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Palloni a confronto: Mikasa e Molten visti da Parrocchiale e Davyskiba

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Di Redazione

Una delle più annose diatribe che divide la pallavolo italiana è quella tra i palloni Molten e Mikasa: il primo utilizzato nei campionati di Serie A e nelle altre competizioni nazionali, il secondo nelle Coppe europee, nel Mondiale per Club e in tutte le manifestazioni per le nazionali. Un dualismo che riguarda solo il nostro paese e che, quindi, viene spesso citato come ulteriore elemento di difficoltà per le squadre italiane impegnate in Europa. Paradossalmente, però, la stessa incertezza sugli “attrezzi” di uso quotidiano riguarda anche le categorie inferiori, visto che dalla Serie B in giù le società hanno la possibilità di scegliere indifferentemente uno dei due modelli.

Gli aspetti del gioco su cui la differenza tra i due palloni – assolutamente identici per dimensione e peso, ma diversi per materiali e superficie – sono indubbiamente la battuta e la ricezione. E ad esprimere il suo parere è un’assoluta esperta di quest’ultimo fondamentale come Beatrice Parrocchiale, libero della nazionale italiana e della Vero Volley Monza: “La differenza più grande è che con Mikasa si deve ‘attaccare’ molto di più il pallone. Bisogna essere più aggressivi con le gambe, soprattutto quando si riceve una battuta float, e avere maggiore controllo sia con gli arti inferiori che con quelli superiori“.

Se con il Molten posso aspettare di più a prendere il pallone – continua Parrocchiale – con il Mikasa devo tenere le braccia maggiormente staccate dal corpo e in posizione di ‘attacco’. Se le porto giù, più vicine al busto, può capitare che la palla schizzi via“.

Foto Vero Volley Monza

La battuta è invece terreno prediletto per una compagna di squadra di Parrocchiale, la schiacciatrice Hanna Davyskiba: “Personalmente ritengo che il servizio con il Mikasa sia più semplice, perché posso imprimere molta più forza e non rischiare che la palla finisca di tanto fuori dal campo, come invece accadrebbe con il Molten. È come se avessi più controllo, anche del margine di errore, mentre devo stare più concentrata e attenta con il Molten dato che ogni minima variazione tecnica del colpo, anche con la mano, può pregiudicare l’esito della traiettoria“.

C’è però il rovescio della medaglia: “Riconosco che il mio servizio è più potente e difficile da ricevere con il Molten, e sicuramente ottengo anche più punti diretti. Ma quando vado sulla linea dei nove metri mi sento più rilassata con il pallone giallo e blu (o verde!)” ammette la bielorussa. Anche sulla ricezione le sensazioni sono simili: “Quando si colpisce in maniera decisa il Molten in ricezione si può rischiare di mandare la palla direttamente nella metà campo avversaria, mentre il Mikasa ‘rimane’ di più e, anche in questo caso, c’è più controllo. Nel colpo di attacco, invece, non percepisco nessuna differenza particolare“.

Foto Vero Volley Monza

Fabio Parazzoli, secondo allenatore della prima squadra femminile del Consorzio, offre uno spunto e delle precisazioni di carattere tecnico: “La differenza è di sensibilità, data dai diversi materiali, mentre sappiamo bene che le caratteristiche tecniche dei due attrezzi di gioco sono le medesime. Quello che cambia nella proposta da parte dello staff tecnico in relazione a questo è il volume di lavoro sulla battuta e la ricezione, che viene incrementato notevolmente, perché si tratta di due fondamentali legati appunto alla sensibilità e, quindi, è necessario lavorare maggiormente e nello specifico su quelli per generare un adattamento“.

Una delle note più rilevanti sui giocatori – aggiunge Parazzoli – riguarda una scelta a priori sul tipo di battuta da adottare in gara. Coloro che solitamente effettuano una battuta in salto spin, quando passiamo al Mikasa in vista di un match europeo, possiamo scegliere di farli servire float, semplicemente perché è una tipologia di battuta che spesso con quel pallone può rendere di più“.

Anche le tempistiche del cambio di pallone vanno studiate: “Di solito – racconta Parazzoli – lontano da una gara del campionato italiano si cerca di fare un po’ di adattamento, progressivamente, in modo da subire meno il cambiamento. Alcune squadre, poi, utilizzano sempre i Mikasa negli allenamenti, tranne il giorno prima e quello della gara con i Molten. Anche il passaggio di per sé è differente: in quello da Molten a Mikasa la ricezione subisce qualche difficoltà in più, mentre sembra più facile il contrario. Non c’è nulla di studiato o scientifico, però, tutto si basa sulle impressioni e sui feedback dei giocatori negli anni“.

A livello statistico non è semplice trarre delle conclusioni: “I dati sono difficili da rilevare – conclude l’assistente allenatore di Monza –, perché dovrebbero essere prese a paragone le stesse avversarie con la variabile del pallone. Succede, per esempio, quando due squadre del campionato italiano finiscono nello stesso girone di una coppa europea, ma sono comunque valori pieni di limiti da considerare“.

(fonte: Comunicato stampa)

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