Padova, Alberto Salmaso: “Cuttini responsabilizza e coinvolge tutti”

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Di Redazione

Alberto Salmaso è lo scoutman della Kioene Padova. A volte, banalizzando, si dice che la sua figura sia quella “dell’uomo delle statistiche”. Ma il suo compito è molto più complesso, perché fa parte di un meccanismo ben oliato che consente in primis allo staff tecnico di poter organizzare il proprio lavoro. La carriera di Alberto iniziò molti anni fa come atleta del settore giovanile, ricoprendo esclusivamente quel ruolo fino alla stagione 2013/14. «Nel 2014/15 entrai a far parte dello staff della prima squadra – dice Salmaso – e per tre stagioni mi alternai tra il ruolo di scout e quello di atleta. Poi ho iniziato a fare da assistente agli allenatori del settore giovanile, prima con Cesare Schievano e poi con Alice Biasini».

Oggi Alberto ha soli 25 anni, ma una gavetta alle spalle che gli consente d’essere un vero e proprio veterano. Oltre al club, da scoutman ha dato il suo contributo anche con la Nazionale Juniores femminile. «Dal punto di vista pratico il lavoro è lo stesso – dice – ma quello che cambia tra il club e la Nazionale, è che in quest’ultima vivi ogni momento della giornata con gli atleti e lo staff, a partire dalla colazione del mattino».
Cosa ti piace di più del tuo ruolo?
«Lo studio delle squadre avversarie, capire i loro meccanismi di gioco e cosa fare per contrastarli. E’ come se si dovesse entrare nella loro testa e anticipare i movimenti che faranno. Questo è un aspetto molto affascinante. E’ pura strategia».
Quale invece l’aspetto “negativo”, se mai ci fosse?
«Probabilmente il fatto che al ritorno dalle trasferte ti trovi in pullman a correggere la partita a video mentre gli altri dormono o chiacchierano. E’ un lavoro che non si limita al tempo della partita, prosegue sempre».
Ti piace di più giocare, allenare o fare lo scoutman?
«Tutte e tre le cose sono divertenti. Giocare ha sempre il suo fascino e, considerando che sono uno a cui non piace perdere, l’agonismo della partita è sempre esaltante. Anche allenare però è bello. Magari un giorno mi piacerebbe allenare, sognando in grande».
Dopo tanti anni al fianco di Valerio Baldovin, quest’anno hai avuto modo di vedere all’opera Jacopo Cuttini. Cosa ti piace del suo stile?
«Jacopo ha una dote importante, che è quella di saper coinvolgere tutto lo staff. Affida dei compiti precisi ad ognuno e li responsabilizza nel loro ambito. Questo ci ha permesso di lavorare bene e i risultati si sono visti».
Tornando indietro nel tempo, quali sono state le stagioni più esaltanti per te?
«Probabilmente le stagioni 2015/16 e 2018/19 in cui ci siamo qualificati ai Play Off scudetto vincendo una gara ai quarti. Una volta con Modena e una con Trento».
Cosa ti è mancato nella strana stagione 2020/21?
«Sicuramente il pubblico, perché è quello che in certe situazioni è in grado di trascinarti. E’ venuta meno quella spinta emotiva che influisce inevitabilmente sull’agonismo. A volte ho provato a “sostituirmi” al pubblico cercando di caricare i ragazzi dalla mia postazione, ma non è la stessa cosa».
A chi volesse fare lo scoutman, che consiglio daresti?
«Di essere sempre curiosi e d’intraprendere questa strada solo se si ha molta passione. Se non si amasse questo sport, analizzare i piccoli movimenti di una gara fotogramma per fotogramma finirebbe col diventare solo una procedura noiosa».
Concludiamo facendo un gioco. Escludendo l’ultima stagione, nei tuoi primi 7 anni da scoutman qual è l’avversario che ti ha stupito maggiormente e quali sono i due giocatori di Padova che hanno fatto altrettanto?
«Tra gli avversari direi senza dubbio Bruno. Lo ritengo il palleggiatore più difficile da leggere. A volte può giocare un’intera partita privilegiando i primi tempi e le pipe: tu credi che farà così anche nella prossima sfida e invece sarà in grado di stravolgere tutto quello che avevi studiato. Per quanto riguarda Padova, fortunatamente abbiamo avuto modo di veder passare tanti grandi atleti. Essendo costretto a fare solo due nomi, direi Berger e Balaso: giocatori talentuosi, impostati e con una grande cultura del lavoro».

(Fonte: comunicato stampa)

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Giubileo dello Sport 2025, Papa Leone XIV: “L’incitamento ‘dai’ è un imperativo bellissimo”

Oltre il Volley

Lo scorso weekend, sabato 14 e domenica 15 giugno 2025, si è celebrato a Roma il Giubileo degli Sportivi, chiuso dalle potenti parole pronunciate da Papa Prevost nella messa celebrata in Vaticano a cui erano presenti, tra i tanti, il Presidente del CIO Thomas Bach, seduto vicino al Ministro per lo Sport e i Giovani Andrea Abodi, e a tanti campioni come l’ex ferrarista Felipe Massa, l’olimpionico del judo Pino Maddaloni, l’ex calciatore e oggi Sindaco di Verona, Damiano Tommasi, la campionessa paralimpica Giulia Ghiretti, il campione dell’NBA Gordon Hayward, oltre a Francesco Ricci Bitti, membro d’onore del CIO.

"Non è un caso che nella vita di molti santi del nostro tempo, lo sport abbia avuto un ruolo significativo, sia come pratica personale sia come via di evangelizzazione" sono state le parole con cui Papa Leone XIV ha aperto la messa dedicata agli sportivi, citando poi l'esempio del Beato Pier Giorgio Frassati, ''patrono degli sportivi, che sarà proclamato santo il  prossimo 7 settembre. La sua vita, semplice e luminosa, ci ricorda  che, come nessuno nasce campione, così nessuno nasce santo. È l'allenamento quotidiano dell'amore che ci avvicina alla vittoria definitiva e che ci rende capaci di lavorare all'edificazione di un mondo nuovo. Lo affermava anche San Paolo VI, vent'anni dopo la fine  della seconda guerra mondiale, ricordando ai membri di un'associazione sportiva cattolica quanto lo sport avesse contribuito a riportare pace e speranza in una società sconvolta dalle conseguenze della guerra''.

"I campioni non sono macchine infallibili, ma uomini e donne che, anche quando cadono, trovano il coraggio di rialzarsi".

"Cari sportivi - ha proseguito il Pontefice -, la Chiesa vi affida una missione bellissima: essere, nelle vostre attività, riflesso dell'amore di Dio Trinità per il bene vostro e dei vostri fratelli. Lasciatevi coinvolgere da questa missione, con entusiasmo: come atleti, come formatori, come società, come gruppi, come famiglie".

"Il binomio Trinità e sport non è esattamente di uso comune, eppure l'accostamento non è fuori luogo. Ogni buona attività umana infatti porta in sé il riflesso della bellezza di Dio e certamente lo sport è tra queste. Del resto Dio non è statico, non è chiuso in sé, è comunione, viva relazione tra Padre, Figlio e Spirito Santo, che si apre al mondo".

"Ecco perché lo sport può aiutarci a incontrare Dio Trinità, richiede movimento dell'io verso l'altro, certamente esteriore, ma soprattutto interiore. Senza questo si riduce a sterile competizione di egoismi”.

“Pensiamo ad un'espressione che in lingua italiana si usa comunemente per incitare gli atleti durante le gare, gli spettatori gridano 'dai', forse non ci facciamo caso, ma è un imperativo bellissimo, quello del verbo dare. E questo può farci riflettere, non è solo un dare una prestazione fisica, ma un dare sé stessi. Si tratta di darsi per gli altri per la propria crescita, per i sostenitori, per i propri cari, per i collaboratori, per il pubblico, anche per gli avversari. Se si è veramente sportivi questo va al di là del risultato”.

Infine, citando Papa Francesco, l’augurio per tutte le atlete, gli atleti, dirigenti e volontari delle tante associazioni sportive coinvolte: “Amava sottolineare che Maria del Vangelo ci appare attiva il movimento, perfino di corsa, pronta, come sono i padri e le mamme, a soccorrere i suoi figli. Chiediamo a lei di accompagnare le nostre fatiche e i nostri slanci – ha concluso Papa Prevost -, e di orientarvi sempre al meglio, fino alla vittoria più grande: quella dell'eternità, il campo infinito, dove il gioco non avrà più fine, e la gioia sarà piena”.

Tanti gli esponenti del mondo dello sport che hanno partecipato alla messa c'era anche il Luk Lublin, squadra di pallavolo fresca di titolo maschile in Polonia, che con il suo capitano Jakub Wachnik ha omaggiato il Papa con la sua maglia.