Lega unica, Massimo Righi risponde a Fabris: "Se ne può discutere, se serve per crescere insieme"

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Di Eugenio Peralta

Non sono cadute nel vuoto le parole di Mauro Fabris, presidente di Lega Pallavolo Serie A Femminile, che la scorsa settimana alla presentazione del neonato Roma Volley Club ha rilanciato il progetto di unire le forze con la Lega maschile per creare un nuovo soggetto unico che governi la pallavolo di vertice. Un’idea che ciclicamente riemerge, ma che negli ultimi anni era caduta nel dimenticatoio: per questo le dichiarazioni di Fabris hanno colto tutti di sorpresa.

Be’, siamo rimasti un po’ spiazzati – ammette Massimo Righi, amministratore delegato della Lega Pallavolo Serie A maschile – è un tema che si era assopito dopo il trasferimento della Lega femminile a Milano. Però se ne è parlato tanto in passato e l’argomento è meritevole di una riflessione. Fare fronte comune, in un momento che presenta qualche difficoltà per tutti, potrebbe essere la scelta giusta“.

Quali sono le condizioni perché la Lega Unica diventi realtà?

Se unirsi comporta dei vantaggi per entrambi lo faremo volentieri. È chiaro che bisogna trovare delle aree in cui si possa crescere insieme, raggiungendo obiettivi a cui da soli non si potrebbe arrivare. La logica deve essere mettere in opera delle misure che portino a un ulteriore sviluppo, per esempio presentandosi con maggiore forza agli sponsor, ai media, al pubblico. Se invece l’unione è solo un modo per contenere i costi non ci interessa: in questo momento abbiamo bisogno di crescere“.

La pallavolo femminile ha sicuramente dimostrato di essere in grande sviluppo, soprattutto nell’ultima stagione.

Questo non mi sorprende, sono già diversi anni che il movimento femminile è in salute. Sta percorrendo pian piano tutte le tappe di un percorso virtuoso che noi abbiamo compiuto in passato. In questo momento è ovvio che il maschile ha meno margini di crescita, perché parte da un livello già più elevato“.

La strada per migliorare ancora e raggiungere maggiore stabilità passa da regolamenti più severi?

Non c’è una ricetta universale. Quello che mi sento di dire è che il nostro metodo di lavoro non prevede mai l’imposizione, ma la condivisione. Condividere le decisioni significa anche avere discussioni e confronti duri, ma poi quando si arriva al dunque tutti marciano insieme, e anche le regole che possono apparire più rigide sono frutto di un percorso comune. Lo abbiamo fatto ultimamente anche con i tifosi, condividendo il planning per la prossima stagione e altri argomenti; ci sarà poi un altro incontro con le tifoserie, i telecronisti e il settore arbitrale per un chiarimento sulle regole di gioco. Ecco, questa condivisione penso sia un fattore di crescita“.

Parliamo della SuperLega. Le notizie di mercato fanno pensare a un campionato di livello ancora più alto, sarà così?

Sicuramente le opportunità create da un sistema sano generano investimenti delle proprietà e degli sponsor, non solo nei top club ma anche in altre realtà su cui stiamo lavorando tantissimo. Quando hai un prodotto forte sul territorio le risorse le trovi: a noi interessa creare un alto livello societario, poi il livello tecnico viene di conseguenza. E qui torna il discorso sulla condivisione: essere la miglior Lega del mondo non ci serve a niente se gli altri non sono competitivi. Vogliamo diffondere anche all’estero la nostra competenza e il nostro ‘know how’ per aiutare tutto il sistema a crescere“.

In Serie A2, invece, c’è stata qualche rinuncia. Ve lo aspettavate?

Diciamo che non ci hanno colto di sorpresa. Quella di Gioia del Colle è stata una scelta di grande responsabilità, visto che non c’erano le condizioni per continuare. A Spoleto l’assenza di un palasport di livello è stata decisiva: sappiamo che la proprietà sarà pronta a tornare quando avrà una struttura adeguata. Tuttavia abbiamo tante società di A3 che potrebbero tranquillamente rientrare nella categoria superiore per struttura, capacità manageriale e pubblico. Avremo una A2 molto competitiva, crediamo di aver reso più graduale il salto da una categoria all’altra in entrambi i sensi“.

Ecco, la Serie A3: molti si chiedono il perché di questa grande novità della prossima stagione. Può spiegarlo in poche parole?

In passato avevamo una Serie B che non funzionava: costosa, con poca visibilità e con pochi giocatori giovani. Abbiamo cercato di creare uno scalino indispensabile tra A2 e B, fissando però regole indispensabili per non aumentare troppo il gap: ci saranno i giocatori stranieri, il Video Check, la partecipazione alla Coppa Italia, un settore giovanile di livello. Insomma, sarà quel salto di qualità che permetterà a molti club di crescere. Le società lo hanno capito e infatti abbiamo tantissime richieste di ripescaggio in A3, non so se riusciremo a soddisfarle tutte“.

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