Le cinque vite di Murilo Endres

DATA PUBBLICAZIONE
TEMPO DI LETTURA
più di 5 minuti
SHARE
SHARE
TEMPO DI LETTURA
più di 5 minuti

Di Stefano Benzi

Quante vite ha un giocatore di pallavolo? Due, tre, a volte quattro e se è fortunato anche cinque… Bisogna avere un fisico che risponde ai comandi, un po’ di fortuna e una enorme dedizione in palestra oltre che in campo perché avere più vite non vuol dire averle gratis. Devi lavorare, studiare, adattarti…

Lo spirito di adattamento è probabilmente una delle caratteristiche che rende un buon giocatore di pallavolo un autentico fuoriclasse: basti pensare a Fei, capace di trasformarsi da centrale a opposto a schiacciatore a seconda delle esigenze tecniche e di team; o a Samuele Papi, campione di grande eleganza, pronto a giocare anche da libero cambiando completamente stile e impostazione sia mentale che tecnica pur di essere protagonista.

In questi giorni stiamo vivendo la rinascita del brasiliano Murilo Endres, campione del mondo due anni fa con la Seleçao, un giocatore che solo nello scorso settembre era sull’orlo di un baratro, a due passi dal ritiro. Murilo era stato accusato di aver fatto uso di sostanze dopanti a maggio (qui la notizia): era risultato positivo al furosemide, un diuretico che spesso viene utilizzato come coprente per altre sostanze più significative, in particolare il THG, l’ormone della crescita. La sostanza compare in diversi altri casi di doping in Brasile come quelli del nuotatore Cesar Cielo e della ginnasta Daiane dos Santos: Cielo fu scagionato mentre Daiane ammise di aver utilizzato il diuretico per perdere drasticamente peso e fu squalificata per cinque mesi. Murilo invece proclamò fin dall’inizio la sua innocenza: aveva firmato un contratto importante con la squadra paulista del SESI e i suoi programmi erano di gran lunga diversi.

Entrato nel tunnel della positività al doping Murilo accettò di passare un autentico calvario: giornalisti sempre più invasivi nei confronti di uno degli sportivi più famosi del paese, una squadra che ti paga ma per la quale non puoi giocare, un’accusa che non veniva in alcun modo chiarita né circostanziata. Perché, diciamolo chiaro, se in qualche caso quella di doping è stata un’indagine sacrosanta e più che motivata, in altri ha dato l’idea della caccia alle streghe o della persecuzione. Se una persona affronta un’accusa è giusto che sappia di che accusa si tratta e che possa difendersi: Murilo è stato – come molti altri atleti – semplicemente accusato e sospeso. Per lui era impossibile non solo giocare ma anche solo allenarsi in strutture ufficiali “fino a data da destinarsi” in attesa che la sua vicenda venisse circostanziata dal tribunale dello sport.

Lo schiacciatore, argento sia alle Olimpiadi di Pechino che di Londra, rimase zitto per mesi in attesa di un chiarimento che non arrivò mai: uno, due, quattro… cinque mesi. A ottobre Murilo parla e lo fa convocando una conferenza stampa in un albergo di São Paulo. La conferenza dura lo spazio di una sua dichiarazione di tre minuti e di tre domande…(qui i dettagli) perché di fatto lui non può né parlare né concedere interviste a rischio di penalizzare ulteriormente la sua posizione con una squalifica più pesante: “Desidero solo chiedere che mi venga detto di che cosa sono accusato e quali sono i termini di questo provvedimento – disse Murilo – ho passato cinque mesi in queste condizioni di inattività e di relegazione che sono inaccettabili per qualsiasi sportivo. Sei mesi sono un’eternità, soprattutto alla mia età… Mi dicano di che cosa sono colpevole e facciamola finita: almeno mi difendo come si deve”.

Nel frattempo ci furono altre analisi, altre indagini e altri atleti colpiti da provvedimenti antidoping: curiosamente quasi tutti positivi al furosemide, o al clenbuterolo (come Miriam Sylla) o ad altri cortisonici. Strano… tutti farmaci utilizzati dalle industrie della carne, manzo ma soprattutto pollo, per aumentare la massa dei propri allevamenti. Amo la carne e i vegani godranno molto nel sapermi positivo a qualche cortisonico a causa delle mie tagliate o grigliate.

Un mese dopo la sua conferenza stampa per Murilo arrivò l’ufficializzazione: giocatore scagionato, doping non intenzionale. Il che può voler dire un’infinità di cose… che il tuo cibo è stato contaminato a tua insaputa o che le tue analisi non sono più considerate una prova certa. In ogni caso hai buttato sei mesi della tua vita in uno status di condannato prima ancora di essere messo a giudizio.

Murilo dopo tre mesi di allenamento è tornato in campo domenica scorsa giocando come libero, sì… proprio come libero!, e puntando a un nuovo obiettivo ambizioso: “So che nel mio vecchio ruolo non ho un futuro certo e voglio giocare ancora in modo competitivo… quindi cambio ruolo mi invento libero – spiega oggi Murilo, ritrovato il campo e la serenità – ho dovuto cambiare stile di allenamento, mettermi a pari in palestra con sessioni di pesi mirate e diverse rispetto a quello che ho sempre sostenuto. Mi sono fatto aiutare dai miei compagni di squadra e da un allenatore che mi ha affiancato in questa trasformazione e oggi ho di nuovo un futuro e un obiettivo, quello di partecipare al Mondiale come libero della Seleçao campione in carica”.

Una, due, tre, cinque vite: non importa quante, l’importante è avere una destinazione.

ARGOMENTI CORRELATI

CONDIVIDI SUI SOCIAL

Facebook

ULTIMI

ARTICOLI