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Foto Spalvieri/Lube Volley

Lube, Chicco Blengini prepara la finale: “Significa molto, superati momenti difficili e giudizi frettolosi”

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Chicco Blengini si gode la finale scudetto che la sua Lube ha conquistato dopo la serie infinita contro Milano ma è consapevole che gara 1 contro Trento, in programma lunedì 1° maggio, è alle porte.

Questa finale significa molto perché i ragazzi hanno superato momenti di grande difficoltà e giudizi frettolosi. Le conclusioni veloci però non mi sono mai piaciute. Superare queste cose è una prova di forza. Il gruppo ha collaborato credendo nel lavoro e nell’impegno. Abbiamo creduto nel gruppo come valore. Nei playoff non volevamo fare le comparse.”

Ad inizio stagione, e qualche mese fa l’ha ribadito, il tecnico torinese aveva dichiarato che la sua squadra non era tra i favoriti. “Non lo eravamo. Si parlava di Perugia come entità a parte e oltre a loro Piacenza, Modena e soprattutto Trento erano state costruite con un’idea diversa dalla nostra. A scudetto vinto si parlò di tre anni per tornare al vertice.”

Poi il cambio di rotta. “Sono cambiate tante cose, i giocatori sono cresciuti in rendimento. Quando hai una squadra giovane devi estendere i tempi di incubazione. Nei playoff ho preso la decisione drastica di proporre uno schema diverso.”

Nelle ultime partite contro Milano infatti la Lube ha spesso giocato con Zaytsev in ricezione. “Conosco le qualità di Ivan in ricezione ma c’è un progetto nel ruolo di schiacciatore di tre ragazzi giovani. Bisogna che giochino e durante la regular season la priorità era quella.”

E ora concentrati sulla finale dove li attende Trento: “Trento è un avversario fortissimo che non è andato in finale di Champions per nulla. Ha due schiacciatori campioni del mondo e Kaziyski è tra i giocatori più rappresentativi da almeno 15 anni.”

Quello agli sgoccioli è uno tra i campionati più equilibrati: “Mai visto tanto equilibrio come quest’anno. Il nostro campionato è da sempre ricco di talenti e quest’anno ancora di più. È una finale dove ci sono tanti protagonisti con qualità ma sarebbe stato così anche con altre due squadre.”

Arrivati a questo punto le partite si decidono per dettagli: “Le squadre funzionano secondo le proprie caratteristiche e quelle degli avversari. Noi dovremo essere più bravi con la battuta perché in semifinale abbiamo commesso troppi errori, e più incisivi in contrattacco.”

Coach Blengini vinse il suo primo scudetto con la Lube nel 2016/2017 proprio contro Trento: “Il primo amore non si scorda mai. Per me “Scudetto” era la parola magica, realizzare di averlo vinto mi sembrava incredibile. Mi sono ricordato di quando facevo la collezione panini e sentivo il pacchetto più spesso perché c’era dentro la figurina dello scudetto, diversa dalle altre. Lo scudetto è una cosa mostruosa, enorme, bellissima.”

In quella stagione, alla guida dei trentini, c’era sempre Angelo Lorenzetti. “Angelo è un amico, è una persona di cui ho una stima veramente gigantesca. Con lui mi piace confrontami. A lui mi lega un’empatia non solo dal punto di vista professionale.”

“Non mi sento cambiato, il complimento più bello è “sei sempre lo stesso” – continua il coach della Lube. – Per me è decisivo non modificare il proprio comportamento a seconda dei risultati. Quando ne ottieni uno vorresti prenderti un po’ di riposo dall’essere esigente. È faticoso spingere sempre. Quando ottieni un risultato la tentazione è: adesso tiro il fiato ma questo è l’inizio della fine. Spesso viene sintetizzato nell’idea dell’essersi montato la testa. No, questo mestiere ha una sola marcia.”

Blengini è ormai uno tra gli allenatori più esperti nella pallavolo internazionale che ha gestito fior fior di campioni: “Il tempo permette ad un coach di vedere le cose prima, l’esperienza serve per gestire in maniera più efficace certe situazioni. Poi riesci ad anticipare l’insorgere dei problemi. La ricetta pergestire i campioni è non cercarne una perché è un consumo di energie. Ogni persona è diversa e bisogna sapersi adattare alla situazione.”

E sulla gestione Zaytsev spiega: “Gestione è il termine sbagliato. Si deve creare, prima di tutto, una relazione sulla fiducia. Non sempre si è d’accordo ma il giocatore si fida, è la base.”

(Fonte: Il Corriere dello Sport)

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