Foto: Federvolley

Luca Cristofani alla Fipav Lazio: “Questo lavoro è un’eterna gavetta”

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Di Redazione

Luca Cristofani è mister promozioni. I campionati vinti – l’ultimo con Roma, riportata in Serie A1 dopo quasi 30 anni – ma anche e soprattutto le tante giovani cresciute nel Volleyrò Casal de’ Pazzi sotto le sue cure tecniche: questi i capisaldi di una carriera ricca di soddisfazioni. L’attuale coach della Bartoccini Fortinfissi Perugia è intervenuto nel workshop Fipav Lazio dedicato agli allenatori, tenendo una lezione sulla fase muro-difesa nella pallavolo femminile di alto livello. Due ore di confronto con 250 allenatori per chiudere il ciclo didattico che si era arricchito, negli appuntamenti precedenti, dei contributi di GardiniSantilli e Barbolini.

Cristofani, cosa le ha lasciato questo corso?

Una grande soddisfazione, anche se è molto complicato tenere una lezione a distanza. Ai corsisti ho parlato delle tendenze della pallavolo, dello studio che sto facendo guardando la Volleyball Nations League. Ho parlato di alto livello, cercando però di adattare le esperienze alla loro quotidianità. Gli allenatori hanno bisogno di strumenti reali da poter utilizzare poi nelle loro palestre“.

Quanto è importante la formazione nella carriera di un tecnico?

Parte tutto dalla teoria, è chiaro. Ma se l’apprendimento si fermasse lì, allora non sarebbe mai un’esperienza completa. Diciamo che abbiamo fatto il massimo in queste condizioni che la pandemia ci ha imposto, ma alla formazione teorica deve sempre seguire la parte applicativa“.

Come ha iniziato ad allenare?

Avevo 16 anni, sono passati 35 anni. Giocavo ancora, ma cercavo di capire come migliorare un gesto, come risolvere i problemi che si presentavano. Ho sempre sentito dentro di me la voglia di fare l’allenatore. Dopo le superiori, ho studiato all’Isef perché volevo allenare. Ci ho messo tanto tempo, non ho avuto un mentore, ma nel mio percorso ho incontrato allenatori bravissimi che mi hanno dato tanto. E ancora oggi sento di poter migliorare, questo lavoro è gavetta eterna“.

Qual è il percorso ideale per un tecnico?

Un allenatore deve sempre pensare a cosa gli dà soddisfazione, a cosa lo diverte. A me non importa allenare un’Under 14 o una Serie A, se alleno nel contesto giusto sono felice. E ho sempre pensato questo: o alleno ad alto livello con una logica, o preferisco dedicare la mia vita ai giovani. Non c’è un percorso standard, ognuno deve trovare il suo“.

La qualità principale di un bravo allenatore?

Una sola non basta. Ne dico due: passione e curiosità, due aspetti che si mescolano. Se sei curioso ma non hai passione, non vai lontano. Se ti chiudi in palestra ma non apri il tuo sguardo altrove, non decolli mai. Io cerco sempre dentro di me una motivazione, mi diverto a seguire le tendenze, a guardare l’alto livello, ad apprendere nel quotidiano. Chi ha troppe certezze in questo lavoro mi fa paura, la certezza di ieri diventa il dubbio di domani. Il nostro è uno sport in continuo movimento e bisogna capire dove sta andando in questo preciso momento la pallavolo per capire come trarne un vantaggio rispetto al campionato in cui mi trovo“.

Perché gli allenatori italiani all’estero hanno così tanto successo?

Perché il nostro è il miglior campionato e ti prepara bene. Ma anche perché esistono tanti livelli che consentono a un allenatore di crescere un passo alla volta. Negli altri Paesi non esistono federazioni con tutti questi campionati, è la nostra forza. I 24 allenatori di Serie A2 femminile, secondo me, allenerebbero tutte le nazionali dal 20° al 247° posto del ranking“.

Cosa ha imparato Luca Cristofani, nel corso degli anni, dal rapporto con le sue giocatrici?

Ho imparato che contano i modelli, e ogni allenatore ha il suo, ma poi conta soprattutto la correzione e l’adattamento di quel modello sui singoli. Questo ti permette di portare una giocatrice ad alto livello. Non esistono formule. L’intuizione giornaliera e continua fa la differenza. Con me hanno lavorato tanti allenatori che avevano una straordinaria capacità intuitiva nel vedere, capire e correggere. Il tecnico talentuoso ha occhio e dice la parola giusta al momento giusto, capendo prima degli altri dove intervenire per correggere“.

Cristofani, ora arriva l’A1 con Perugia. Ma facciamo un passo indietro: per lei, romano, cosa ha significato riportare la squadra della Capitale nel massimo campionato?

È una cosa bellissima, una gioia indimenticabile. So però che la società sta facendo miracoli per trovare un posto in cui giocare. Anche il più bravo allenatore a Roma sarà sempre disarmato, finché la logistica non verrà messa davanti al progetto. Un allenatore di A sta anche 12 ore al giorno in palestra e non puoi stare 12 ore in un posto che non è casa tua. Sono sempre stato convinto – e questo vale per tutte le professioni – che il posto in cui lavoriamo dev’essere un posto bello. Il 90% degli allenatori lavorano in palestre scolastiche in cui non funziona nemmeno il bagno. Questa città deve avere delle strutture degne, è l’unica strada per avere una squadra forte e competitiva che duri nel tempo“.

(fonte: Comunicato stampa)

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