. Non si dovrebbe dire, ma voglio dirlo e mi prendo la responsabilità di dire che io la A1 me la sono meritata. Ho lavorato, ci ho creduto, ho fatto parte per anni del cliché dei centrali non abbastanza alti da potersi giocare una possibilità così. Nessuno mi ha regalato niente e questo arrivo a Cuneo, che considero un grande dono, non è un traguardo o il finale di una storia, bensì un nuovo inizio e un modo di esserci nel quale cercherò di divertirmi e di godermi appieno questa esperienza”.
È una Cuneo che guarda molto al cuore dei tifosi.
“Mi sento di dire che ci sarà un filo unico che va da Cavaccini, con cui ancora non ho avuto il piacere di giocare assieme, ma con cui ho tanta voglia di lavorare, proprio perché lui ha fatto dello spirito di sacrificio, del lavoro e del carattere i pilastri della sua carriera, a tutta la rosa che Matteo Battocchio ha messo assieme alla società per il prossimo anno”.
L’annuncio di Ivan Zaytsev è finora quello che ha colpito di più.
“Per Ivan ho tante belle parole da spendere. È semplicemente il campione che è. Per me sarà un piacere e un onore giocare con lui che ho avuto occasione di scoprire nelle ultime stagioni del beach. È una persona profonda e di grande valore umano. Ho capito in questi anni le ragioni dell’affetto che lo legano da anni alle migliaia di persone che lo seguono”.
So che invece lei è rimasto colpito dall’annuncio di Baranowicz.
“Beh, le mani di Bara sono le più belle mani uscite dal volley italiano negli ultimi quindici anni”.
Copelli è un compagno generoso, forse dotato di una magnanimità di un altro tempo. Le è mai capitato che qualcuno ricambiasse con la stessa enfasi ciò che lei spende per i giudizi degli altri?
“Intanto la volontà di Matteo Battocchio di portarmi a Cuneo sono il segno di una stima profonda che ci lega reciprocamente. Io so le qualità che ha da allenatore e sono certo che ci sono tutti i presupposti per lavorare bene con lui qui. Le dico che non dimenticherò mai Angelo Agnelli e Vito Insalata, con cui ho lavorato a Bergamo e per cui ho e avrò una riconoscenza infinita. Mi mancano molto e ogni anno ho sempre sperato che le squadre mi regalassero questo lato che ho scoperto con loro”.
Cuneo la contatta a playoff in corso e lei firma a scatola chiusa un progetto che poi si rivelerà una splendida Superlega da giocare. Continui lei.
“Mi hanno contattato e ho accettato a prescindere perché ho capito che avrei lavorato con professionalità e umanità. Quest’anno a Ravenna spesso mi è successo di non ritrovare ciò che mi sarei aspettato. Con la squadra non ho fatto fatica, anzi mi restano dei bellissimi rapporti umani. Ho fatto più fatica con altri e ne ho sofferto, cercando comunque di venirne fuori”.
Quest’anno ritroverà in campo una persona a cui è molto legato. Parlo di Alberto Polo.
“Sentirlo la sera prima della sua prima gara dopo anni giocata a Modena mi ha molto emozionato. La sua adrenalina è sembrata in tanti momenti appartenere anche a me, ho empatizzato molto con la sua situazione, percependo anche le preoccupazioni per un ritorno dopo gli anni di vuoto che si sono presentati davanti ad Alberto. Mi sento di dire che ciò a cui abbiamo assistito, ovvero la sua squalifica per tutti quegli anni, sia stata una grande ingiustizia. Riprendersi in mano un pezzo della vita, che è anche un po’ la mia è ora l’unica cosa che gli auguro, oltre a tutte le fortune che merita”.
Quest’estate tirerà il fiato? Per uno come lei è impossibile.
“Da lunedì a venerdì lavorerò a Bergamo con Matteo Bonfanti. Il sabato e la domenica faremo un po’ i brasiliani con il beach volley. Lei sa quanto per me l’estate significhi anche solo poter condividere la spiaggia e quell’ambiente con gli amici di sempre”.
Qualche partita con chi la vorrebbe giocare?
“Dico quattro nomi: Tallone, Sette, Pistolesi e naturalmente un revival con Paolino Porro (ride n.d.r.)”.
Speravo mi annunciasse una tappa con Zaytsev.
“L’unica volta che l’ho sfidato l’ho battuto e glielo ricordo scherzosamente spesso. Fu una bellissima partita giocata con Matteo Ingrosso. In generale, per me sarà un periodo bello per stare con gli amici”.
Non ha mai mollato. A chi deve dire grazie?
“Al destino. Alle persone che hanno sempre creduto in me. Non mi fermo qui. Lavorerò sempre con l’ambizione di poter costruire qualcosa senza perdere di vista i valori che fanno parte di me”.
Intervista di Roberto Zucca
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