La sconfitta della Lube è comunque una sconfitta italiana

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Di Stefano Benzi

La Lube non è riuscita ad imporsi. Prendiamo e portiamo a casa. Non si può che concludere con qualche amarezza l’ esperienza della Lube in una finale mondiale: la voglia di portare a casa un trofeo mai vinto da parte dei cucinieri e assente dal nostro paese ormai da cinque anni era tanta ma bisogna riconoscere che la superiorità da parte dello Zenit Kazan, a sua volta alla prima affermazione iridata in senso assoluto, è stata totale. Lo Zenit chiude il torneo mondiale non solo imbattuto ma anche senza aver mai concesso un solo set.

La squadra russa arrivava non da una sola e unica delusione ma da un grappolo di calici amarissimi che hanno visto la formazione di Kazan perdere tre semifinali e due finalissime con il Sada prima di alzare il trofeo. La strada verso la vetta è stata lunga e scoscesa: era la legge dei grandi numeri, prima o poi lo Zenit sarebbe dovuto arrivare al grande traguardo.

Le due sconfitte con il Sada Cruzeiro in finale erano state il viatico del successo di questa stagione. Uno Zenit mostruoso, con un Leon che scende in campo di testa solo quando è strettamente necessario per fare la differenza in semifinale e finale; una squadra straordinariamente potente ma soprattutto enormemente motivata a non tornare a casa – ancora una volta – con una sconfitta da archiviare nel proprio database. Rispetto a due anni fa lo Zenit è cresciuto ancora, con investimenti importanti e giocatori di qualità alzando lo standard della competizione stessa. Diventa un punto di riferimento, l’unità di misura sulla quale effettuare il proprio set-up. La Lube può consolarsi con un secondo posto mondiale che, a questi livelli, è comunque un valore assoluto oltre a diversi premi che sono dati di fatto: Sokolov, miglior opposto, Grebennikov, miglior libero e Juantorena, MVP assoluto, sono entrati di diritto nel dream team di quella che probabilmente è stata la migliore edizione di sempre. La Lube, che in numerose fasi della finale è sembrata letteralmente aggrappata ad Osmany, deve probabilmente crescere in altri settori. Le sconfitte aiutano a porsi nuovi obiettivi: fa male, ma è vero che senza le sconfitte non si va da nessuna parte.

Chi vive la pallavolo quotidianamente, come noi, deve invece purtroppo fare anche altre analisi: qualche anno fa, dopo le prime sconfitte continentali e mondiali, ci ritrovavamo quasi stupiti a commentare il fatto che la pallavolo italiana non era più vincente. Oggi in effetti dobbiamo prendere atto di come fatichi anche solo a essere competitiva e che in altri paesi si sono fatti passi avanti sostanziali che ci costringono a prendere qualche ripetizione.

Tanto di cappello alla Polonia per come ha saputo organizzare questa finale – sarebbe bello dopo quella del 1992 rivederla in Italia – e a squadre come Zenit, Sada e SKRA che non da domenica si ergono a punto di riferimento non solo e non tanto dei club italiani quanto della pallavolo tutta.

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