“Palla al centro” di Paolo Cozzi – 30 maggio 2017

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Di Paolo Cozzi* Il mio “All Star” del campionato femminile. Finiscono i campionati di serie A e iniziano le Nazionali, ma prima di tuffarci nel panorama internazionale, vediamo un po’ quali giocatrici si sono distinte nel corso dell’ultima stagione e, magari, saranno anche oggetto del desiderio del mercato estivo, sempre che non lo siano già stato! Terminali offensivi dal braccio caldo, in cima agli opposti ci vanno di diritto Paola Egonu e Barun. Quest’ultima, autentica trascinatrice di Novara, puntuale e decisiva in battuta e costante in attacco! Paola, invece, rappresenta il futuro: ragazza che conosco bene, per essermi allenato spesso insieme al centro federale Pavesi. Oltre alla potenza mi hanno colpito di lei la fame, la voglia di arrivare e migliorarsi sempre. Condivido la scelta di non seguire subito la strada del “mega-contratto” in Turchia, ma di rimanere in Italia per completare la sua crescita tecnica per un altro paio di anni. Ad armare gli opposti una schiera di palleggiatrici fra le quali ho ritrovato ad alto livello Francesca Ferretti, brava ad alternare i suoi martelli e le sue bravissime centrali, in un crescendo che ha portato Modena a sfiorare il tricolore. Molto bene Skorupa per gran parte della stagione, mentre per Carlly Lloyd è stato un anno forse non vincente dal punto di vista dei risultati, ma resto sempre un ammiratore della scuola americana. Per i martelli direi che un bel trio di palla alta potrebbe essere rappresentato da Robinson, Oszoy e Plak. Scuole pallavolistiche diverse, ma con una caratteristica comune: quando la palla scotta il loro braccio non fa cilecca! A fianco dell’intramontabile “Picci nazionale”, ancora una volta punto di riferimento e garanzia di regolarità, mi è piaciuto molto l’atteggiamento e la crescita di Guerra al suo primo anno “ufficiale” in serie A. Potente, completa e con un “ego” ben marcato, ha tutte le caratteristiche per diventare un leader del futuro prossimo, sia nel club che in Nazionale. Per i centrali, detto che Adenìzia a muro è qualcosa di strabiliante e che farebbe sfigurare molti colleghi maschi, la palma di mie preferite va a due italiane. Raffaella Calloni, non più giovanissima ma con un gran cuore ha dominato a muro e si è fatta trovare pronta in attacco, tanto da meritarsi la chiamata di Modena. L’altra, partita un po’ in sordina, è cresciuta a dismisura nei playoff diventando leader della sua squadra: Cristina Chirichella, che con il suo finale di stagione non deve aver colpito solo me visto che è diventata capitana della Nazionale! Ultime, ma due autentiche “aspiravolveri” della difesa, Sansonna e Parrocchiale hanno portato tanto equilibrio in seconda linea e fatto gioire con le loro doti migliaia di tifosi! Per la giovane Parrocchiale porte aperte della Nazionale e la possibilità di diventarne un bel punto di riferimento nel futuro.

SuperLega, quanto vali?
Dopo un po’ di anni senza defezioni, quest’anno la Superlega registra la prima importante perdita di una società, Molfetta, con un altro paio che hanno fatto fatica per raggiungere il budget necessario: un problema storico del nostro sport, dove spesso i presidenti sono anche autentici “mecenati” e unici sponsor, con a volte equilibri economici precari da parte delle società. In queste stagioni, rispetto agli anni 2000, le società si stanno attrezzando con veri e propri uffici marketing e il trend sembrava molto positivo: alcune partnership sono la dimostrazione che ai grandi marchi la pallavolo piace, fornendo un buon ritorno economico e di immagine a chi investe. Tuttavia, evidentemente, manca ancora qualcosa per rendere completamente appetibile il “prodotto volley”. Penso che un canale tematico solo di pallavolo o qualche altra iniziativa nel mondo televisivo (la duplice presenza sui canali Rai e Sky potrebbe essere un progetto interessante…), capace di veicolare maggior visibilità ai grandi marchi, potrebbe essere la soluzione, anche per avvicinare ancora più pubblico al nostro bellissimo sport che, però, tolti i grandi eventi resta un po’ chiuso su se stesso. Purtroppo fare pallavolo ad alto livello costa, e anche tanto, e sono poche le società che con gli incassi e la “pubblicita sui led” riescono a ricavare una buona percentuale delle loro entrate. E’ su questo aspetto che bisogna lavorare: creare un tessuto di partner commerciali  interessati e attivi, in modo tale che all’eventuale abbandono di uno si resti con le spalle ben al coperto!

L’importanza delle “case” del volley.
Il “problema palazzetti” è un altro tema caldo del volley italiano, ma anche e soprattutto di tutto il movimento sportivo italiano. Avere un impianto in gestione con un progetto a lungo termine permette alle società di investire, di progettare, di migliorare e di creare nuove idee, nuove iniziative per far vivere i palazzetti non solo il giorno della partita, ma tutta la settimana senza dover aspettare i tempi spesso “biblici” della burocrazia italiana. Due esempi su tutti: il PalaLido e il nuovo PalaValentia. Il nuovo PalaLido, il “mio” PalaLido, pensato per rispondere ai più attuali criteri di modernità (aria condizionata, polivalenza, etc.), è sei anni che procede a singhiozzo fra appalti da rifare, società fallite, partecipazioni private e una burocrazia (quantomeno) discutibile. Quello che doveva essere il nuovo palazzetto di Milano, oltre a essere oggi ancora un cantiere a cielo aperto e lasciare una metropoli come quella Meneghina senza un palazzo dello sport degno di questo nome, costringe tuttora gli appassionati della città ad “emigrare” in altre province per tifare squadre che nascono come milanesi. Per il PalaValentia la situazione è, forse, e se possibile, ancora più paradossale. In una città di 33000 abitanti sono già presenti due palazzetti, piccolini, ma vicini al centro e sempre belli caldi di tifo. Uno dei due, al fine di renderlo operativo, comporterebbe una spesa di oltre 500000 euro. Noto che alle amministrazioni di tutta Italia piace spesso e molto parlare di sport, giovani, valori e quanto altro… ma, poi, poco si fa in concreto per aiutare realtà che hanno un grande impatto sulla vita sociale  della collettività.

Il “centrale tecnico”? E’ in coda per la pensione…
Con l’avvento del libero, nel lontano 1998, uno dei ruoli che ha subito maggiori cambiamenti nelle dinamiche di allenamento è sicuramente quello del centrale. Ridendo, ho sempre detto che i centrali dovrebbero pagare metà del loro stipendio ad Acosta, il presidente FIVB che con l’introduzione del libero ha pressoché dimezzato il loro lavoro. I centrali della “vecchia generazione” (e ormai in SuperLega resiste solo Tencati a Piacenza…) sono dei giocatori più tecnici, perché prima si allenavano in ricezione tanto quanto gli schiacciatori. Anzi, spesso anche di più visto che erano il bersaglio preferito dei battitori avversari, soprattutto nel fondamentale float. Un ricco allenamento personalizzato che prevedeva anche molta difesa, perché non si poteva certo avere una sorta di “buco nero” in posto cinque e, quindi, si versava parecchio sudore anche lì! La prima grande differenza con i centrali moderni, però, si vede in prima linea: con il centrale “old generation” che palleggiava il secondo tocco con (apparente) “nonchalance”, mentre la nuova generazione (salvo rari casi) aspetta serenamente che il libero tolga a tutti le “castagne dal fuoco”! Oggi c’è molta più specializzazione, e il compito dei centrali si è ridotto a battuta e muro, soprattutto di palla alta. Sono pochi i centrali con un braccio veloce e tecnico che si conquistano 10-15 palle a partita. Reputo sia cambiata molto anche proprio la fisionomia dei centrali: i giovani di oggi sono più alti, con leve lunghe ma parecchio più “macchinosi” nei movimenti d’attacco. Quanto mi mancano i vari Rodrigao, Lebl… Per spiegarmi meglio, qualche anno fa si giocava molto di più la palla passando un po’ più bassi sulla rete. L’evoluzione e la fisicità moderna impongono, oggi, di passare molto alti tirando, però, spesso “drittoperdritto”… Anche a muro è cambiato il modo di essere centrale. Nei primi anni Duemila spopolava la “lettura” (che è stata anche la mia filosofia guida): ovvero, pochi salti “a tutta”  in determinate situazioni e molto aiuto da parte dei laterali, soprattutto dei posti 4. Questo implicava molto dialogo sotto rete, noiosissimi allenamenti di coordinazione muro e difesa e la capacità del centrale di valutare e chiamare prima della battuta le scelte prese sull’impostazione tramite dei gesti dietro la schiena. Oggi si deve saltare di più, per evitare di farsi “passare sopra”, ma è sempre più raro, purtroppo, vedere un centrale “comunicare” con i suoi gesti al resto della squadra. Anche la velocità del gioco non aiuta i “pennelloni” moderni ad arrivare a raddoppiare, portando a fare scelte molto più drastiche e con il rischio di finire a rincorrere il palleggiatore avversario per tutta la partita. In chiusura un consiglio “evergreen” per tutti gli attaccanti: quando si è in situazioni di emergenza, magari davanti un muro a 3 o con la palla bassa, un bel pallonetto in posto 5 quando c’è il centrale in difesa e… il risultato è garantito al 100%!

*Paolo Cozzi, a 35 anni, ha da poco chiuso la sua carriera di atleta nella quale ha vestito la maglia della Nazionale italiana ben 107 volte e quella dei club più importanti in serie A1 come Milano, Modena, Cuneo, Piacenza, Vibo Valentia, Taranto, Castellana Grotte, San Giustino e Monza.

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Perugia, Lorenzetti guarda al futuro: “L’obiettivo? Andare a caccia di 5 finali!”

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La Sir Susa Vim Perugia archivia una stagione in cui il livello è stato altissimo, sotto tutti i punti di vista, e si proietta verso il futuro con le ambizioni che hanno da sempre contraddistinto il club, nella consapevolezza che sarà un’annata in cui ci sono ben 5 trofei per i quali competere.

A tracciare il bilancio e le prospettive per la prossima stagione è stato coach Angelo Lorenzetti nel corso della conferenza che ha chiuso il ciclo di incontri con la stampa di quest’anno. Il tecnico bianconero ha voluto cominciare la conferenza ringraziando i giornalisti per il rapporto di fiducia e collaborazione che c’è stato nel corso dell’intero anno, per poi passare all’analisi della stagione. 

"Quest’anno – e voglio approfittare di questo appuntamento finale per farlo -  volevo ringraziarvi perché è stato un anno in cui il livello di attenzione, di cura, di rispetto reciproco in palestra è stato altissimo, la conoscenza reciproca dell’anno precedente ha inciso e questo ci ha consentito di stare più attaccati alla classifica, ma soprattutto nei numeri, di giocare un po’ meglio dell’anno prima".

"Lo scorso anno noi avevamo un’eccellenza per il cambiopalla, un’eccellenza per la fase break, quest’anno le due fasi sono state molto più equilibrate e per il modo in cui hanno lavorato i ragazzi non posso che essere grato perché è stato un divertimento quotidiano lavorare con loro. Dopodiché questo lavoro e questo miglioramento che c’è stato nei numeri ha portato a raccogliere meno dell’anno prima, e questo è stato fonte (in quei momenti lì) di analisi profonda".

Il riferimento è stato alle due semifinali non centrate, quella di Coppa Italia e quella di campionato con Civitanova: "sono state due semifinali molto diverse; sulla prima non ho un rammarico grandissimo, perchè dopo la partita di Trento è stato tutto molto veloce e c’è stato un po’ di “scombussolamento”, per il calendario che avevamo avuto e poi per l’infortunio di Oleh. L’analisi dopo la Coppa Italia comunque ci ha garantito un riflettere sul nostro tipo di gioco, che comunque aveva dato dei segnali per cui dovevamo 'rimettere a posto' soprattutto il cambiopalla".

"Al contrario dell’anno prima, quest’anno dall’inizio eravamo meno competitivi sul cambiopalla diretto e molto nel cambiopalla indiretto, ma quando arrivi ai momenti cruciali delle manifestazioni il cambiopalla diretto conta. Quel momento lì ci ha dato modo di cambiare il nostro gioco, soprattutto su questo aspetto e questo ha fatto sì che il percorso che abbiamo fatto in campionato fino alla semifinale sia stato un percorso netto, con numeri buoni e con il gioco che volevamo fare. La semifinale con Civitanova invece è un rammarico grande, perché è successo tutto in una settimana, dietro secondo me non ci sta solo la palla. Tuttavia quello “schiaffone” e il modo in cui i ragazzi lo hanno gestito, secondo me è stato uno dei motivi per cui la Champions è arrivata qua".

Secondo Lorenzetti la squadra in Polonia è riuscita a fare un salto di qualità importante, grazie anche ad una riflessione personale e individuale che ha portato il gruppo a lavorare bene in palestra: "Abbiamo giocato “CON” l’evento, tanto è che non ci siamo accorti neanche di quanto casino ci fosse al palazzetto di Łódź e questo è stato un grande salto di qualità! Giocare con l’evento è una cosa molto importante perché significa stare nell’evento e farsi trascinare da esso. Il salto di qualità va fatto nella gestione delle emozioni e nel sapere esattamente cosa ognuno di noi voleva diventare, non cosa doveva difendere".

Ora la Sir, campione d’Europa, si accinge a vivere una nuova grande stagione da protagonista, con la consapevolezza di aver conquistato quest’anno, un trofeo che mancava e che era un grande obiettivo di questa società. Si riparte senza essere mai sazi, ma con le medesime ambizioni e con quella giusta pressione che è un tratto imprescindibile dei grandi club: "Nello sport si guarda avanti. La pressione è una componente importante, guai se noi non avessimo la pressione di “andare a caccia di 5 finali” il prossimo anno! Spero che non si diventi mentalmente più liberi perché abbiamo vinto, ma lo si diventi perché è bello andare a vincere".

In vista della prossima stagione il tecnico è estremamente positivo e lo comunica alla stampa sottolineando che "non c’è giorno in cui non vedo l’ora che arrivano in palestra il pomeriggio! Per il prossimo anno l’ossatura resterà quella. Quando si ripartirà, ci sarà da riprendere un percorso e soprattutto poi ci sarà da guardare fuori perché il prossimo anno giocheremo in Italia dove Trento darà valore a quando ha fatto quest’anno e allo scudetto conquistato, ci sarà poi da fare attenzione a Verona perché ha fatto della potenza uno dei suoi punti di forza".

"Nel percorso in Europa la Champions sarà diversa dal prossimo anno in termini di qualità perché quest’anno comincia a diventare, in attesa poi anche dell’entrata delle russe, una Champions ancora più difficile, perché le squadre polacche sono diventate ancora più forti e perché le società turche hanno formato delle squadre molto competitive e quindi dovremo impostarla in maniera diversa già dalla fase a gironi. Il prossimo anno abbiamo 5 manifestazioni e l’obiettivo sarà quello di andare a caccia di 5 finali!".

(fonte: Sir Susa Vim Perugia)