Non abbiamo bisogno di un nuovo esame di maturità per percepirci pascoliani e tantomeno abbiamo necessità di un autunno dolciastro per pensare a Filippo Lanza come in quei versi di Lavandare, in cui si dice che il vento soffia e nevica la frasca e tu non torni ancora al tuo paese.
Come ogni stagione da quando ormai oltre quindici anni fa, ho avuto a che fare con Filippo, non ho mai capito perché le sue scelte mi abbiano sempre lasciato come ogni sua partenza, ovvero come un aratro in mezzo alla maggese. È così anche quest’ultima peregrinazione, che da Taranto lo porta oggi a Cisterna di Latina è stata sorprendente, inaspettata. Non ho mai capito cosa mi aspetti dai suoi percorsi, ma è come se ogni anno la sua presenza cadenzi i miei anni in questo mondo e i suoi anni di presenza granitica in Superlega.
Per un istante, quando l’ultima palla è caduta a terra e la retrocessione della squadra di cui Pippo difendeva i colori con la fascia di capitano, è stata matematica, ho pensato che la sua delusione fosse troppo grande per non ripartire altrove, nel senso di un campionato diverso, così come era stata la sua fuga in Polonia o in Cina solo pochi anni fa. Pensavo di conoscerlo, lui che ci stupisce ogni qualvolta ha bisogno di capire che non è il campionato italiano a mancargli, ma siamo noi a sentirci orfani di un Lanza esemplare; pensavo di averne capito il meccanismo, ovvero che quando qualcosa ha toccato troppo le tue corde, tu che hai sacrificato tutta la tua vita in nome di questo sport, prendi il volo ineluttabilmente.
Invece eccoci qui, in una assolata mattina di bagagli tarantini, con una casa venduta, due figli e una compagna che viaggiano con te, pronti a tuffarsi in una nuova avventura che promette scintille come in tutta la carriera di Filippo.
“I bimbi crescono, il più grande ha tre anni e mezzo, la piccola ha due anni. Ma non sono assolutamente pronto a lasciare questo sport. Sì, ho pensato che l’estero potesse essere la soluzione dopo quest’ultima stagione a Taranto, e la scelta sarebbe ricaduta su un momentaneo allontanamento dall’Italia solo per una questione economica, perché in Italia stiamo sempre tutti molto bene. Forse, se analizziamo bene la situazione, l’amaro della retrocessione ha spostato il pensiero per qualche settimana perché non sapevo bene cosa volessi dal futuro e i pensieri per un po’ non mi hanno fatto vivere le cose con la lucidità che ho di solito. Ho pensato anche di fare il terzo, per avviarmi verso la seconda fase della mia carriera, dato che quest’anno ho compiuto 34 anni. Sono rimasto a pensare ed è arrivata Cisterna, una bella chiamata e una piacevole sorpresa”.

Quindicesima stagione in Superlega.
“Ho ancora voglia di poter competere con le altre squadre e ho ancora voglia di giocare e fare la mia parte. Dentro di me quel Filippo competitivo si è leccato i baffi quando ha avuto in mano la possibilità di giocarsi un altro anno la Superlega. Perciò eccomi qui”.
Faccio l’avvocato del diavolo. Sarà difficile archiviare una stagione come questa?
“A Taranto mi sono tolto parecchie soddisfazioni, compreso il fatto di essere tornato dall’estero, prendendomi la fascia da capitano e dimostrando di poter dare ancora molto di me stesso al campionato di A1. La stagione passata è stata molto travagliata, non è stata solo una questione di sfortuna perché ci sono stati anche dei grossi demeriti da parte nostra che ci hanno portato a chiudere la stagione con la retrocessione in serie A2. Chiudo comunque questa esperienza in Puglia col rammarico di non aver salvato Taranto, ma con un bagaglio che si è certamente arricchito molto”.

Adesso da cosa riparte?
“Parto innanzitutto dal fatto che il progetto presentato mi sembra buono e l’ambiente di lavoro e l’organizzazione societaria mi è sembrato ottimo. Dovremo convergere tutto questo nel lavoro giornaliero e dare valore ai nostri punti di forza, nascondendo le debolezze che una squadra non tra le prime della classe certamente potrebbe mostrare. Mi piace prendere ad esempio la Grottazzolina di quest’anno che ha fatto numeri straordinari alla fine, senza avere mostri sacri in squadra, ma riuscendo a trovare quella motivazione giusta che nel corso della stagione ha permesso a tutti di fissarsi degli obiettivi e di dare il massimo per conquistarli. Noi dovremo lavorare su questa falsariga e lottare per ogni punto e contro ogni squadra per rosicchiare punti importantissimi sin dalla prima giornata. Per ora, per quello che ho avuto modo di vedere della squadra che sarà, la fiducia nella riuscita della missione è massima”.
In panchina ci sarà Morato nella sua prima esperienza in Superlega.
“Ci siamo parlati, non ci siamo mai incrociati da avversari e sono contento di essere stato voluto anche da Daniele. Mi ha chiamato perché il mix tra giovani e giocatori di esperienza deve poter dare i suoi frutti e sono felice del fatto che abbia riconosciuto l’esperienza che ho maturato soprattutto negli ultimi anni”.

A che punto del suo percorso personale è arrivato?
“Mi mancano certamente meno anni di gioco di quelli che ho già fatto, questo è certo. Per il resto non ho ancora prospettato nulla di ciò che sarà la mia vita futura. Con i primi soldi in carriera ho comprato una casa a Riva del Garda, ma non so dove mi porterà la vita, né dove le scelte famigliari mi condurranno nei prossimi anni”.
Ogni tanto mi capita di vedere alcuni suoi highlights. Cosa è cambiato rispetto al Filippo di dieci anni fa?
“Tanto. Posso dire cosa non è cambiato, ovvero il fatto che faccio tutto questo perché per me la pallavolo è un grande divertimento e farlo mi appassiona e mi diverte ancora”.
Intervista di Roberto Zucca
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