Perché sulla violenza non bisogna scherzare: grazie alle ragazze della Foppa

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Di Stefano Benzi

L’argomento mi sta molto a cuore ma non voglio cadere nel solito calderone nel quale molti sguazzano che è quel luogo comune secondo il quale i fatti violenti inevitabilmente attirano l’attenzione del grande pubblico creando quello ‘spin off’ che trascina oltre funerali e autopsia fino a indagini e processo.

Chi scrive è stato vittima per tre anni di stalking da parte di un telespettatore. Chi ha lavorato con me a Sportitalia lo sa. Ho dovuto cambiare casa in segreto, sono stato aggredito – tre volte – e seguito per mesi da questa persona che era ossessionata dal mio lavoro e dalla mia presenza in video: fa ridere? Sì, può essere, forse perché si pensa che a un uomo queste cose non possano accadere.

È la prima volta che ne scrivo: ma un blog nasce per questo, racconti anche di te stesso, magari aspetti non facili e che possano essere d’aiuto a qualcun altro. Con le settimane ho imparato a fidarmi di nuovo di chi legge: soprattutto qui. Nel periodo in cui fui vittima di questa vicenda presentai diciannove denunce: solo dopo la diciannovesima, depositata quando per la terza volta venni aggredito fuori dalla radio con la quale collaboravo, scattò un fermo di polizia.

In quei tre anni ho visto le crociate di Michelle Hunziker e dell’avvocato Michela Bongiorno con la loro associazione Doppia Difesa andare a buon fine: la legge sullo stalking finalmente venne approvata. Nel frattempo io ho fatto altri due traslochi, cambiato altrettanti lavori ma continuo ad adottare le mie precauzioni. Certe paure non me le sono tolte: quindi quando viene fuori l’argomento “violenza” piuttosto che “molestie” sono estremamente sensibile. Mai avuto un flirt sul lavoro: anzi, no…. Uno, uno solo. Ma proprio non ci riesco. È più forte di me: dovrei scindere l’aspetto professionale da quello personale, e la cosa non funziona.

Quando ho visto le foto del calendario delle ragazze della Foppapedretti Bergamo ho dovuto per un attimo scacciare la rabbia: ok, sono scatti su un set ma molte di loro le conosco da anni, fin da quando erano ragazzine e ho pensato a quello che avranno immaginato, o deciso di visualizzare, quando è stato il momento di mettersi in posa. Lo sport è un veicolo straordinariamente forte e gli atleti sono testimonial sensazionali: prestarsi o meno a campagne sociali non è per molti e non è da tutti. In questi ultimi anni si è secondo me anche abusato di numeri a pagamento, campagne di sensibilizzazione, attività promozionali di ogni ordine  e grado. Qualcuno ne ha fatto un lavoro e altri – pochi per fortuna – ci hanno speculato: ma ormai è passato il messaggio che tutto è sulle nostre spalle, sulle spalle della cosiddetta comunità. La ricerca, la cura, il volontariato, l’assistenza: tutto quello che compete allo stato diventa di pertinenza della società con buona pace di chi governa che continua a tagliare i costi e le spese sul sociale.

Anche qui… parlarne o non parlarne sta a chi il microfono in mano: io ho deciso di parlarne e di raccontare qualcosa di mio perché quella foto con lacrima di Paolina Cardullo mi ha fatto pensare a quanto stavo male quando la gente rideva di quello che stavo subendo, o non mi credeva; ma anche delle lacrime di una persona che aveva deciso nonostante tutto di starmi vicino nonostante fosse terribilmente spaventata. Meglio soli? Mai… Anche se la persona giusta non è quella che hai scelto o che – a volte – ti sceglie. L’importante è chiedere aiuto e sperare che ci sia qualcuno di buona volontà pronto ad ascoltare.

La Violenza sulle Donne è una delle forme di sopruso più brutale; ma purtroppo fa parte del repertorio di questa attualità, come quella su bimbi e animali e, in ultima analisi, anche su chi non pensi mai possa essere oggetto di una qualsiasi violenza… fisica o psicologica. Grazie alle ragazze di Volley Bergamo che mi hanno dato il coraggio di scrivere questo post: qui trovate informazioni sul loro calendario “Ferma la Violenza” e le attività dell’associazione Aiuto Donna.

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