Piacere sono Biamba, mi manda Dikembe Mutombo

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Di Stefano Benzi

È tempo di firme per le Università americane che puntando sui propri corsi di studio ma anche sui propri programmi sportivi cercano di conquistarsi le migliori matricole che si mettono in luce dalle high-school. La notizia di questa settimana riguarda Michigan State, una storia pallavolistica discreta nonostante gli archivi non mettano in risalto alcuna vittoria nel campionato universitario NCAA. La dirigenza di Michigan la settimana scorsa ha messo sotto contratto tre giocatrici di una certa importanza Hannah Grant, Emma Monks e – tra queste – fa notizia Biamba Kabengele.

Biamba è un’opposta da 1.84 cresciuta in Canada, ad Ontario, e ha un DNA molto particolare: è la nipotina di Dikembe Mutombo, professionista NBA per 18 anni con Denver, Atlanta, Philadelphia, New Jersey, New York e Houston: inserito più volte nell’All Star Game, otto, Mutombo è un fenomeno. Va detto agli amici che passano di qui e magari non masticano il basket: arrivato negli Stati Uniti da Kinshasa, Congo, si è imposto come uno dei difensori più forti di tutti i tempi. Quattro volte miglior difensore assoluto, due volte miglior giocatore a rimbalzo: la sua specialità era la stoppata. Non risparmiava nessuno e ogni volta che bloccava un tiro già dentro alzava le dita, a volte soffiandoci sopra, altre scuotendole.

Dikembe è legatissimo a suoi nipotini: Mfiondu ha cominciato a giocare a basket a sei anni e ora è in Florida, con i Gators. Biamba iniziò con il basket facendo anche un po’ di atletica: poi quando vide che la sua migliore amica giocava a volley chiese allo zio qualche chiarimento: “Io non so niente di pallavolo” rispose lo zione da 2.18. Ma la accompagnò a scuola dove dopo qualche selezione venne inserita nella Halton Region Volley Club…. “Sua nipote è nata per giocare a pallavolo…” gli dissero dopo quattro partite di allenamento. Dopo un anno Biamba era già nelle selezioni nazionali.

Dikembe Mutombo è un personaggio incredibile, un mito, non solo per quanto ha fatto nel mondo dello sport. E’ multimilionario, ha creato aziende che lo hanno reso ricchissimo eppure di fatto non ha una casa: è in perenne movimento. Vive in Canada, ma anche a Houston, a New York dove ha sede la sua fondazione che opera nei quartieri bidonville di Kinshasa e in Africa dove ha fatto costruire due ospedali. È un businessman affermato e rispettato: “Io porto soldi dove non ce ne sono e mi preoccupo che vengano spesi bene….”. La sua maglia #55 è stata ritirata ad Atlanta e a Detroit e tre anni fa, appena prima dei suoi cinquant’anni, è entrato nella Hall Of Fame. “Dedico questo riconoscimento – disse ai giornalisti – alla mia famiglia e in particolare ai miei nipoti e a tutti i bimbi del mondo, il nostro compito è lasciargli qualcosa di meglio di quello che hanno. Il mio ultimo ospedale a Kinshasa si chiama Biamba Marie. Come mia madre, che è morta d’infarto senza alcuna assistenza medica, e mia nipote, che ha deciso di giocare a pallavolo. Al mondo lascio questo”.

Ma anche diverse centinaia di defibrillatori e una nipotina che a ogni ace, e ne fa tanti, alza il dito e lo raffredda come faceva lo zio: perché la sua palla viaggia parecchio.

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